«Scrivere
invece non richiede la soluzione necessaria e corretta di un problema, e
permette l'espressione di un qualcosa che non è richiesto dalla pagina vuota.
Lo scrittore si esprime liberamente, e spera che ciò che fa sia la risposta a
qualche domanda che il lettore pone a se stesso, e non a lui».
(...)
«Ci
sono due aspetti, nell'essere scrittore. C'è la mente analitica, matematica,
che si sforza di seguire il corso dei pensieri per raggiungere un obiettivo, e
può addirittura cercare di effettuare delle costruzioni mentali: l'architetto
morto e sepolto dentro di me, mi condiziona in quella direzione. Ma c'è anche
la mente poetica, sensitiva, che sospende la razionalità per sintonizzarsi su
una musica interna, o sfruttare un improvviso e inaspettato momento di
ispirazione. Per poter essere scrittori bisogna riuscire a coniugare la
mentalità analitica con la sensibilità poetica, in un continuo ed equilibrato
compromesso tra la pianificazione razionale e il surrealismo irrazionale. È per
questo che mi piace scrivere romanzi!».
(...)
«Borges
diceva sempre che, al posto di Henry James, lui avrebbe scritto un raccontino,
invece di un romanzone. Ma così dicendo fingeva di non capire cosa fosse l'arte
del raccontare una storia. Il fatto è che i romanzi non sono solo costruzioni
metafisiche, o strutture immaginarie che tentano di trascendere la realtà. Sono
anche modi di generare e trasmettere il piacere di esprimere sentimenti,
descrivere ambienti, trovare le parole giuste al momento giusto. Ma
naturalmente Borges era troppo furbo per non sapere tutto questo, e giocava
pure lui col lettore, alla sua maniera».
Orhan Pamuk intervistato da Piergiorgio Odifreddi
Repubblica 21 febbraio 2013
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