Ars poetica - I
La poesia dev'essere scritta altrettanto bene quanto la prosa.
La lingua dev'essere bella e in nessun modo allontanarsi dalla parola detta, se non per un'accresciuta intensità (cioè semplicità).
Non devono esservi parole libresche, niente perifrasi, niente inversioni.
Dev'essere semplice come la prosa di Maupassant e dura come quella di Stendhal.
Non sono ammesse le interiezioni, non le parole che volano via nel nulla.
Ammesso che non si può ad ogni colpo far centro, sia almeno questa l'intenzione.
Il ritmo deve avere un significato. Non può essere una semplice partenza, senza presa, senza stretta sulle parole e il senso.
Niente clichés, niente frasi fatte, stereotipie giornalistiche.
Il solo modo di sfuggire a questo è la precisione, che è il risultato di un'attenzione concentrata a ciò che si sta scrivendo.
La prova di uno scrittore è la sua capacità di simile concentrazione e la sua facoltà di rimanere concentrato finché non sia arrivato alla fine del suo lavoro, siano due versi o duecento.
Oggettività e ancora oggettività ed espressione.
Niente code al posto delle teste, niente aggettivi a cavalcioni (come "putridi muschi fradici").
Niente, niente che non si possa in qualche momento, nella stretta di qualche emozione, effettivamente dire.
Ogni letteralismo, ogni parola libresca sgretola via un pezzetto della pazienza del lettore, un po' del suo sentimento della vostra sincerità.
Quando uno sente e pensa veramente, egli balbetta le parole più semplici.
La lingua è fatta di cose concrete.
Espressioni generiche in termini non-concreti sono pigrizia; sono conversazione non creazione.
Il solo aggettivo che valga la pena di usare è l'aggettivo essenziale al senso del passaggio.
Mai l'aggettivo decorativo.
Ezra Pound
tradotto da Cristina Campo
in La tigre assenza
Adelphi 1991
2 settimane fa
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