martedì 7 settembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/548. La punta delle dita è in fiamme, allora scrivi e non fermarti sino a che l’alba non spegnerà questo fuoco

 



“Una cosa che mi piace di te, Alvaro, è che sei affidabile come un cucù svizzero. Sapevo che saresti arrivato da me oggi proprio a quest’ora e sei arrivato. Che grande soddisfazione non sbagliarmi mai. Certo che per essere uno scrittore riservi poche sorprese. Magari va meglio nei libri, ma nella vita sei proprio prevedibile”.

Erano trent’anni che conoscevo Lucente e da trent’anni lei mi faceva sempre la battuta sul mio essere un cucù svizzero. A volte con qualche piccola variante e così anziché un cucù ero una banca, sempre svizzera, l’apoteosi dell’ordine e della noia. Ma anche a ma piaceva che i nostri incontri cominciassero sempre allo stesso modo. E di anno in anno cercavo di memorizzare un paio di buone storie e se non mi era successo niente di speciale, cosa molto frequente nella vita degli scrittori, ecco che avevo una buona scusa per inventarmi una storia, pensata apposto per Lucente e Adelina che erano due ragazze dell’anteguerra e credevano ancora nell’amore e nel romanticismo.

“Vi ho mai raccontato della prima volta che Ilona mi ha notato? È successo molto prima che nel libro che poi ho scritto. Ero in una milonga di Buenos Aires con Abdul Bashur e lei era seduta dall’altro lato della pista con una sua amica altrettanto bella. Era impossibile non notarle, due bionde naturali in mezzo a tutte belle donne dai capelli color notte e dagli occhi di pece. Lei e Ilana, non ridete era il vero nome della sua amica, continuavano a fissarci aspettando che andassimo a invitarle. Ma nessuno si muoveva e allora sono state le ragazze a venire a prenderci. Se non le avessimo seguite gli altri milengueros ci avrebbero ricoperti di insulti, così nonostante fossimo entrambi arrugginiti, siamo scesi in pista. E la magia della milonga si è rinnovata una volta di più. Siamo partiti con il Libertango di Piazzolla e non abbiamo smesso per quasi due ore. Ilana e Bashur sono andati via prima di noi e Ilona aveva ancora voglia di ballare, così ha accettato l’invito di un tipo corpulento con dei baffi sottili che gli tagliavano in due la faccia. Quando la sua mano è scesa troppo sotto la vita, lei gli ha pestato un piede con un tacco a stiletto che avrebbe ammazzato un toro. Lui non ha proferito parola, ha iniziato a sudare e senza emettere un solo suono, se ne è tornato al suo tavolo. Ilona è andata a prendere il suo scialle nero ricamato di tralci di rose rosse che sembravano vere e mi ha fatto cenno di seguirla. Ma io ho esitato un attimo di troppo e quando sono arrivato in strada lei era già andata via. Poi ci siamo ritrovati, ma questo già lo sapete”.

“E dove sarebbe la storia?” chiese Lucente.

“La storia non è capitata a me ma a Bashur. Quando ha preso una stanza in un alberghetto con Ilana, quasi subito hanno bussato alla porta. Lui temeva che fosse un altro uomo che li aveva inseguiti. Invece erano due amiche di Ilana cui lei aveva telefonato. Bashur mi disse che quella notte aveva spalancato le porte del Paradiso, e che tutto gli angeli erano biondi dalla testa ai piedi”. Mi fermai a ripensare alla faccia del mio amico e ricordai che l’estasi esiste anche in questa vita e che lui ne era la prova.

“Quello che Bashur non mi confessò se non anni dopo, è che nel cuore della notte arrivò anche Ilona nella stanza d’albergo e sfrattò una delle ragazze per prendere il suo posto. Immaginai che non sarebbe stata una buona idea mettermi in competizione con lui e, infatti, non ci siamo mai invischiati in storie con le stesse donne, proprio per non rischiare confronti”.

Lucente e Adelina sorridevano, ognuna persa nei suoi ricordi, poi la veggente si alzò a prendere il bollitore che aveva fischiato e versò l’acqua nelle tre tazze. Mentre io aspettavo che il mio tè raffreddasse un po’, lei buttò via l’acqua quasi subito e iniziò a scrutare nel fondo della tazza come se ci fosse qualcosa da leggere. Mi fece cenno di avvicinarmi e quello che vidi rimase un episodio senza precedenti e senza seguito. Le foglioline del tè si muovevano in vortici sul fondo della tazza e sulle pareti e ogni tanto formavano figure che lei descriveva con poche parole. “Il falcone, la donna di fuoco. Il fiume verde, l’uomo di paglia. Gli alberi non camminano coi piedi ma con le radici. Le nuvole cantano ma noi non riconosciamo la loro lingua e pensiamo che sia il vento. Ilona arriva con la pioggia. Maqroll sta tornando. Tu li aspetterai entrambi alle foci del Rio Blanco”.

“Cosa aspetti Mutis a scrivere un altro romanzo per noi? Queste sono le storie che ti stanno cercando”.

Continuai a sorseggiare il mio tè mentre Lucente era andata a guardare fuori dalla finestra sul retro. Anche lei dava sulla vallata e le piantagioni. C’era un vento molto forte, un falcone che volava basso e un incendio sul crinale del fiume che si era fermato perché non c’era altra erba secca da divorare. Erano immagini di cui avevo già scritto e ora Lucente mi dava indicazioni perché io le scrivessi ancora. Sentivo la punta delle dita in fiamme, dovevo tornare alla locanda a scrivere. Adelina si alzò senza bisogno che glielo chiedessi e ce ne andammo, non prima di avere promesso a Lucente che saremmo tornati l’indomani.

 

Che volete se a settembre continuo a pensare di essere con Mutis a guardare una piantagione di caffè? Oggi è martedì 7 settembre del secondo anno senza Carnevale e la Cronaca 548 sta ancora ballando il tango.

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