Com’è e come non è tutti gli anni del Novecento stanno continuando a litigare, mentre quelli del Ventunesimo secolo assistono straniti e d’improvviso si rendono conto di avere vissuto una vita che non era la loro.
Perché, vedete mie care lettrici e miei cari lettori, accorgersi, magari in età tarda, che non si è vissuta la propria vita ma quella che la famiglia d’origine, il coniuge, il lavoro, la società in cui viviamo ci hanno spinto a vivere, è un momento da cui non si torna indietro.
E quei due primi decenni proprio a questo stavano pensando. Perché il Novecento è stato un fardello pesantissimo, il Novecento è morto con la pandemia del 2020. Qui abbiamo un anno nuovo che non vuole arrivare, lì abbiamo un secolo che non vuole andarsene.
Ma è lo spirito del tempo che alla fine prende sempre il sopravvento e lo spirito del tempo è la finissima tessitura di pensieri, azioni e intenzioni degli umani. Che ormai sono all’incirca 8 miliardi e non il miliardo e duecento milioni di 100 anni fa.
Forse aveva ragione il filosofo (Sartre?) che scriveva che libertà significa assumersi la propria responsabiltà. Ha ragione la preghiera variamente attribuita a una popolazione nativa: “Aiutami Grande Spirito a cercare di cambiare le cose che possono essere cambiate, ad accettare quelle che non possono essere cambiate e, soprattutto, a capire la differenza tra loro”.
Tutti noi siamo figli di un’epoca, di una storia, di una famiglia, degli incontri che facciamo, delle amicizie e degli amori. Moltiplicate tutto ciò per 8 miliardi e capirete come si sente VentiVenti e perché VentiVentuno abbia paura.
In questa giornata di sole leggero che ha fatto sciogliere la neve, la pigrizia ha preso il sopravvento, una lunghissima passeggiata a fine pomeriggio ha liberato la mente di ciascuno dei contendenti. Così, stasera, ospito davanti al caminetto acceso e scoppiettante VentiVenti e VentiVentuno. Mentre il primo sta perdendo la sua aria da vegliardo e ringiovanisce, perché sa che tra un giorno sarà finita in questa dimensione e sarà altrove, a riordinare l’immenso archivio dell’anno che è stato, dell’anno che sarà ricordato come il peggiore da parecchi decenni, e suo malgrado, VentiVentuno continua a imbozzolarsi nei dubbi.
- VentiVentuno, vieni più vicino. Voglio fare con te lo stesso ipotetico bilancio dell’anno che verrà. VentiDiciannove lo ha fatto con me e, devo dirti, non abbiamo azzeccato una sola previsione, come fossimo dei banalissimi astrologi terrestri. Inizia tu giovanotto…
VentiVentuno, girò la testa e disse soltanto queste parole:
- Non ho bilanci da fare, non ho desideri, se non uno soltanto: spero di non assomigliarti mai, mai, mai.
Su queste parole perentorie e definitive chiudo questa Cronaca 297 che, di colpo, sente tutto il peso del Tempo sulle proprie spalle ed è come se non avesse la forza di andare avanti.
Oggi è
mercoledì 30 dicembre dell’anno senza Carnevale, il vecchio e triste
VentiVenti. Ma a volte è vero che la vecchiaia diventa una grande opportunità. Quale
sara l’eredità di quest’anno terribile? Penseremo alle parole che lo
contraddistinguono e domani sera sapremo cosa avrà deciso VentiVentuno.
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