C’è un modo diverso di vivere la città in questo tempo di pandemia. Ogni volta che esco a fare una passeggiata nel quartiere, mi allontano un po’ più di casa e scelgo una via che magari già penso di conoscere e la percorro lentamente, guardando con grande attenzione ogni palazzo, ogni portone e cancello.
Mi fermo a guardare gli alberi e i cespugli che dimorano sui marciapiedi e, se riesco a uscire il mattino presto, mi piace sbirciare nei cortili dove spesso ci sono giardini inaspettati.
Se esco dopo il tramonto, come un pipistrello svolazzo col naso all’insù e sono le finestre illuminate che mi attraggono e mi catturano. Non che si veda molto dalla strada, ma ci sono i soffitti delle stanze, le cime delle librerie e degli armadi, le sommità dei quadri e delle piante da casa.
Quando viaggiavo molto in treno, adoravo guardare le vite degli altri scorrermi davanti come fotogrammi di un film, quasi sempre erano le cucine dove si stava preparando e consumando il pasto serale e dove la luce azzurrina delle televisioni squarciava le luci domestiche, spesso fievoli e insufficienti.
Ho sempre pensato, sin da bambina, alle finestre come agli occhi delle case e ai portoni come alle bocche.
Dunque, le case sono teste e le persone che vi abitano ne sono i pensieri, questo mi sembra evidente.
Ogni casa è la testa di un corpo invisibile, affondato nel suolo della città, come se fossero corpi di Titani inghiottiti dalla terra e condannati a non muoversi mai più.
Il mio sguardo sulla città è molto conservatore e conservativo, mi rattrista quando vengono demoliti vecchi palazzi anziché restaurati, mi rattrista vedere i negozi che chiudono, le vecchie insegne ormai vintage diventare, giorno dopo giorno, polverose e opache.
Ora che la città, tutte le città, sono diventate luoghi dove poterci muovere mascherati e solo per un certo numero di ore del giorno, come tutti noi vedo quanto fosse libera la vita normale e semplice che conducevamo un tempo.
Com’era bello camminare senza meta, fermarsi al bar a prendere il caffè e fare due chiacchiere col barista, com’era divertente ciondolare al supermercato, fermarsi a guardare le vetrine, inseguire le ultime foglie con lo sguardo e illuminarsi insieme alle luci del Natale.
Siamo di nuovo nel cuore della domanda che Woody Allen fa pronunciare alla protagonista di Un’altra donna e di cui ho già scritto qui nelle Cronache che sono anche il mio diario di quest’anno.
Un ricordo è qualcosa che abbiamo o qualcosa che abbiamo perduto?
Sono vere entrambe le opzioni, ricordiamo ciò che è perduto e al contempo possediamo il ricordo.
Così le case sono illuminate dalle luci natalizie e lo sono le strade del mio quartiere, non tutte quest’anno, ma io le ricordo così.
Come parlano tra loro i giganti sepolti nelle viscere della città? Credo che sotto la superficie le loro mani si sfiorino, così come fanno le radici degli alberi ed è così che si raccontano le storie ed è per questo motivo che alberi e case si amano in ogni città.
Le disciplinate ragioni degli alberi e delle case
Dove un tempo regnavamo noi alberi,
sovrani di legno
e foglie, siamo rimasti
in pochi e
abbiamo dato vita alle case
che ci hanno
sostituiti. Ma nessun
albero muore
mai davvero, restano
le foglie
portate dal vento, i semi,
le radici
soprattutto che attraversano
le
fondamenta e solleticano le case.
Noi case non
siamo estranee alla
vita degli
alberi, in noi portiamo
sostegni
plasmati nel legno, mobili,
soffitti e
scale, come potremmo mai
dimenticare
che la nostra anima è
condivisa
con il bosco che un tempo
ricopriva
tutta questa nostra pianura?
Io ascolto
le disciplinate ragioni di
alberi e
case, mi siedo al centro
del discorso
e annuisco, ho così
tanto tempo
in queste giornate,
così quiete
che sento il respiro
dei muri e
dei rami e sedentaria
quanto loro,
mi installo davanti
alla mia
finestra, pensiero semplice
che guarda
il solito albero che amo.
Ecco che le parole
si avvolgono a spirale come un serpente tentatore sul ramo prediletto, mi offre
una mela e un melograno, ancora non conosce bene i miei gusti, ma sa che potrò
trarre poesia dall’uno o dall’altra. Oggi è lunedì 14 dicembre dell’anno senza
Carnevale, Le disciplinate ragioni degli
alberi e delle case è una poesia che ho scritto questo pomeriggio per la
Cronaca 281.
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