Fra tutti i romanzi di quell'epoca (il Settecento), il mio preferito è Tristam Shandy di Laurence Sterne. Uno strano romanzo. Sterne lo apre con la rievocazione della notte in cui Tristam fu concepito, ma ha appena incominciato a parlarne che viene sedotto da un’altra idea, e questa, per libera associazione, richiama un’altra riflessione, e poi un altro aneddoto, cosicché a una digressione ne segue un’altra e Tristam, l’eroe del libro, viene dimenticato per un buon centinaio di pagine.
Questa maniera stravagante di costruire il romanzo potrebbe sembrare un semplice gioco formale. Ma, nell'arte, la forma è sempre qualcosa di più di una forma. Ogni romanzo, che lo voglia o no, propone una risposta alla domanda: che cosa è l’esistenza umana e dove sta la sua poesia? I contemporanei di Sterne, Fielding per esempio, hanno saputo gustare soprattutto il fascino straordinario dell’azione e dell’avventura. Diversa è la risposta sottintesa nel romanzo di Sterne: per lui la poesia non sta nell'azione, ma nell’interruzione dell’azione.
Forse qui, indirettamente, si è avviato un grande dialogo fra il romanzo e la filosofia. Il razionalismo del Settecento si fonda sulla famosa frase di Leibniz: nihil est sine ratione. Nulla di ciò che esiste è senza ragione. Spinta da questa convinzione, la scienza si accanisce a esaminare il perché di ogni cosa, col risultato che tutto ciò che esiste sembra spiegabile, dunque calcolabile. L’uomo cui preme che la sua vita abbia un senso rinuncia a qualunque gesto che non abbia una sua causa e un suo scopo. Tutte le biografie sono scritte in questo modo. La vita appare come una luminosa traiettoria di cause, di effetti, di fallimenti e di successi, e l’uomo, fissando lo sguardo impaziente sul concatenamento causale dei suoi atti, accelera ancor di più la sua folle corsa verso la morte.
Di fronte a questa riduzione del mondo alla successione causale degli avvenimenti, il romanzo di Sterne, con la sua sola forma, dichiara: la poesia non è nell'azione, ma là dove l’azione si ferma; là dove si spezza il ponte fra una causa e un effetto, e dove il pensiero vagabonda in una libertà dolce e oziosa. La poesia dell’esistenza, dice il romanzo di Sterne, è nella digressione. È nell'incalcolabile. È agli antipodi della causalità. È sine ratione, senza ragione. È agli antipodi della frase di Leibniz.
Milan Kundera
L'arte del romanzo
traduzione di Ena Marchi
Adelphi 1988
2 settimane fa
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