Per
speculum et in aenigmate: così il mondo si offre ai nostri occhi, per quanto amore il nostro
sguardo contenga. Specchio del mondo, enigma intessuto su altri enigmi, la
parola poetica sa avvicinarci al centro delle cose: in suo nome, anch’essa
chiede ascolto, accoglienza, meditazione profonda. In cambio, dona la propria
vastità, la ricchezza del proprio senso – un dono tutt’altro che pregevole,
quali che siano le nostre capacità di accoglierlo.
Al primo
incontro con il testo, si attiva in noi un insieme di pensieri: la lettura
corretta, la comprensione esatta, l’esegesi rigorosa. A poco a poco, però,
altri pensieri sorgono dal nostro intimo che ascolta contemplando il testo,
amplificandolo e lasciandolo risuonare in sé, fino a collegarlo con le proprie
più vere riflessioni. A questa esperienza vorrei dare voce: a partire dal testo
e al servizio del testo per illuminarne, almeno parzialmente, la ricchezza di
senso reale e l’ampiezza d’eco possibile. L’obiettivo di questi scritti è
qualche frammento di oltre-testo: un po’ di ciò che possiamo udire quando
accogliamo una lirica come parola oracolare, come accenno ad altro da sé.
“Acceleratore
della coscienza” (J. Brodskij), l’espressione poetica può essere vista come una
fune tesa tra noi e il centro delle cose, sulla quale avventurarsi con passo
cauto e leggero, guardando avanti a sé.
Per
questo si è concentrata l’attenzione sui frammenti che ci vengono incontro
nella lettura e che ci abbagliano con la loro bellezza, illuminando, come un
cono di luce inesauribile, vasti orizzonti di riflessione e di conoscenza. Sono
i piccoli brani che amiamo, ai quali torniamo, che impariamo a memoria e che
ricordano a noi stessi nelle più varie occasioni: è bello seguirli
autonomamente, ascoltarli uno alla volta, mettendoli in evidenza per sé soli. “In
the particular” scrisse
Joyce “is contained the universal”: paradossalmente, frammenti di testo sembrano acquistare,
a volte, una ricchezza maggiore dell’intera opera in cui sono collocati. Tutto
ciò è ben difficile da spiegare, e dipende certamente da noi, dall’atto
particolare della nostra lettura; è su questi, comunque, che si vorrebbe
richiamare l’attenzione, per desiderio di concentrazione e di essenzialità.
Sono
convinto che la verità delle cose appaia di rado, attraverso luccichii
improvvisi e imprevedibile, e che sia giusto seguirla, attenderla sul terreno
che le appartiene.
L’intenzione
è di offrire un momento di sosta, di quiete meditativa al cospetto della parola
poetica, senza violare il pudore: esso è sacro anche e soprattutto nella vita
della mente. Il discorso, comunque, rimane abbozzato, accennato, spero. Più che
lettori, vorrei amici disposti a sostare nella stessa tensione interiore.
Lorenzo Gobbi
introduzione a
Elogio del frammento
Servitium editrice 2010
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