mercoledì 9 dicembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/276: non ti dà stupore l’impeto della tempesta perché la tua casa era l’estate

 



Ogni giorno al risveglio ritorno dalla terra dei sogni e dei morti che pare abitino lo stesso luogo. Quanto è grande il conforto di quei volti tanto amati, di quelle voci che non sentiamo più da anni.

La vita è un lento accumularsi di eventi, fatti, persone che arrivano, persone che vanno, sogni infranti, desideri realizzati.

Ci sono, però, fasi come si è concretizzato questo 2020, dove la somma delle perdite, per molti di noi, è maggiore di quella dei guadagni. Non riesco a trovare una metafora migliore di quella della perdita doppia oggi. Non posso non pensare alle decine di migliaia di mogli, mariti, figlie e figli, nipoti che si ritrovano all’improvviso senza una persona cara, strappata prima del tempo dal Covid.

Per questo ogni giorno cerco di avere cura di coloro che amo, quasi tutti lontani fisicamente, e di onorare il ricordo di coloro che amo e non sono solo lontani fisicamente, ma che vivono ormai da tempo, nel mondo dei sogni e dei ricordi.

Per questo cerco ogni giorno dentro il ricordo di una poesia o anche solo di qualche verso e lo coltivo, aggiungo un po’ d’acqua e guardo le radici che si rafforzano e nuovi germogli iniziare a prendere forma.

Tenere e lasciar andare allo stesso tempo è la magia che la poesia compie ogni volta che la leggiamo e la scriviamo.

Siamo creature che arrivano dal passato e con la mente vivono in un presente eterno futuro. Con una mano tiriamo il filo del passato, con l’altra quello del futuro. Ne esce una tessitura molto particolare, dove ogni giorno ha i suoi colori e le sfumature, gli intrecci e i nodi che lo rendono unico.

Molto spesso mi sono detta e vi ho detto, in questi mesi, che ogni giorno sembrava un unico eterno giorno fatto sempre delle stesse cose, ma non è vero, perché ogni giorno ho lavorato, ho scritto, ho letto e ho detto cose differenti.

Le conversazioni con le persone amate non sono mai uguali a se stesse, ci raccontiamo per dare un senso al nostro stare al mondo, per condividere un piacere o un dispiacere.

Anche questi giorni freddi, nebbiosi e piovigginosi hanno una storia da raccontare, da ogni finestra illuminata, a quest’ora, arrivano i bagliori delle vite nel loro compiersi.

È questa la vita vera, quella che viviamo, quella che ci spaventa, quella che pare non avere risposte e progetti per il futuro.

Ma ognuno di noi sa che non è così, sa che il tempo debito arriva per ciascuna cosa, che l’amore arriva quando meno ce lo aspettiamo, che un gesto gentile ci aspetta dove non vedevamo che tenebre, mentre la nostra casa non è solo il luogo dove il corpo abita con la sua corte di sogni e desideri.

 

 

Non ti dà stupore l’impeto della tempesta, -

tu, l’hai vista farsi forte; -

fuggono gli alberi. La loro fuga

fa sì che ogni viale passi oltre.

Lo sai, tu: colui dal quale fuggono

è colui che tu stesso vuoi raggiungere,

ed è lui che cantano i tuoi sensi,

quando ti fermi alla finestra.

 

Furono quiete le settimane dell’estate,

il sangue cercò l’alto negli alberi;

e tu lo senti, adesso, che ricadere vuole

in colui che fa ogni cosa.

Credesti di conoscerla, la forza,

quando il frutto tu cogliesti,

e adesso nuovamente si fa enigma,

e sei un ospite, tu: ancora.

 

Così come casa tua era l’estate,

e in lei, lo sai, tutto sostava –

adesso, nel cuore devi muoverti,

all’aperto, come in una piana.

La grande solitudine è all’inizio,

si fanno sordi i giorni,

e il vento accoglie dai tuoi sensi

come foglie disseccate il mondo.

 

Il cielo – sei tu che lo possiedi – guarda

tra i suoi rami vuoti;

sii terra, ora, e canto della sera,

e patria che lui possa custodire.

Fatti umile, adesso, come cosa

che maturi nella propria verità,

così che lui, dal quale giunse la notizia,

ti senta: quando con la mano te raggiunge.

 

 

Ecco, oggi sono stata terra e pioggia leggera, ora posso essere canto e notte che scende, camino acceso e poesia viva, potente e chiara. Poesia che ci riscalda e ci nutre, poesia che dà senso a ogni giorno, un giorno dopo l’altro.

Oggi è mercoledì 9 dicembre dell’anno senza Carnevale, e questa Cronaca 276 si intreccia con una poesia di Rainer Maria Rilke tradotto da Lorenzo Gobbi per Il libro d’ore, Servitium editrice 2008.


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