Preludio
Nessuno ascolta il tempo
né vola in orbita, cieco
leggendo sogni
nell’albero cavo del mentre
Nessuno gioca nel silenzio
in quest’ombra mattutina
muovendo la pedina
sulla pietra che spinge
Nessuno è più il tempo di sé
un ritaglio nello specchio
a evitare la menzogna,
carte che non riesci a confondere
Ti accorgi ora che noi siamo
la parola migliore,
non pane né assenzio, la passione
di chi è già in ginocchio.
Vorrei aspettarti se il terreno
non mi lasciasse ad ogni passo
e sparisse nel mio petto
ad ogni respiro
Padre, nel buio tu pensi
a quel germoglio ch’è già
vita e stelo
rifugio d’energia.
La strada che percorri
è sempre sdegno e rincorsa
perché non sono con te
La mia è un cuscino di legno
senz’odore né cesello,
strada che non conosco.
La tua strada attraverso
con piede d’incenso,
l’occhio bianco nel sole
E non vedo non colgo non sono
e pur sento che mi scopri,
levando la cenere
dal rimpianto
Brezza brillante
emersa dall’acqua della vita
scuote la fibra
dalle foglie
Abbiamo sofferto ma sappiamo
amare questo nostro vivere
oltre il dolore
occhi sbarrati
ai confini del verificato,
e l’anima più non scotta come
labbra convulse di neonato
E restiamo, nell’ora e nel tempo
nel silenzio e nella luce,
restiamo nelle sillabe
rapiti come stranieri.
Dario Arkel
Ritrovarsi a Esztergom
Atì editore 2015
2 settimane fa
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