Come si riconoscono i confini nel deserto se la linea è solo una teoria di granelli di sabbia?
Come
possiamo sapere dove finisce il mare e dove inizia il cielo sul filo
dell’orizzonte?
E
che ne è stato di quel confine sulle rocce, soprattutto ora che la prima neve è
caduta?
E
noi siamo del mondo e nel mondo o la nostra pelle è confine tra noi e il mondo,
tra noi e l’altro? Un confine è un confine anche quando è invisibile, può
essere dentro di noi o fuori di noi, è ciò che ci distanzia dal mondo e ci
definisce nel mondo.
Quando
non ci sono altre mappe da tracciare, ma intuiamo che ci siano terre ancora
inesplorate, ecco che possiamo scrivere Hic
sunt leones e fermarci al di qua, dove la terra è nota e dove non verremo
assaliti da belve feroci. Tracciare confini e violarli per andare a caccia, per
depredare le terre altrui, pare che sia una delle attività predilette dalla
nostra specie. Chi ha dominato politicamente il mondo negli ultimi due secoli
ha tracciato confini col righello, insostenibili nella realtà. Chissà se
qualche viaggiatore ha mai camminato su tutti i confini del mondo. Quanti
chilometri saranno? Sarebbe possibile fare questo viaggio in questi non-luoghi
tracciati per spartire, dividere, confinare? Sarebbe possibile vivere senza
confini? Forse in una favola, non certo in questo mondo, non certo in questo
tempo. Ora che tutto è stato mappato, che abbiamo mappe satellitari e
fotografiche pressoché perfette, può continuare il mondo a essere un luogo
interessante e misterioso? Per fortuna sì, perché è l’esperienza individuale di
ciascuno che definisce un mondo e i confini. E dobbiamo averne fatto
esperienza. Dobbiamo averlo veduto di persona o in immagini e video per farcene
un’idea. Forse basterebbe anche un racconto, ascoltato seduti accanto a un
fuoco per avere un’idea di un luogo remoto e desiderare di andare a conoscerlo.
La pandemia ha moltiplicato in noi questo desiderio e ha scavato abissi nei
ricordi dei viaggi fatti e nel rimpianto di quelli che non abbiamo potuto fare.
Chiamare per nome
ogni rosa
Mi
muovo sempre tra
due
linee immaginarie:
una
segna il passato,
l’altra
il futuro. Una traccia
la
nostalgia, l’altra il desiderio.
Sono
parallele queste
due
linee, ma basta quel
piccolo
scarto dell’immaginazione
per
tornare o andare, per
dire
io o pronunciare il tuo
nome.
Solo l’amore varca
i
confini senza lasciare
traccia,
perché non li
vede,
perché non li sente.
E
tu, e io, siamo vicini
in
queste parole amorose
che
chiamano per nome
ogni
stagione, ogni rosa.
Oggi
è giovedì 30 settembre del secondo anno senza Carnevale e ho sistemato il
cassetto dove tengo le cartine geografiche, ho ripercorso gli itinerari di
alcuni grandi viaggi compiuti nel passato e mi è venuta questa idea folle che sarebbe
bello fare un viaggio ripercorrendo tutti i confini del mondo. Questa Cronaca
571 ha già lo zaino in spalla e scarpe comode, la lascio partire, voglio
proprio vedere dove mi porterà.
1 commento:
Belles réflexions, émouvante et belle poésie, et merci au Carnaval qui s'est effacé devant ces chroniques inspirées par les vents des quatre horizons.
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