Kayyâm, nei mattini d'estate,
basta avere una foglia in bocca
il sole dei giardini ci ubbriaca meglio del tuo vino
che noi non berremo.
Abbiamo, dopo di te,
bevuto in ben altre cantine.
Abbiamo la gola rossa
dei nostri vini d'Occidente,
o mio vecchio, melodico persiano.
Ma la tua dolce infanzia di filosofo
questa è un gran dono.
Tu hai guardato il mondo
tra nebbie e per distanze siderali.
Tu hai potuto iridare
di primordiali curiosità
l'ombra della vita. Dove tutto non era
che disperata certezza
tu hai fatto domande,
proposto accordi e tutto era concluso.
E quando, non la durezza
della faccia di Dio,
pietosamente a te ascosa,
ma la tua carne stanca
ti rimbrottava,
da quell'oscuro e flebile scontento
nasceva la grazia d'un ritmo.
Così dell'umano
viaggio eludesti
le premesse fatali,
convinto di non saperle
e illuso di doverle ricercare.
E questo era il buon vino,
Kayyâm.
Il dio che ti propiziava
questa bevanda d'inganni
faceva la tua fortuna
e il tuo canto.
E tu libavi alle rose
del tuo ridente sepolcro,
non sospettando, o impavido,
che la tua vita era già un cimitero fiorito.
Vincenzo Cardarelli
Poesie
Mondadori 1942
2 settimane fa
Nessun commento:
Posta un commento