Ed ecco la "mia" Virginia Woolf scritta per l'Enciclopedia delle donne
«Io provo
un senso di fodere estive alle poltrone; di essere rimasta a casa mentre tutti
sono in campagna. Mi sento desolata, polverosa e delusa». La solitudine dell’artista
attraversa tutte le pagine del Diario di una scrittrice, libro straordinario che racconta il
processo creativo e la scrittura di una delle scrittrici più importanti del XX
secolo, Virginia Woolf, nata Adeline Virginia Stephen. Lo testimoniano, oltre
alla sua vasta opera che comprende romanzi, racconti, saggi, diari e lettere,
anche la mole di scritti e di siti web a lei dedicati. Ai quattro figli del
primo matrimonio dei genitori, Sir Leslie Stephen e Julia Jackson (nipote di Julia Margaret Cameron), entrambi vedovi, si aggiunsero Vanessa, Virginia,
Thoby e Adrian. L’infanzia di Virginia fu una tipica infanzia vittoriana, fatta
di lezioni casalinghe, rispetto delle convenzioni, benessere e la sensazione
costante che tutta la vita della casa e della numerosa famiglia ruotasse
intorno alla madre, bella e distante, che la bambina vede come una cattedrale.
La morte precoce di Julia, nel 1895, sprofonda la futura scrittrice nella prima
grave crisi psicotica e sfocia in un tentativo di suicidio. Il fantasma della
madre tornerà in vita nel suo romanzo - insieme a Le Onde, uno dei due, a mio avviso, più
belli - Al faro,
nella superba traduzione di Nadia Fusini. «Vi sarà un ritratto completo di papà;
e della mamma; e poi St. Ives; e l’infanzia e tutte le solite cose che cerco di
metterci dentro». Fu proprio il padre Leslie a farle dono del mondo della
letteratura. Benché Virginia non avesse potuto studiare all’università come i
fratelli, l’accesso alla libreria paterna le spalancò il mondo nel quale voleva
vivere. Un mondo fatto di immaginazione e acuta osservazione della realtà.
Virginia sapeva cogliere “il canto del mondo reale” così come Liliana Rampello
intitola il suo libro, che è un’analisi diversa e nuova di tutta l’opera
woolfiana. La studiosa «strappa via la Woolf dalla fama di donna segnata dalla
tragica fine … e restituisce il sentiero luminoso di una donna geniale che
canta continuamente la vita e il suo affascinante mistero, concretamente
percepibile, per così dire, nei singolari e minuscoli accadimenti che entrano
negli istanti del mondo» (Annarosa Buttarelli). La morte del padre e della
sorellastra Stella diventa la condizione di possibilità e di libertà che porterà
i giovani Stephen a staccarsi dai fratellastri Duckworth e ad andare a vivere a
Bloomsbury, in quello che diventerà il luogo simbolo di una generazione
straordinaria, di giovani artisti e intellettuali inglesi che segneranno la
storia della cultura e della letteratura del Novecento. La condizione di
privilegio e l’acuta capacità di osservazione le permisero di scrivere anche
uno dei saggi più importanti per le donne moderne, Una stanza tutta per sé. Una rendita e una stanza con la
porta chiusa erano ciò di cui una donna creativa aveva bisogno per potersi
esprimere. La “cercatrice irrequieta”, come lei stessa si definiva, aveva
comunque bisogno di una vita che avesse un centro e uno scambio continuo.
Virginia combatté tutta la vita contro l’Angelo del Focolare che, a causa dell’educazione,
vive in ogni donna e la fa sentire sempre in colpa perché non si comporta come
dovrebbe. Dopo la morte del fratello prediletto Thoby nel 1906 e il matrimonio
avvenuto nel 1907 dell’amatissima sorella Vanessa, che così smise di
appartenere soltanto a lei, fu con Leonard Woolf che Virginia trovò un nuovo
centro Alla fine di maggio del 1912 Virginia gli disse senza giri di parole che
lo amava e voleva sposarlo. Il matrimonio permise la continuazione della vita
bloomsburiana e le lunghe conversazioni che lei tanto amava. Parlava di libri
con Litton-Strachey, le conversazioni con Vanessa erano incentrate sulle
relazioni d’amore e d’amicizia; con Roger Fry il tema principale era l’arte e
con Forster riprendeva quelle lunghe meditazioni sulla scrittura che costellano
il suo diario, Con Vita Sackville-West , di certo il suo più grande amore, poteva parlare di
tutto. La felicità della vita domestica, che molti critici mettono in dubbio, e
la ricchezza delle sue relazioni, non bastò a metterla al riparo dalla sua
fragilità psichica, dalle crisi maniaco-depressive che, insieme alle pesanti
molestie subite dai fratellastri quando era ancora una bambina piccola, avevano
nel tempo relegato in un cono d’ombra la vitalità e la passionalità della scrittrice.
Nel 1913 tentò di nuovo il suicidio. Era tipico che alla fine di ogni sforzo
creativo si sentisse svuotata e finita. Solo quando Leonard aveva letto il
libro appena terminato, lei ritrovava un po’ di calma e di speranza nel futuro.
