Usciamo
dalla tana annusando l’aria, intorno il mondo sembra uguale, forse lo è. Ma
siamo noi a non esserlo più. Emozioni che provengono da un tempo lontano ci
assalgono, ci portano indietro, ma sappiamo che indietro è un luogo che
continua a esistere solo nella nostra immaginazione. E allo stesso momento è
l’unico tempo certo che possiamo raccontare, se c’è qualcosa da raccontare.
Anche
nelle giornate più uggiose, come questa, ci sono sempre cose da raccontare, prima
di tutto guardandosi intorno. Per strada incontro dei vicini che non vedevo da
parecchio tempo, li conosco da trent’anni e su di lui sono visibili le tracce
del tempo della pandemia. È invecchiato di colpo, i capelli gli si sono
imbiancati e si è come rimpicciolito. Sua moglie ha retto meglio, ci salutiamo
e mi viene in mente che lei l’ho vista un paio di mesi fa e mi ha raccontato
che le piacerebbe fare un altro grande viaggio in moto verso Nord, prima che
sia troppo tardi e che le forze e il desiderio vengano meno.
Ci sono
esperienze che, per quanto siamo ferrati avendone letto in decine di libri e
visto un mucchio di film, sono talmente forti nella vita di una persona che la
teoria non basta. Credo che la prima grande esperienza sia entrare nell’adolescenza,
quando scoppiano gli ormoni e ci si sente spaesati in un corpo che non
riconosciamo più. Tutto muta e il desiderio e gli innamoramenti sono un
pensiero costante, non solo perché siamo stati educati all’amore. È un mandato
biologico cui è impossibile sottrarsi. Credo che per le ragazze l’esperienza
sia ancora più dura perché ogni mese dovranno fare i conti con il ciclo
mestruale e con le possibili conseguenze della fertilità. A proposito, nella
Cronaca 447 avevo raccontato della serie televisiva El Sultan, sulla storia di Solimano il Magnifico. Lo guardo ogni
tanto su Youtube e ho scoperto un piccolo segreto dell’intelligenza degli
algoritmi che governano il mondo. In questa serie TV gravidanze, parti e malori
femminili si sprecano, così gli inserti promozionali che mi vengono proposti
riguardano integratori, assorbenti e test di gravidanza. Se guardo qualche
spezzone su FB, dove metto abbracci e cuoricini soprattutto ai gatti, la
pubblicità è relativa a cibo per gatti, lettiere intelligenti, fontanelle,
cucce morbidissime. I social presumono di conoscermi e chi sono io per
smentirli?
L’altra
esperienza fondativa nella vita di una donna è quella della maternità. Un quarto
di secolo fa un’amica psicoanalista mi avevo raccontato che le sue pazienti che
avevano deciso di diventare madri intorno ai quarant’anni, si erano poi pentite
di averlo fatto in tre casi su quattro. L’esperienza speculare è quella della non
maternità che è un destino per molte e una scelta per molte altre donne della
mia generazione. Scegliere, fino a qualche decennio fa, non era un’opzione
contemplata neanche in Occidente. E continua a non esserlo nella maggior parte
del mondo. Essere spossessate da se stesse, piombare nella depressione
post-partum, che è molto spesso legata agli ormoni impazziti a causa della
gravidanza, è un’esperienza che devasta moltissime donne cui non è rimasto
altro che essere madri. In quest’epoca di social e di condivisioni impudiche su
qualunque aspetto della propria vita, i racconti delle esperienze si
moltiplicano e la sofferenza che ne emerge è straziante.
Per quanto
riguarda gli uomini, e non sto dicendo niente di nuovo o di straordinario, l’esperienza
della paternità ha conseguenze psicologiche ed economiche, ma il loro corpo
continua a essere sempre lo stesso.
E poi
arriva l’ultima grande esperienza, che è un territorio inesplorato dove sono
arrivati i baby boomer in massa. Sto parlando della vecchiaia e, di nuovo, per
quanto possiamo esserci preparati leggendo e studiando, non siamo mai davvero pronti.
La divisione
tra le generazioni è esplosa con la pandemia e l’invecchiare con grazia è un
apprendimento quotidiano cui neanche la vecchiaia dei nonni e dei genitori ci
ha preparato. Ma è un tempo della vita che ci dona una ricchezza inaspettata e
ci aiuta a dare un senso a tutto quello che è venuto prima. Ma proprio, proprio
tutto, a partire dalla relazione con se stessi, dall’amore, dalla famiglia, dal
lavoro.
Ma è un
tema talmente vasto che non voglio affrontare qui, ci tornerò, perché le
riflessioni si accumulano e i nodi da dipanare sono sempre di più.
Adesso è
scoppiato un temporale, uno di quei temporali estivi che un tempo scoppiavano
solo nella seconda metà di agosto alle nostre latitudini e che da almeno
quindici anni sono diventati una consuetudine che guasta il mese più bello dell’anno
e ci ruba la luce, le belle serate estive lunghe fino a tardi, dove cenare
fuori e passeggiare.
Ma io
amo la pioggia, che è una ricchezza immaginativa e anche un’ossessione poetica,
quindi saluto questa Cronaca 454 di sabato 5 giugno del secondo anno senza
Carnevale, con una poesia e un piccolo rimpianto per la luce che non avrò
stasera.
Le creature irrequiete che preferisco nel
mondo
Crediamo
che la pioggia
sappia
solo cadere, ma è
un’illusione
dovuta al fatto
che noi
siamo convinti
di
essere verticali. Bisogna
assumere
la prospettiva
delle
gocce e della terra,
dove la
caduta è, a dire
il vero,
una dura ascesa
perché la
pioggia non conosce
la forza
di gravità e crede
di
essere forte e di avere
scelto
questo movimento.
La pioggia
non sa e anch’io
non voglio
sapere, così
esco a
camminare senza
ombrello
e respiro il gelsomino
nella
cortina d’acqua e penso
che
potrei essere un gatto o
una
nuvola, le creature irrequiete
che
preferisco nel mondo. Insieme
ai
poeti.
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