Un giorno nuovo, una pausa tra due notti, un giorno sempre più breve perché l’autunno avanza e divora la luce. In cambio deposita sui rami i frutti della stagione di mezzo, melograni, cachi e castagne. È un prodigio che si rinnova ogni anno, la dolcezza di questa stagione che crediamo di conoscere e, invece, riesce sempre a stupirci. Ogni mattino entriamo nell’ora azzurra e lasciamo che il cielo invada il nostro sguardo e renda trasparente la pelle, ogni giorno contiamo le vene sulle mani e sugli avambracci, pronti a iniziare un giorno di lavoro che non sappiamo dove ci porterà. Così mi fermo oggi su questa poesia che mi è arrivata da un passato lontano.
Ora azzurra
I.
Entro
nell’ora dell’azzurro cupo –
ecco
l’andito, si salda la catena,
nella
stanza c’è un rosso su una bocca,
un
vaso, rose tarde – tu!
Entrambi
lo sappiamo, le parole
che
tante volte ad altri abbiamo offerto
sono
fra noi un nulla e un fuori luogo:
questo
è tutto ed è l’ultima mossa.
Il
tacere si è spinto così avanti,
riempie
la stanza, si mura in un pensiero,
l’ora
– nulla sperato né sofferto –
col
suo vaso di rose tarde – tu.
II.
La
tua testa si sfuoca, si ritrae, s’imbianca,
sulla
tua bocca intanto si raduna
tutta
la brama, la porpora e il germoglio
dalla
corrente che monta dai tuoi avi.
Sei
così bianca, forse ora ti sfasci
per
troppa neve, troppo essere fiore,
rose
bianche di morte, lembo a lembo –
coralli
solo i labbri, una ferita.
Sei
così morbida, che porti con te il senso
di
una felicità di rischi e naufragi
in
un’ora d’azzurro, azzurro cupo
che
quand’è andata non sai più se è stata.
III.
Io
ti domando: tu appartieni a un altro,
cosa
vieni da me con tarde rose?
Tu
dici: i sogni vanno, le ore migrano,
e
tutto che cos’è: lui, io, tu?
«Ciò
che s’innalza vuole anche finire,
ciò
che si prova – chi lo sa per certo?
Si
salda la catena, qui le pareti mute,
là
lo spazio, alto e azzurro cupo».
Oggi
posso sostare in questa poesia, rimanere in queste parole, in questo paesaggio
che appartiene a un’altra mente, a un altro sguardo. E non avere, così,
bisogno, di scrivere altre parole mie.
Questa Cronaca 584 di mercoledì 13 ottobre del secondo anno senza Carnevale, e la sua poesia, appartengono a Gottfried Benn. La poesia Ora azzurra è stata composta all’inizio del 1950 e tradotta da Anna Maria Carpi in Frammenti e distillazioni, Einaudi, 2004.
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