giovedì 3 giugno 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/452. Dove il tempo è un alveare e le immagini sono api che ci danzano intorno

 



Dove sono i luoghi scomparsi? Dove sono i paesaggi della nostra infanzia? Dove sono le case che abbiamo abitato?

Non è solo nella memoria che li conserviamo, ogni luogo, ogni casa, ogni paesaggio ha trovato una collocazione in un angolo remoto del nostro corpo, perché non sono solo gli occhi e lo sguardo a impadronirsi dei luoghi intorno, è il corpo che chiama il mondo a insediarsi perché nulla possa mai davvero essere perduto.

Prima dello sguardo ci sono altri sensi perché assaporiamo il mondo con il gusto e con l’olfatto, ci nutriamo, ci trasformiamo con il cibo. Così il mondo entra a far parte di noi, ma questo non basta, perché anche gli altri tre sensi contribuiscono con la nostra memoria tattile, visiva e uditiva. Ma anche questo non basta, perché l’esperienza del mondo che conserviamo in noi nasce dalla tessitura e dal delicato equilibrio di tutti i sensi, anche quelli dal sesto in poi.

Ma non è finita ancora, perché sono i luoghi a trovare posto nel nostro intero corpo, come le api nell’alveare. Così, mentre scopro che l’orto di mia nonna in Calabria, vive nel mio naso insieme al profumo dei caruggi liguri, ecco che nell’occhio trovo le Dolomiti tutte intere che splendono nella loro magnificenza e accanto scorrono la Senna, il Tamigi e il Tevere. In un gomito ho trovato la Baia del Silenzio di Sestri Levante e in una caviglia il Quartiere Latino di Parigi, mentre nell’altra ci sono tutte le strade di Milano. Nel fianco destro ho trovato le campagne normanne e in quello sinistro i boschi del New England. La brughiera irlandese sta nel polso sinistro e Lampedusa in quello destro. E così via, provate a pensarci e anche voi troverete le collocazioni del mondo che, attraverso i nostri corpi, non scompare mai davvero e continua a inseguire il futuro mentre testimonia il passato, l’unico tempo di cui davvero possiamo avere certezza.

 

 

Noi, che stavamo guardando

 

Non è necessario sforzarsi,

ogni tempo arriva quando è

tempo e ogni immagine

troverà il giusto luogo per

fermarsi a riposare. E ogni

paesaggio si rifletterà prima

nel nostro occhio e poi sarà

in noi come neanche riusciamo

a immaginare. Più tenaci delle

api, le immagini evocano tutto

quel che è rimasto fuori, inclusi

noi che stavamo guardando.

Quello è il punto focale, la ragione

di ogni gesto e parola d’artista:

testimoniare quel qui e ora che

solo loro hanno veduto. Che solo

noi abbiamo veduto e poi,

cantato.

 

Quanto è affollato questo mio alveare, quanto ronzano le api dell’invisibile in questa Cronaca 452 di giovedì 3 giugno del secondo anno senza Carnevale, un giorno estivo profumato di lavanda e gelsomino.

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