È difficile fermarsi a guardare una stella soltanto, una stella alla volta. Guardiamo le costellazioni e nel buio della notte non troviamo altre parole. Camminare sotto un cielo stellato in una torrida serata d’estate in Calabria, fermarsi a guardare le stelle dall’altipiano settentrionale e contare per differenza, quante stelle in meno ci sono a questa latitudine. Guardare le stelle dalla spiaggia e poi lasciarsi portare dalla corrente al largo mentre una luna rossa irrompe da sud e inghiotte tutte le luci intorno.
Quante stelle ci vogliono per una costellazione?
Cerchiamo
nelle stelle un senso,
una
forma che giustifichi e
spieghi,
perché alcune creature
sono
migrate dalla terra al cielo.
Ma
quel che vediamo sono più
di
tutto lontananze, vuoti siderali
e
buio, perché quel tenue brillare
è
la nostra illusione di poter
vincere
il buio grazie alla luce,
anche
se è la luce che dobbiamo
temere,
perché non c’è scampo,
non
c’è rifugio, ma solo le forme
assolute
e definitive di ciò che
non
avremmo mai voluto diventare.
Ma
continuo a guardare le stelle,
anche
se ho scoperto il loro
segreto
e loro hanno letto il mio.
La
luce del giorno inghiotte le stelle, solo un piccolo brillio resta poco sopra
la linea dell’orizzonte, è la stella del mattino, visibile per qualche istante
prima che il giorno irrompa. Perché guardiamo le stelle? Forse perché sono come
i ricordi, perché quella luce viene dal passato e in questo tempo presente non
è che cenere. Ma è quella cenere che feconda il nostro terreno e le nuove rose
trarranno nutrimento e linfa da quel che rimane. Anche noi, giorno dopo giorno,
siamo quel che rimane di ciò che siamo stati da un lato e la promessa di ciò
che saremo dall’altro. Siamo la singola stella e allo stesso tempo la
costellazione che si specchia nel nostro buio e spera che l’ameremo anche
domani.
Oggi
è mercoledì 6 ottobre del secondo anno senza Carnevale e questa Cronaca 577 si
nasconde nella luce ottobrina dell’ultimo sole.
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