Il venerdì del villaggio precede il sabato del villaggio, anche se le gioie e le ombre di uno e dell’altro sono per noi contemporanei, le medesime.
Ho un po’ allargato il cerchio delle mie passeggiate
oltre le usuali vie del quartiere e ho incontrato una mamma giovane e una
bambina piccolissima con i codini, i fiocchi e una maschera a forma di
farfalla. Ho incontrato molte persone anziane che camminavano dando l’idea di
avere una meta. Pian piano hanno cominciato a uscire anche tutti quelli che
finivano di lavorare e si apprestavano a fare la spesa. Il lampione ottuso di
ieri è riparato, niente più assembramenti, niente code nei negozi. Ma il niente
è un potente tessitore di senso e ci costringe a scegliere i fili con cui
vogliamo tessere ogni giornata che avremo.
La
notte che arriva silenzio dopo silenzio
Scelgo il cielo come ordito e
i rami come trama. Scherzo,
lo so, perché è il cielo ad avermi
scelta e io ricambio il suo
respiro con qualche parola
gentile. Arriveremo insieme
al momento in cui scendono
le ombre e se blu sarà questo
volto che tiene la città come
una cicatrice, allora saranno
lacrime i nostri passi e sogno
ogni nostra parola. Sono scese
le ombre della sera e si mischiano
con quelle del giorno che erano
invisibili. Così si fa vasta e
inquieta la nostra notte che
arriva, silenzio dopo silenzio.
Quanto mi piace questo momento del venerdì, quando il
lavoro è compiuto e le possibilità dei giorni di festa sono ancora infinite. Anche
se oggi so già cosà farò e così mi godo l’attesa di momenti che immagino ricchi
di senso e di parole.
Questa è, di già, la Cronaca 341, il cui titolo è parafrasi di alcuni versi leopardiani, e oggi è venerdì 12
febbraio del secondo anno senza Carnevale, quando abbiamo imparato a conoscere
come la vita sia frutto del caso e di molte ripetizioni. La notte che arriva silenzio dopo silenzio è inedita e l’ho scritta
oggi per offrire un dono al mio villaggio e alla mia notte.
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