La fatica di essere dicembre, non ho ancora detto la fatica dei mesi e delle stagioni, così inizio dall’ultimo mese del primo anno senza Carnevale.
Il dodicesimo mese arriva portato dalla nebbia e dalle due stagioni che se lo contendono, anche se l’autunno dicembrino è, di fatto, già mese d’inverno.
Nel suo cuore di neve e di nebbia custodisce il ricordo dell’anno appena trascorso, questo dicembre si è già confrontato con tutti i mesi di dicembre passati e sa di avere pesi più di ogni altro.
Sa anche che la sua festa più importante, anzi le feste, celebrano la luce, la nascita, la vista e la vita stessa.
In dicembre celebriamo l’essere vivi nel cuore dell’inverno, con un tetto sulla testa, cibo in abbondanza sulle tavole, parenti e amici intorno.
Ma questo dicembre avrà festività in tono minore e non potremo stringerci intorno a chi il destino ci ha dato come famiglia.
Ho conosciuto nel corso della vita parecchie persone, più uomini che donne, che detestavano le feste, soprattutto il Natale e Capodanno e che in spregio se ne stavano da soli e la sera di Capodanno andavano a dormire alle dieci.
Che persone tristi e che tristi vite conducevano, almeno nel periodo in cui le ho conosciute, alcuni di loro sono morti da tempo, erano più grandi di me di parecchi anni, e mi dispiace che abbiano dovuto vivere vite di tristezza e solitudine.
Da sempre per me, dicembre è uno dei mesi preferiti, per il Natale, per Capodanno, per l’attesa della luce, per i piccoli regali pensati per le persone amate. Io regalo quasi sempre, solo libri. E faccio lo stesso con me, i libri sono i grandi consolatori della vita e mi piace averne di nuovi con me, per andare in luoghi dove non mai stata o ritornare in quelli che già conosco così bene.
Quando voglio esprimere una gioia particolare dico che sono felice come una bambina la mattina di Natale e che Natale può esserlo, quindi, ogni giorno.
Dicembre mi parla con voce cauta e un po’ sommessa, lo capisco, perché avremo feste non-feste, lutti da elaborare. Ma soprattutto avremo la speranza che questo Natale sarà l’unico Natale che ci avrà fatto rimpiangere tutti quelli della nostra infanzia e dell’infanzia dei bambini nella nostra famiglia.
Si sta impegnando questo mese ad essere all’altezza della propria fama. Il mattino c’è spesso la nebbia, ha già nevicato, le temperature nella città silenziosa stanno sotto i 10 gradi ormai da giorni.
Profuma di resina questa stagione, di mandarini e arance, di mele e cannella nel forno, di legna che arde nel camino e io sento quel verbo “ardere” forte in me e brucerò anche in questa fine giornata di quiete dove non è successo nulla di particolare, dove sto leggendo l’ultimo libro di Corrado Augias Breviario per un confuso presente che mi piace e che trovo interessante. Una figura, tra le persone raccontate, spicca e mi fa compagnia: Baruch Spinoza che pensa e mola lenti nella sua bottega, un luogo di libertà per uno degli uomini più liberi del mondo.
Non ci faremo abbattere da questo tempo imprevisto, non ci faremo abbattere dalle avversità, la luce risplende in noi anche nelle tenebre più fitte, non bisogna avere paura.
Ballata dei dubbi e della stagione fredda
Se ho dubbi
e ne ho sempre,
guardo il
cielo e trovo sempre
una nuvola,
un uccello o una
stella che
mi rispondono.
Ci sono
sempre piccole luci,
impronte
sulla neve, rami
freschi di
pino e arance
mature che
dicono l’inverno.
Se ho dubbi
e ne ho sempre,
apro un
libro di poesie e cerco
in un verso
le risposte e sempre
almeno una
ne trovo.
Ci sono
sempre abbracci non
dati che
aspettano, un pacchetto
da
sigillare, un dolce pronto per
il forno e la
frutta candita sul tavolo.
Se ho dubbi
e ne ho sempre,
parlo nella
mia testa con gli assenti
e le loro
parole risuonano chiare
e il mondo
del sogno irrompe di qua.
Ci sono
sempre segni che conducono
ad altre
strade e a nuovi alfabeti, a
noi decifrare
gli enigmi e imparare
che ogni
lingua contempla la parola
amore.
Oggi è sabato 12 dicembre dell’anno senza Carnevale e questa Cronaca 279 ci ha portato una mia poesia inedita e rami di pino profumati.
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