Nel silenzio dell’autunno sono i pioppi gli alberi più silenziosi. Forse perché dove sono cresciuta c’era un enorme pioppeto che vedevo mutare stagione dopo stagione e ho raccolto decine e decine di foglie per le mie collezioni infantili. Se evoco l’immagine dei pioppi subito sono l’infanzia e la Lombardia a prendere possesso della visione. Se evoco le betulle è la ricerca “Vita e morte di una foglia” scritta a otto anni e corredata da foglioline di tutti i colori che mostravano, appunto, il ciclo vitale della betulla. Se penso alle querce è in Calabria che mi ritrovo di colpo e gli ulivi mi portano in Puglia. Le conifere mi portano sia sulle Alpi che nella Sila calabrese, gli aceri nel New England e nella mia via. Gli ippocastani popolano il mio quartiere, i castagni la foresta dove andavo da bambina insieme ai faggi. Gli oleandri e i fichi significano autostrada del Sole, casa della nonna in Calabria e giardino nelle Marche. Mi rendo conto che, se anche sono un animale da città, gli alberi fanno parte del mio paesaggio interiore più di qualunque altra forma sia naturale che costruita dall’uomo. Potrei quasi scriverci un’autobiografia a partire dai miei alberi, dallo sconvolgimento interiore che provo quando li ho visti tagliare o anche solo potare o capitozzare, pratica barbarica molto in uso tra i manutentori del verde qui a Milano.
Un albero non è mai
solo un albero
Amo
il silenzio degli alberi,
la
loro voce che è vento tra
le
foglie, le cortecce ruvide,
le
radici nascoste, tutta quella
vita
che si muove dentro e
intorno,
la linfa che scorre,
i
funghi, i nidi degli uccellini,
i
fiori che danno frutti e quelli
che
sono solo fiori. Amo gli
alberi
che sono diventati
carta
e poi libri, legna, casa
e
librerie. Tutto inizia con
un
albero e i frutti si
propagano
nel tempo,
anche
dopo di noi, se
anche
dimentichiamo sarà
il
vento brusco dell’autunno
a
ricordare che un ramo sarà
anche
fuoco, cibo e calore
nella
notte più buia.
Adesso
che ho finito di scrivere questa Cronaca 591 di mercoledì 20 ottobre del
secondo anno senza Carnevale, tornerò alla finestra a guardare il mio albero
bellissimo, un acero rosso che con la sua chioma vastissima nasconde la casa e
invita alla sosta, in tanti si fermano a chiacchierare alla sua ombra d’estate
e io sento le loro storie salire verso i nidi e le nuvole.
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