(...) Dietro le lettere, esisteva per la Woolf un secondo livello di scrittura: quello del Diario. La voce spumeggiante della conversazione e della corrispondenza si placava: ora parlava, a bassa voce, quasi in silenzio, con se stessa, qualche volta con la sua anima. Non doveva più sedurre nessuno, né essere sedotta da nessuno. Poteva scrivere sempre sul diario, anche quando era troppo turbata per leggere o comporre romanzi. Era l'assoluto confidente: l'amico col quale poteva aprirsi sempre; sebbene non gli dicesse mai tutto, perché il luogo
dell'assoluta rivelazione era soltanto la letteratura. Le dava rifugio, riposo, calma, certezza: sopratutto fondamento; senza di esso, si sentiva perduta. Voleva che nella sua vita non ci fossero tempi vuoti: tutto doveva essere scrittura, tranne quel poco che si dissipava nelle parole parlate.
Così si esercitava: faceva le sue gamme; lavorava a certi effetti, scioglieva e slegava lo stile. Una volta, pose addirittura il diario al di sopra dei romanzi. Pensò a un libro fatto interamente, unicamente e senza riserve di pensieri. "Supponiamo che io possa afferrarli prima che si cambino in opera d' arte. Afferrarli al volo quando ci vengono inopinatamente allo spirito". (...)
Pietro Citati
I fantasmi di Virginia Woolf
Repubblica 20 gennaio 1999
2 settimane fa
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