Il mistero che mai potremo svelare è quello della pioggia, perché nessuna goccia è uguale a un’altra, proprio come i fiocchi di neve. Ma nessuno può fermare la forza della caduta per notare le differenze, così lavoriamo di immaginazione, qui seduti sotto al portico della Casa delle Parole. Mentre la città è attraversata da una tempesta rabbiosa che arriva da altre latitudini, nel nostro giardino la pioggia non è ancora temporale, ma dall’odore nell’aria, sento che presto arriverà anche da noi. Com’è verde questo mondo intorno, come profuma l’erba, e il vento porta anche l’odore salato del mare, al punto che i lupi, sì proprio loro che non incontravamo da mesi, i lupi si mettono a fiutare l’aria e ululano verso il cielo, verso quelle nuvole che vorrebbero essere altrove, ma non sanno mai dove, perché è il vento a decidere ogni tragitto e scava solchi nell’aria, in se stesso, e spinge le nuvole perché si muove come un cane da pastore e lui è il vento da nuvole. Molto diverso dal vento da cielo sereno, dove sono gli alberi a giocare pur non potendosi muovere. Com’è pieno di armonia questo silenzio di voci umane, affidato solo al suono lieve della pioggia. Le notizie dal mondo non sono buone, ma c’è un’eco di commenti che sovrastano i fatti. È un’epoca di opinioni che sovrastano le notizie, che sono tante, troppe, che ogni giorno ci stendono e che domani saranno dimenticate quasi tutte, perché altri fatti e altre opinioni, li avranno sepolti. Tutta la nostra memoria è affidata all’elettronica: scritti, immagini, tutto sepolto nelle fredde memorie digitali, cosa resterà davvero del tempo che abbiamo attraversato ma non abbiamo vissuto? Agli storici del futuro, ammesso che la loro disciplina sopravviva a questi tempi, si porrà un problema di selezione dei materiali e non di reperimento. Ci sono sin troppe testimonianze, troppi ricordi e allora cosa resterà davvero? Cosa sarà importante conservare? Cosa lasciar scivolare nell’oblio?
Verso il buio dei
nostri cuori
Anche
la nostra memoria è
fragile,
si piega alla tempesta,
non
cede, ma poi si frantuma
sugli
scogli della realtà, ultima
onda
che ha incendiato la nostra
immaginazione.
Dove saranno
gli
anni? Dove saranno i visi che
abbiamo
amato un giorno?
Vorrei
che almeno il vento avesse
le
parole, ma qui c’è solo la pioggia
e
una nenia lontana cantata da
una
sirena e un pastore. Anche
le
stelle li stanno ad ascoltare e
lanciano
le lucciole verso il buio
dei
nostri cuori, nel fitto bosco
di
questo tempo oscuro.
Oggi
nel tardo pomeriggio ho fatto una lunga passeggiata con mia cognata Monica, la
quiete dopo la tempesta di qualche ora prima era reale, si stava bene, abbiamo
parlato a lungo e così ho deciso di lasciare una traccia di questo pomeriggio
nella Cronaca 505 di lunedì 26 luglio del secondo anno senza Carnevale.
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