Non vedo mai il cielo intero quando sono qui, nella città silenziosa. Sempre il cielo è ritagliato dall’albero bellissimo, nella stagione bella sono germogli e foglie a scontornarlo, in quella fredda sono i rami spogli. Negli spazi liberi tra rami e foglie vedo il passaggio delle nuvole, vedo il volo delle rondini, vedo le stelle che splendono, lontanissime e fioche. Il cielo ha il suono del vento, delle nuvole e delle tempeste. È una voce in prestito la sua, perché il cielo è silenzioso e tondo, liscio e distratto, mai tutto intero. A volte gli spuntano occhi, stelle più luminose per non si sa quale misterioso gioco delle lontananze, e sembra scrutarci. Io e la finestra restiamo un po’ in disparte, nascoste dai rami e delle foglie, e non ricambiamo lo sguardo, ma impariamo a guardare meglio, impariamo a immaginare quel che non riusciamo a vedere. Se il cielo non ci offre, a me e alla mia finestra, abbastanza spunti per discutere e procedere nella conoscenza metafisica del mondo intorno, è la finestra che mi ricorda che è grazie all’intenzione che possiamo cambiare il nostro sguardo sul cielo, sugli alberi, sulle foglie e sulle nuvole. Così torniamo a sederci, anche le finestre sanno sedersi, e riprendiamo la nostra contemplazione congiunta. Il cielo non è di un solo colore, su uno dei rami c’è un nido, su un altro una fila di formichine. Dove sarà la città delle formiche? Su alcuni rami ci sono le tracce dei semi volati via, su altri la cicatrice delle foglie che sono già cadute. Ha sonno l’albero, lo capiamo all’improvviso, perché lo sentiamo sbadigliare, ma con quale voce?
Ascolto
meglio e così riconosco la mia voce uscire sommessa dall’intreccio dei rami. È la
mia voce, sono io che parlo, sono io che prego e aspetto.
Tra sogno e immaginazione
Quando
mi fermo e
osservo
la finestra,
vedo
che lei fa lo stesso,
si
china un poco, sorride.
Sembrano
crederci anche
nuvole
e stelle in questa
quiete
cittadina. Ma io so
che
fuori è già tempesta,
che
l’albero si piegherà
al
vento e alla pioggia, che
non
brucerà abbastanza
il
nostro fuoco mentre avanza
l’inverno
e divora i confini
tra
il sogno e i miei passi,
tra
sogno e immaginazione.
Intenzione
e contemplazione sono le parole di questo venerdì 22 ottobre del secondo anno
senza Carnevale e della sua Cronaca 593 ancora affacciata, ancora intenta e
silenziosa.
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