a Etty Hillesum
Le cose che facevano parte di
me erano nel tuo lento accumulare:
api che ronzavano alla finestra,
il ramo di glicine addormentato
nel bicchiere, il libro d’ore di Rilke,
l’acero rosso che contava le stagioni,
il desiderio di poter dominare
tutte le parole e tutto mettere in
parole, suoni, immagini per
dare conto a quelli che verranno
della tua esperienza amorosa
con una primavera.
“Ma ci sono anche dei giorni in cui
egli invecchia, i minuti gli passavano
sopra come anni” scriveva il poeta
all’amico Ewald. E ora che gli anni
sono passati sui tuoi giorni ritornati
nella sabbia, come l’ultima onda prima
del tramonto seppellisce il mare,
tu che capivi la certezza della fine e
hai scelto di restare per essere il balsamo
di molte ferite.
“I cieli si stendono dentro di me
come sopra di me” scrivevi, sapendo
che tu sola potevi essere misura a
te stessa: la ragazza che non voleva
inginocchiarsi, che aveva iniziato
a costruirsi una casa pietra su pietra.
Incantata dal glicine odoroso, hai aperto
le mani e lasciato rotolare melodiosamente
il mondo fino alla mano di Dio e ti sei
immersa per cercare nel profondo i tesori
che vi giacciono senza possedere gli strumenti,
sapendo fabbricarli dal nulla delle parole.
Oggi io sono qui nel cuore luminoso
di un giorno invernale, a indovinare
il glicine che sarà fiorito nella tua
primavera amorosa.
Elena Petrassi
gennaio- febbraio 2013
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