Volevamo risalire alle sorgenti del Cinghio
il giorno era d’aprile ventoso e celeste
folate ci portavano via sbiancando i salici bassi
già dietro di noi perduti perduta la casa
dove s’erano dimenticati di noi fuggitivi
esploratori muniti di cibo e coltellini multipli
per una lunga assenza forse per un distacco
non per me che partecipavo all’impresa
da inviato senza la volontà liberatoria
degli altri senza la loro strenua fiducia
mentre attraversavamo proprietà sconosciute
seguendo l’incantagione sinuosa del Cinghio
avvicinandosi all’occhio lo scenario azzurro
delle colline rumoreggiando più e più
il Cinghio amato. Ma il tempo
era passato per me che sentivo
acuta la perdita della casa e di chi
forse si era ricordato di noi
soffrendo come soffrivo io del distacco
così che con l’astuzia persuasiva del poeta
li convinsi anime pure e schiette
volte al giusto di una fantastica impresa
a desistere a volgersi – compagnia
di soldati sconfitti – verso il quotidiano
il famigliare quanto io più desideravo
e che già si svelava intonacato di luce.
Attilio Bertolucci
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