I più illustri scrittori di racconti in Inghilterra sono d’accordo, dice Murry, che come autrice di storie Katherine Mansfield era hors concours. Non ha avuto seguaci, né alcun critico è stato in grado di definire la qualità della sua opera. Ma i lettori dei suoi diari saranno ben contenti di non occuparsi di tale questione. Nel suo diario non interessa la qualità della sua scrittura o l’ampiezza della sua fama, ma lo spettacolo di una mente – una mente terribilmente sensibile – che recepisce e registra una dopo l’altra tutte le impressioni casuali e disparate di otto anni di vita. Per la Mansfield il diario era un compagno, qualcuno con cui aveva un rapporto di tipo mistico. «Vieni amico mio invisibile, sconosciuto» dice nell'iniziare un nuovo volume. In esso annotava dei fatti: il tempo, un impegno preso; descriveva brevi scene; analizzava il suo stesso carattere; descriveva un piccione, o un sogno, o una conversazione. Niente avrebbe potuto essere più frammentario; niente più intimo. Sentiamo, leggendolo, che stiamo osservando una mente sola con se stessa; una mente che così poco pensa a un pubblico da usare un tipo di scrittura stenografica di sua invenzione e che, come è incline a fare la mente quando si chiude nella sua solitudine, si divide in due e conversa con se stessa. Katherine Mansfield parla di Katherine Mansfield.
incipit della recensione ai diari di Katherine Mansfield
«A Terribly Sensitive Mind», Nation&Athenaeum, 10 settembre 1927
Virginia Woolf
Voltando pagina
Saggi 1904-1941
a cura di Liliana Rampello
Il Saggiatore 2011
2 settimane fa
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