sabato 19 gennaio 2013

Un pomeriggio russo a Milano (passando per Parigi)


Una luce bianca e grigia, la pioggia sottile che faceva risplendere l’asfalto e i palazzi, donne con il colbacco che parlavano russo. Ho camminato a lungo senza ombrello, guardando i visi e cercando storie nei frammenti di conversazione che coglievo. A volte anche una parola soltanto è finita nel mio paniere in attesa di essere intessuta con altre parole in una nuova narrazione. Un uomo di età indefinita suonava un organetto e Parigi si è stagliata in fondo al viale che sbuca su una piazza antica dove un piccolo giardino, un’edicola, un fioraio, fanno da cornice alla bancarella dei libri usati che occupa quel pezzo di marciapiede da ottanta anni. Me lo ha raccontato Stefano, il proprietario, che ho interrotto mentre stava pulendo con certosina accuratezza, uno dei sessantuno volumi della collana dei cento libri Longanesi che ha appena comprato dopo una lunga trattativa. Ama i libri Stefano, al punto che non sente il caldo d’estate e il freddo ostile dell’inverno milanese. Da quando ne abbiamo parlato, qualche mese fa, quando sto per arrivare da lui, immagino che, se i libri di carta sparissero, al posto della sua bancarella da bouquiniste troverei una triste colonnina come quelle dei parcheggi e con un bancomat potrei scaricare un e-book sul mio reader. Invece arrivo e ogni volta piegando il collo sulla spalla mi fermo a leggere i titoli sui dorsi delle copertine e poi chiacchiero con lui e a volte anche con qualche altro cliente bibliomane come noi due. Riprendo  a gironzolare per il quartiere e di nuovo le donne russe con il colbacco attraversano la mia strada. Ora nevica, una fitta caduta di fiocchi piccoli e ghiacciati che tamburellano contro la superficie delle cose. L’altra sera ho scritto che i fiocchi di neve sono pensieri rimasti troppo a lungo su una stella. Ne hanno assorbito la luce e la lontananza. Ma qui a Milano oggi pomeriggio le stelle se ne stavano nascoste oltre le nuvole fitte, mente Parigi e San Pietroburgo erano bagnate dallo stesso fiume, impercettibile dagli occhi e sensibile al mio vagabondare. Proust e Dostoevskij, in compagnia di Čechov abitano in questo pomeriggio invernale, mentre “Un’immensa distesa a est del cuore, ecco ciò che si era spalancato in me a questa prima lettura, grazie al potere dei nomi, delle immagini, e anche quelle mappe che precisavano l’itinerario…”*. 
Le parole oggi sono la mappa per decifrare la città invisibile che abita in me.

E.P.
* Philippe Jaccottet La parola Russia
a cura di Antonella Anedda
Donzelli Editore 2004

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