Camminare a piedi nudi in riva al mare è un’attività che mi ricorda sempre la nostra lotta contro il tempo. Dove noi lasciamo un’impronta coi piedi, ecco che le onde arrivano e cancellano. Le impronte sono le nostre opere, d’arte e non solo, noi stessi e la nostra vita, la sabbia è la consistenza del nostro essere al mondo e il mare è il tempo, il futuro che viene e ci cancella tutti, prima o poi. Però, se guardiamo lo stesso scenario cambiando non tanto la prospettiva, ma le immaginazioni sulle conseguenze delle onde, ecco che riusciamo a rilevare che l’impronta si sfuma nell’acqua, dove noi riusciamo a vedere poco e niente, e i granelli di sabbia che abbiamo calpestato cambiano collocazione. Cambiare collocazione è quanto di più facile da realizzare, perché non dipende da noi. Accorgersi di quanto accade ogni giorno è la cosa più difficile perché è contro intuitivo e va davvero in un senso dove è importante l’accettazione più che la lotta. Ciò premesso, continuerò a passeggiare in riva al mare, a lasciare le mie impronte e ad auspicare che altri possano condividere la bellezza dell’istante in cui ho sentito la morbidezza della sabbia bagnata sotto i miei passi e ho guardato le onde arrivare e cancellare uno dietro l’altro ogni segno.
Imparare a leggere il tempo
Non
avremo mai ragione
del
tempo, se continuiamo
a
guardarlo come la solita
freccia
che ha una direzione.
E non
basta neanche percepirne
la
circolarità e il suo coincidere
con uno
spazio in continuo
movimento.
Ma so che ritroverò
l’orma nella
sabbia, la rosa
sbocciata
in fondo al giardino
e il tuo
sguardo che contempla
entrambe
me e la rosa e ogni
tempo
non avrà più senso, se
non
quello che leggo nei tuoi
occhi
infiniti e amorosi, più
vicini a
me di ogni tua parola.
Beata
questa Cronaca 455 di domenica 6 giugno del secondo anno senza Carnevale, che
andrà nel suo nido quando farà sera accompagnata da una nuova poesia.
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