L’aria ha radici profonde che affondano nelle stelle,
così come il cielo affonda le proprie radici in ogni acqua in cui può
specchiarsi. Sono tutte invisibili le radici, celate dalla luce e dalla terra,
connettono i mondi celesti a quelli terrestri e danno nutrimento alle
immaginazioni e ai sogni.
Fanno nodi le radici e sussultano quando le vogliamo
recidere o srotolare. Ci sono radici che custodiscono i frutti che saranno e
radici sapienti nei giorni della solitudine, quelli in cui sarà ancora più
importante sapere chi siamo.
Qui sul pianeta che chiamiamo terra, da oltre un anno una
pandemia inarrestabile tiene inchiodata nelle case la metà della popolazione
mondiale. Si cercano espedienti per far capire il livello di pericolosità del
virus e oggi la città silenziosa è tornata a essere arancione. Così, decido di andare
nelle terre ai piedi delle Montagne della Nebbia. Porto con me tutte le radici,
le radici si portano appresso, libri, sapori, fotografie, sprazzi di cielo,
lembi di ricordi.
La memoria non è un cassetto ordinato dove andare a
recuperare ciò che è stato. La memoria è uno scrigno dove tutto sta alla
rinfusa e ogni volta che lo apriamo, lo sguardo cade su qualcosa di diverso. Non
sono mai uguali i nostri ricordi, arrivano come le onde marine, respirano, si
acquietano solo a riva e poi ritornano nel grande mare del passato.
Primavera,
un’invocazione
Ascolto quel respiro che credevo
noto, lo ascolto e non riconosco
neanche una sillaba. Sale il vento
di maestrale e confonde le rive
col cielo e così smettiamo di
avere un punto di riferimento e
ne scopriamo altri dieci a ogni passo.
La memoria è un palazzo, uno scrigno,
è quel cassetto. La memoria è quel
refolo di vento che accompagna questi
nostri giorni dove restiamo appesi alle
prime luci dell’alba e imploriamo che
la primavera ritorni.
Un anno è tanto tempo contato qui, sul pianeta azzurro. Ora
abbiamo iniziato a doppiare i compleanni e il vento soffia ancora come se fosse
la Siberia il nostro luogo. Come se potessimo avere ancora l’idea di un luogo
cui appartenere, un luogo nel futuro, per i giorni che saranno, per la chiara
luce della stagione bella.
Oggi è sabato 27 febbraio del secondo anno senza
Carnevale. Primavera, un’invocazione,
l’ho scritta per questa Cronaca 356.
Nessun commento:
Posta un commento