lunedì 14 dicembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/281: le disciplinate ragioni degli alberi e delle case



C’è un modo diverso di vivere la città in questo tempo di pandemia. Ogni volta che esco a fare una passeggiata nel quartiere, mi allontano un po’ più di casa e scelgo una via che magari già penso di conoscere e la percorro lentamente, guardando con grande attenzione ogni palazzo, ogni portone e cancello.

Mi fermo a guardare gli alberi e i cespugli che dimorano sui marciapiedi e, se riesco a uscire il mattino presto, mi piace sbirciare nei cortili dove spesso ci sono giardini inaspettati.

Se esco dopo il tramonto, come un pipistrello svolazzo col naso all’insù e sono le finestre illuminate che mi attraggono e mi catturano. Non che si veda molto dalla strada, ma ci sono i soffitti delle stanze, le cime delle librerie e degli armadi, le sommità dei quadri e delle piante da casa.

Quando viaggiavo molto in treno, adoravo guardare le vite degli altri scorrermi davanti come fotogrammi di un film, quasi sempre erano le cucine dove si stava preparando e consumando il pasto serale e dove la luce azzurrina delle televisioni squarciava le luci domestiche, spesso fievoli e insufficienti.

Ho sempre pensato, sin da bambina, alle finestre come agli occhi delle case e ai portoni come alle bocche.

Dunque, le case sono teste e le persone che vi abitano ne sono i pensieri, questo mi sembra evidente.

Ogni casa è la testa di un corpo invisibile, affondato nel suolo della città, come se fossero corpi di Titani inghiottiti dalla terra e condannati a non muoversi mai più.

Il mio sguardo sulla città è molto conservatore e conservativo, mi rattrista quando vengono demoliti vecchi palazzi anziché restaurati, mi rattrista vedere i negozi che chiudono, le vecchie insegne ormai vintage diventare, giorno dopo giorno, polverose e opache.

Ora che la città, tutte le città, sono diventate luoghi dove poterci muovere mascherati e solo per un certo numero di ore del giorno, come tutti noi vedo quanto fosse libera la vita normale e semplice che conducevamo un tempo.

Com’era bello camminare senza meta, fermarsi al bar a prendere il caffè e fare due chiacchiere col barista, com’era divertente ciondolare al supermercato, fermarsi a guardare le vetrine, inseguire le ultime foglie con lo sguardo e illuminarsi insieme alle luci del Natale.

Siamo di nuovo nel cuore della domanda che Woody Allen fa pronunciare alla protagonista di Un’altra donna e di cui ho già scritto qui nelle Cronache che sono anche il mio diario di quest’anno.

Un ricordo è qualcosa che abbiamo o qualcosa che abbiamo perduto?

Sono vere entrambe le opzioni, ricordiamo ciò che è perduto e al contempo possediamo il ricordo.

Così le case sono illuminate dalle luci natalizie e lo sono le strade del mio quartiere, non tutte quest’anno, ma io le ricordo così.

Come parlano tra loro i giganti sepolti nelle viscere della città? Credo che sotto la superficie le loro mani si sfiorino, così come fanno le radici degli alberi ed è così che si raccontano le storie ed è per questo motivo che alberi e case si amano in ogni città.

 

Le disciplinate ragioni degli alberi e delle case

 

Dove un tempo regnavamo noi alberi,

sovrani di legno e foglie, siamo rimasti

in pochi e abbiamo dato vita alle case

che ci hanno sostituiti. Ma nessun

albero muore mai davvero, restano

le foglie portate dal vento, i semi,

le radici soprattutto che attraversano

le fondamenta e solleticano le case.

 

Noi case non siamo estranee alla

vita degli alberi, in noi portiamo

sostegni plasmati nel legno, mobili,

soffitti e scale, come potremmo mai

dimenticare che la nostra anima è

condivisa con il bosco che un tempo

ricopriva tutta questa nostra pianura?

 

Io ascolto le disciplinate ragioni di

alberi e case, mi siedo al centro

del discorso e annuisco, ho così

tanto tempo in queste giornate,

così quiete che sento il respiro

dei muri e dei rami e sedentaria

quanto loro, mi installo davanti

alla mia finestra, pensiero semplice

che guarda il solito albero che amo.

 

 

Ecco che le parole si avvolgono a spirale come un serpente tentatore sul ramo prediletto, mi offre una mela e un melograno, ancora non conosce bene i miei gusti, ma sa che potrò trarre poesia dall’uno o dall’altra. Oggi è lunedì 14 dicembre dell’anno senza Carnevale, Le disciplinate ragioni degli alberi e delle case è una poesia che ho scritto questo pomeriggio per la Cronaca 281.


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