La passione per il design lo assale durante l’adolescenza, a Hiroshima, la città in cui è nato, la città della bomba. Quando viene sganciata, 6 agosto 1945, lui ha sette anni. Sua madre ne morirà tre anni dopo e come lei altri suoi famigliari. L’unica volta in cui Miyake ha riaperto pubblicamente quella ferita è stata nel 2009, in una lettera al presidente Obama pubblicata dal New York Times:
“...Ero un bambino. Ancora oggi quando chiudo gli occhi vedo cose che a nessuno dovrebbe essere consentito di vedere. Ricordo tutto. Anche per questo nella mia vita ho preferito occuparmi di cose che potessero essere create, e non distrutte, e che potessero portare gioia, e bellezza...”.
(...)
Prima di salutarci gli chiedo quali consigli darebbe a un giovane designer. «Non pensare solo con la propria testa ma confrontarsi con chi lavora nelle aziende. Essere curiosi, osservare la natura, visitare mostre di arte e architettura. Ma, soprattutto, consiglierei di interessarsi alle persone: il designer ha una grande responsabilità sociale, dovrebbe pensare attentamente a ciò che la gente desidera per fare in modo che il suo stile sia compreso e infine usato». Socchiude gli occhi e, come se per un attimo tornasse con la memoria alle cose terribili che a nessuno dovrebbe essere consentito di vedere, ci congeda con queste parole e con un sorriso: «In fondo ciò che dobbiamo fare è solo trasmettere bellezza, gioia e — magari
— anche un po’ di comodità».
frammenti dell'intervista su Repubblica 13 aprile 2014 che Lorenza Pignatti ha fatto al designer Issey Miyake
2 settimane fa
Nessun commento:
Posta un commento