Il cespuglio di lavanda cresce anno dopo anno e quando in giugno la fioritura esplode, ecco che arrivano le api da ogni punto cardinale. Così mi metto comoda e resto a guardarle anche per ore. Il volo delle api ha qualcosa di ipnotico, il profumo della lavanda è inebriante e così mi ritrovo catapultata in Provenza, dalle parti di Vaison-la-Romaine, in una mattina di giugno dove il cielo era azzurro brillante e l’aria un miscuglio di profumi fioriti. Il paese è piccolo, c’è una piazzetta con una fontana, un bistrot. È quasi ora di pranzo, così ci sediamo a mangiare un pan bagnat e una salade niçoise, gli ingredienti sono praticamente gli stessi. Insieme al ronzare delle api, è il canto delle cicale che dà il ritmo a questo momento.
Dopo la
sosta per il pranzo ci muoviamo per andare a Vaucluse, il sole è a picco sopra
le nostre teste e quando raggiungiamo la fontana, ecco che vediamo e ascoltiamo
le Chiare, fresche et dolci acque di
Petrarca e il tempo si piega su stesso e noi lo vediamo, il poeta, fermo a
contemplare queste acque verdi.
Ma è
solo un momento, perché il canto delle cicale mi trasporta prima nella baia del
Silenzio a Sestri Levante, dove galleggio placida in un’acqua quasi immobile e
guardo il cielo e la spiaggia poco lontano d’estate e poi in inverno mi siedo
sulla sabbia e leggo i diari di Anaïs Nin e penso che voglio diventare una
scrittrice.
Sono sempre
le cicale e il profumo di salsedine a riportarmi a Manarola, dove pranziamo da
Aristide, antica trattoria, e poi a Vernazza, all’ombra di un pergolato a bere
il mio primo Sciacchetrà delle Cinque
Terre, mentre leggo Simone De Beauvoir e scrivo nel diario le mie giovani
riflessioni da giovane aspirante scrittrice.
L’estate
è sempre stata sinonimo di viaggi e di scrittura in libertà, lo era in
gioventù, lo è anche adesso, più che mai. L’estate è anche sinonimo di mare e
di poesia, perché il ritmo delle onde accompagna molto bene il ritmo dei versi.
Nel cortile d’infanzia
Dovrei
conoscere le risposte,
ma preferisco
il suono del mare
alla mia
voce e non parlo, qui
ascolto
e basta. Lascio che ogni
domanda
si depositi sul fondale
in
compagnia dei pesci e delle
stelle
marine, emissarie del cielo
e
portatrici di quiete. Mi chiedo
se mai
torneranno a riva tutte
queste
parole, ma sulla spiaggia
ci sono
solo ciottoli e frammenti
di vetro
verde, dello stesso colore
delle
acque di Vaucluse. Il tempo
è un
cerchio e noi un vortice, per
questo
ci inseguiamo da un’era
all’altra,
né giovani, né vecchi,
ma
eterni in questo cortile della
nostra
infanzia.
Così anche
questa Cronaca 465 di mercoledì 16 giugno del secondo anno senza Carnevale, ha scritto
una poesia prima di accomiatarsi, mentre io sono ancora seduta sotto quel
pergolato e scrivo, scrivo, scrivo.
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