L’ultima
volta che aveva attraversato la campagna in auto, per arrivare fino alla casa
che era diventata il suo rifugio, il grano era verde appena punteggiato dai
primi papaveri. Oggi, invece il grano era giallo oro e risplendeva anche del
rosso dei papaveri e dell’azzurro dei fiordalisi. Si era ormai al solstizio
d’estate e a breve sarebbe iniziata la mietitura e i campi sarebbero
ridiventati spogli nel giro di pochi giorni. Era così bello quel paesaggio che
la donna decise di fermare l’auto e di andare a guardare. Ma non fece solo
questo, si addentrò tra le spighe alte sfiorandole con i palmi delle mani ben
aperte. Era un solletico piacevole, così come era piacevole sentire le cicale
che cantavano senza sosta. Sul crinale tra la due province, l’alta valle della
Versa dava il meglio di sé. Tutto frusciava nel gioco del vento, raccolse
alcune spighe con dei fiordalisi e un solo papavero rosso che si affrettò a
rinchiudere tra le pagine del romanzo che stava leggendo perché sarebbe
sfiorito nel giro di pochi minuti. Uno dei motivi per cui aveva scelto proprio
quella casa era la sua invisibilità. Dalla strada principale era impossibile
notarla e anche la brusca svolta a sinistra nel bosco era nascosta da diversi
arbusti.
Dopo essersi
inoltrati per qualche centinaio di metri, si attraversava la proprietà di
Armando, un bizzarro uomo di mezza età la cui famiglia era stata padrona del
paese fino a metà Novecento. Lui viveva nella villa padronale e aveva riattato
le case dei contadini per farne stanze da affittare ai suoi amici cacciatori e,
quando ne aveva voglia, cucinava ottimi piatti della tradizione, tra cui uno
stufato di funghi, broccoli e castagne di cui era impossibile stancarsi. La donna
rallentò per guardare verso le sue finestre e vide che erano aperte. Armando non
si allontanava mai neanche d’inverno, si faceva portare dal paese le cose che
gli servivano e la moglie e i figli salivano a trovarlo quando lui dava loro
udienza. Dopo la proprietà di Armando, la strada continuava in un bosco di
querce e poi, anziché continuare a salire sul crinale della collina, piegava
dolcemente a destra e scendeva fino alla sua casa che era un vecchio casale in
parte recuperato di mattoni a vista, con un camino in ogni stanza, pavimenti di
pietra e cotto, i soffitti a cassettoni di legno. Le era sembrato un miracolo
già poterlo affittare, ma quando il vecchio proprietario, per fare un dispetto
ad Armando con cui correvano ruggini pluridecennali, le aveva offerto di
comprarla, non aveva esitato un momento. Armando lo avrebbe comprato volentieri
per poter chiudere la strada, ma si rassegnò perché si erano conosciuti, lei
ogni tanto andava a cena nella sua locanda segreta e, soprattutto, non aveva
mai portato ospiti con sé. Subito dopo le querce il paesaggio si riapriva e i
campi di orzo verdeggianti le offrirono il meglio che avevano. Fermò l’auto e
scese ad aprire il cancello, ma poi tornò un po’ indietro e andò a sdraiarsi in
mezzo all’orzo e ad ascoltare il vento, di nuovo il vento, che era una delle
sue ossessioni. Non si fermò a lungo, portò l’auto nella rimessa e, insieme
alle valigie, scarico anche i borsoni con vecchi oggetti e libri che non si
decideva a dare via. Fu in quel momento che pensò che la casa segreta sarebbe
diventata una specie di museo dei suoi io passati, aveva bisogno di farlo per
smettere di pensare a quel che era stato e iniziare ad immaginare ciò che
avrebbe potuto essere. Aprì tutte le finestre per far cambiare l’aria anche se
in casa c’erano profumo di fieno e di legna bruciata nel camino.
Da che
parte iniziare a sistemare le cose? Da che stanza soprattutto? Decise che ci
avrebbe pensato e che quello era solo l’inizio di questa vita segreta.
La Cronaca
469 di domenica 20 giugno del secondo anno senza Carnevale, l’ultimo giorno di
primavera, svolazza su questi campi di orzo e su questo nuovo filone di storie
che amano la campagna.
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