Cosa nasconde il cuore di una persona? Bice Mortara Garavelli è una donna apparentemente felice. Il suo Manuale di Retorica è giunto alla sedicesima edizione. Da più di 60 anni la lingua italiana è il suo territorio di caccia. Una laurea con il grande Benvenuto Terracini conseguita a Torino negli anni Cinquanta sulle parentesi e gli incisi. Bice è una donna arguta, curiosa. Vive a Torino con un marito che è stato un importante magistrato e compagno di banco di Umberto Eco. Mario Garavelli coltiva l'arte della discrezione.
È una presenza costante nella vita di Bice. Ma, in un certo senso, invisibile. Almeno è ciò che percepisco, tuffandomi nella vita di questa donna che mi accoglie con una eleganza mentale trafelata, dubbiosa, tormentata. Ma anche ironica.
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Dove ha studiato?
"Università di Torino. Mi laureai nel 1954 con una tesi sulle incidentali nelle proposizioni. Più semplicemente sulle parentesi".
Meraviglioso. Scelse l'argomento più superfluo che ci fosse.
"Superfluo? Forse. Ma un enunciato parentetico aggiunge, chiarisce, caratterizza. Nella scrittura l'inciso è segnalato da parentesi tonda, virgole, lineette. In quello orale da un cambio dell'intonazione della voce".
È come chiudere una frase dentro una gabbia, sacrificarla per meglio far risplendere il resto della proposizione.
"L'ordine della lingua richiede gerarchie, ma altresì scoppi di libertà, divagazioni".
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Qual è il fascino della retorica?
"Direi l'arte di persuadere".
E il limite?
"La capacità di ingannare".
In un politico?
"Se è sprovvisto del senso della cosa pubblica la menzogna diventerà essa stessa cattiva persuasione ".
Quanto incide la retorica in pubblicità?
"Tantissimo. Ma in modo inconsapevole. Un brano pubblicitario mette in gioco tutti i congegni della retorica, ma senza esserne profondamente cosciente ".
La retorica è una forma di potere?
"È il potere di "fare presa" sui destinatari. Ma per catturare le persone cui ci si rivolge bisogna identificarsi con loro. Le diverse maniere di raggiungere tale identificazione sono l'oggetto della retorica".
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Non crede che la retorica ci abbia allontanati dalla verità?
"Nietzsche aveva compreso che il linguaggio è eminentemente retorico e che per questo non vive di verità ma di assenza di verità. Le mobili metafore non sono il riflesso della realtà ma la sua falsificazione o trasformazione".
Come reazione a tutto questo ha deciso di occuparsi del silenzio?
"Anche il silenzio è un linguaggio. Un modo di parlare senza usare le parole. In letteratura e in poesia il silenzio è accostato alla notte, al buio, alle ombre. Ma anche alla quiete e alla pace, come suggerisce Leopardi. Il silenzio vive in ogni tristezza ci ricorda Walter Benjamin; ma alberga anche nell'indicibile come sperimentò Primo Levi ad Auschwitz".
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E lei dove cerca la verità?
"Non lo so. Essa ci appare brutale, drammatica, o magari meravigliosa, solo in alcune circostanze. Non bastano tutte le icone della letteratura, né le figure della lingua per dirci cos'è la verità. Quando penso agli animali che rifiutano il cibo ho la sensazione che in quel dolore o in quell'approssimarsi alla morte si nasconda la verità".
frammenti della bellissima intervista, della serie Straparlando, di Antonio Gnoli a Bice Mortara Garavelli
Repubblica domenica 15 novembre 2015
3 settimane fa
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