Nella noia generale di statistiche e indici di contagio, di dichiarazioni folleggianti di no-vax e politici che giocano sulle fasce di età e sulla tipologia di vaccino, mi rinchiudo di nuovo nella terra ai piedi delle Montagne della Nebbia e vado a passeggiare in riva al mare. Un tempo nessuno pretendeva di mettere becco in tematiche scientifiche alla portata di quei pochi che le avevano studiate e messe in pratica. Adesso, grazie al magico mondo dei social, chiunque si sente in diritto di sproloquiare sulla pandemia e sui vaccini, non importa se ha studiato ragioneria o scienze politiche. E non voglio continuare a sproloquiare nemmeno io, vaccinata e convinta di averlo fatto. Il senso civico si dimostra anche con le nostre azioni e la democrazia non può essere sostenuta da persone che pensano di avere solo diritti e nessun dovere. Solo chi ha altri problemi di salute e fragilità dovrebbe potersi esentare dall’obbligo vaccinale.
Ciò
premesso, mi fermo per non annoiarvi e annoiarmi e scrivo una nuova poesia,
prima sulla sabbia e poi sulla carta, per dare grazia a questo foglio.
Ancora seduta in riva
al mare
Mi
chiede un nome l’onda,
l’ultima,
quella piccola, ma
non
sono io a poterla chiamare.
Anche
il raggio di sole e la foglia
pretendono
un nome, ma io posso
solo
tacere e tessere i nomi
assenti
nel mio telaio d’ombra.
Per
questo sono ancora seduta
in
riva a questo mare che ha
rapito
tutti i nomi e li restituisce
senza
un ordine preciso, per
questo
devo restare, separare
la
sabbia dal sale e l’onda dal
tuo
sguardo che ha tutte le ombre
e
tutte le onde in sé e mi
interroga
sul filo di questo
orizzonte
che non finisce mai.
Oggi
è lunedì 19 luglio del secondo anno senza Carnevale e questa Cronaca
fibrillante è la numero 498 e se ne sta ancora con i piedi in acqua e la testa
nelle nuvole, anche se il sole è già tramontato.
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