Scriveva instancabilmente Virginia, recensioni per il «Times Literay Supplement»,
pagine di diario dense di osservazioni sulle persone che incontrava e sui libri
che stava leggendo, lettere con decine di diversi corrispondenti che
sottolineano la sua ironia e acutezza. Il suo romanzo d’esordio La crociera, venne pubblicato nel 1915, cui
seguirono Notte e giorno nel 1919, La camera di Jacob nel 1922, Mrs. Dalloway nel 1925, Al faro nel 1927, Le onde nel 1931. Si confrontava di continuo
con i suoi contemporanei e dell’amata-odiata Katherine Mansfield, che frequentò dal 1916 sino alla sua morte nel 1923,
scrisse nel diario che la sua scrittura era l’unica di cui fosse gelosa.
Virginia era una donna piena di fascino: la lista di ammiratori e ammiratrici è
lunghissima, così come quella delle persone famose che incontrò nel corso della
vita. Il 22 febbraio 1937 la traduttrice francese del romanzo Le Onde, Marguerite Yourcenar che non suscitò
molto il suo interesse, andò a trovarla per parlare della traduzione che stava
facendo. La Yourcenar riteneva la Woolf uno dei più geniali prosatori della
lingua inglese e in un suo scritto l’avrebbe paragonata a Vermeer «per il
fascino quasi idilliaco dei colori che rivela lo stesso gusto delle vibrazioni
uniche, dei minuti eterni di cui è fatto il mondo di Virginia Woolf, per la
magia segreta che impregna le loro immagini, seppure rese con strumenti diversi».
Virginia scrive nel diario una cronaca dell’incontro che si limita a descrivere
l’aspetto della visitatrice, e annotare che le sembrava una donna che avesse
qualcosa da nascondere del suo passato, la grande scrittrice francese resta
senza nome. Anni dopo, al contrario, la Yourcenar rievocherà addirittura la
scarsa luce nel salotto dove si incontrarono, le domande che fece a una Woolf
poco interessata all’arte della traduzione che lei non riusciva a concepire
come un dialogo tra scrittore e traduttore, così come lo concepiva la
Yourcenar. Un altro incontro che vale la pena ricordare è quello con Sigmund
Freud, il 28 gennaio 1939. Parlarono delle conseguenze della Grande Guerra sull’Europa,
dell’ascesa di Hitler al potere. Lei lo ascoltava con grande attenzione; prima
di salutarla Freud le regalò un narciso. Condividevano la passione per le
profondità della mente umana ed entrambi la esploravano attraverso la
scrittura. Virginia rese omaggio alla grandezza di Freud nel diario del 2
dicembre 1939 annotando: «Cominciato a leggere Freud ieri sera; per ampliare la
circonferenza: dare al mio cervello un più vasto raggio: renderlo obiettivo:
uscire da me stessa. E sconfiggere così il restringimento della vecchiaia». Non
era solo la vecchiaia a stringere Virginia in un cerchio soffocante. La Seconda
Guerra Mondiale era scoppiata e lei non ne avrebbe vista la fine. Gli ultimi
due anni della sua vita furono oscurati dai bombardamenti su Londra e da molte
paure per il futuro. Alla fine del 1940 la malattia si era ripresentata e l’ultimo
dottore che l’ebbe in cura le prescrisse riposo assoluto, soprattutto che
stesse lontana dalla letteratura. Aveva ricominciato a sentire le voci
Virginia, così come da giovane sentiva gli uccellini cantare in greco, e non
aveva più la forza di combattere. Scrisse tre lettere, una per Vanessa e le
ultime due per Leonard dove lo ringraziava per la felicità che avevano
condiviso. Senza salutare né il marito né la domestica Louie, Virginia si
allontanò da casa il 28 marzo 1941. Arrivata sulle rive del fiume Ouse, in un
luogo dove altri abitanti del luogo si erano suicidati, Virginia mise dei sassi
nelle tasche del cappotto e si incamminò nel fiume. Verrà ritrovata solo il
successivo 18 aprile. La devastazione della guerra inghiottì anche questa morte
e fu solo negli anni Sessanta che il mondo letterario ricominciò a occuparsi di
lei. Le sue ceneri riposano all’ombra di un olmo nel giardino di Monk’s House.
Sulla lapide è incisa la frase “«Le onde si infrangevano sulla spiaggia» che
chiude il suo celebre romanzo.
Ancora oggi i suoi libri non cessano di
riempirci di stupore e di incanto, avvinti da quella luce particolare che la
Yourcenar aveva riconosciuto.
Virginia Woolf
Londra 1882 - Rodmell 1941
Fonti,
risorse bibliografiche, siti
Virginia
Woolf, Diario di una scrittrice, Mondadori 1979
Virginia
Woolf, Romanzi, a
cura di Nadia Fusini Mondadori 1998
Virginia
Woolf, Saggi, prose, racconti, a cura di Nadia Fusini Mondadori 1998
Virginia
Woolf, Una stanza tutta per sé, SE 1993
Nadia
Fusini, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori 2007
Armanda
Guiducci, Virginia e l’angelo, Longanesi 1991
Hermione
Lee, Virginia Woolf,
Chatto & Windus 1996
Liliana
Rampello, Il canto del mondo reale. Virginia Woolf. La vita nella scrittura, Il Saggiatore 2005
Vivian
Forrester, Virginia Woolf, Albin Michel 2009
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