giovedì 24 settembre 2015

Per scrivere bisogna immergersi in uno stato di non-consapevolezza

E fu così che mi misi a scrivere romanzi: perché è ben strano ma la gente è
disposta a darti un’automobile se in cambio gli racconti una storia. E, cosa ancora più strana, non c’è niente di più piacevole al mondo che raccontare delle storie. È molto più divertente che recensire romanzi famosi. Eppure, se voglio ubbidire all'invito della vostra segretaria e parlarvi delle mie esperienze professionali come scrittrice di romanzi, devo raccontarvi la stranissima
esperienza che mi capitò in quanto scrittrice di romanzi. E per capirla dovete prima cercare di immaginarvi lo stato d’animo di un romanziere. Spero di non tradire alcun segreto professionale se vi dico che il più grande desiderio di un romanziere è di rimanere il più possibile in uno stato di non-consapevolezza. Il romanziere deve indursi uno stato di perpetuo letargo. Ha bisogno che la
vita proceda con la massima tranquillità e regolarità. Ha bisogno di vedere sempre le stesse facce, di leggere sempre gli stessi libri, di fare sempre le stesse cose giorno dopo giorno, mese dopo mese, mentre scrive, in modo che nulla spezzi l’illusione in cui vive: in modo che nulla turbi o interrompa le misteriose esplorazioni e perlustrazioni, i guizzi, gli scatti e le improvvise scoperte di quello spirito così timido ed elusivo che è l’immaginazione creativa. Credo che questo stato mentale sia uguale per gli uomini come per le donne. Comunque sia, vorrei che vi immaginaste una ragazza seduta con in mano una penna che per minuti, per ore anzi, non viene intinta nel calamaio.
L’immagine che mi viene in mente quando penso a questa ragazza è l’immagine di un pescatore che giace immerso nei sogni sulla riva di un lago profondo con la lenza protesa sull'acqua. La ragazza dunque lasciava scorrere incontrollata l’immaginazione dietro ogni roccia, dentro ogni fessura del mondo che giace sommerso nelle profondità del nostro essere inconscio. Ed ecco l’esperienza, l’esperienza che credo sia molto più comune tra le donne che scrivono che non tra gli uomini. La lenza le scorreva veloce tra le dita. L’immaginazione aveva preso slancio. Aveva toccato le pozze, le profondità, i luoghi oscuri dove stanno assopiti i pesci più grossi. A quel punto ci fu uno sconquasso. Ci fu un’esplosione. Schiuma e confusione ovunque. L’immaginazione era andata a
cozzare contro qualcosa di duro. La ragazza fu strappata al suo sogno. Era anzi precipitata in uno stato di angoscia acuta e dolorosa. Fuori di metafora, aveva pensato a qualcosa, qualcosa che riguardava il corpo, che riguardava le passioni, che era sconveniente per lei, come donna, esprimere.


Virginia Woolf
Voltando pagina
Saggi 1904-1941

a cura di Liliana Rampello
Il Saggiatore 2011


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