giovedì 15 luglio 2010

Il linguaggio della notte

 
L’estate è la stagione delle riletture. Ogni anno pesco dalla libreria dei libri da tenere e rileggo volumi che appartengono al passato, alla gioventù, all’apprendistato. Da ragazza leggevo sempre i libri dove gli scrittori parlano di libri, di scrittura, dell’arte di narrare, del perché si scrive, del come si scrive. Non che adesso non lo faccia più, anzi, ma l’occhio che guarda e lo spirito che esplora sono molto diversi da allora. Uno dei libri divorati nell’estate del 1986 è Il linguaggio della notte di Ursula K. Le Guin, pubblicato allora dagli Editori Riuniti e mai più ristampato. Mi piace rileggere e vedere se le sottolineature, i simboli e le note di lettura cadono sugli stessi temi o se sono cambiati i punti di attenzione. In questo caso la risposta è sì, molte cose sono cambiate, in me e nel mondo. La caduta del muro, la disfatta del comunismo reale, la globalizzazione, internet, matrix erano tutte cose inimmaginabili e a distanza di anni mi sembra che cercare di capire il mondo e i propri simili fosse davvero più facile. Non posso non chiedermi dove la storia ha scartato per portarci in un presente claustrofobico che non dovrebbe essere così, non dopo le due guerre mondiali, la Shoah, la Resistenza, il boom economico, il femminismo, il sessantotto. Perché le origini non hanno portato a un mondo più solidale e giusto? Perché le donne vivono in nazioni patriarcali pre-moderne e in Italia sono trattate per lo più come graziose gallinelle da compagnia e da decoro? Perché i vecchi non vogliono invecchiare e i giovani faticano a crescere? Perché tutti si rassegnano ai diktat della moda, della pubblicità, della chirurgia estetica? Credo che le donne dovrebbero ribellarsi, per se stesse, per il piacere di invecchiare senza patemi, per il privilegio di vedere i propri capelli diventare bianchi, noi che siamo cresciuti in tempo di pace e di prosperità economica. Credo che anche i giovani dovrebbero ribellarsi a questa società che non si cura di loro, che nega dignità agli anni di studio e fatica, che nega la dignità del lavoro e li costringe a essere eterni stagisti, minorenni a vita. Il libro della Le Guin da cui parte questa divagazione, è pieno di riflessioni politiche oltre che di spunti interessanti sulla scrittura, sulla fantascienza e sulla fantasy. La fantascienza negli anni sessanta e settanta pareva la letteratura del futuro. Invece siamo sommersi di letteratura gialla, omicidi e ispettori, come se la realtà fosse ridotta solo a questo. Intendiamoci anch’io leggo gialli e polizieschi, non d’estate però, di solito li accumulo e li leggo durante le vacanze di natale. Non mi perdo un libro di Camilleri e Montalbano, di Alicia Gimenez Bartlett e Pedra Delicado, di Fred Vargas e Adamsberg, di Carofiglio e Guido Guerrieri. Però nei libri cerco anche altro, cerco le cose che non so e quelle che non sapevo di sapere, e quelle che credevo di sapere ma erano sbagliate. Nella poesia l’eccedenza di senso, la ricerca di trascendenza sono ancora più forti. La poesia deve trascinarmi nella luce e elevarmi nell’oscurità. Sulla poesia contemporanea credo che tornerò perché qui la deviazione sarebbe troppo lunga. Chiudo con qualche frammento sparso della Le Guin della quale mi toccherà andare a rileggere i due libri più belli La mano sinistra delle tenebre, cioè The left hand of darkness, e I reietti dell’altro pianeta il cui titolo originale The dispossessed è tutta un’altra cosa. Chissà se la casa editrice Nord li ristamperà prima o poi.
E ora i frammenti:

Coloro che rifiutano di ascoltare i draghi sono probabilmente condannati a passare la loro vita nella rappresentazione degli incubi dei politici. Ci piace pensare di vivere nella luce del sole, ma il mondo per metà è sempre nelle tenebre; e la fantasia, come la poesia, parla il linguaggio della notte.

L’esercizio di un’arte significa continuare a cercarne l’orlo estremo.

Leggiamo i libri per scoprire chi siamo. Che cosa fanno, pensano e sentono altre persone, reali o immaginarie, o che cosa hanno fatto, pensato e sentito, o che cosa potrebbero fare, pensare e sentire, è una guida fondamentale per poter comprendere che cosa siamo e potremmo diventare noi stessi. Una persona che non abbia mai conosciuto un altro essere umano non potrebbe essere capace di introspezione più di un terrier o di un cavallo; può darsi (ma è improbabile) che riesca a mantenersi vivo, ma non potrà sapere niente di se stesso, per quanto a lungo abbia vissuto con se stesso. E la persona che non avesse mai sentito raccontare o letto un racconto, un mito, una parabola, o una storia, rimarrebbe ignara delle altezze e degli abissi dei suoi stessi sentimenti e del suo spirito, non saprebbe davvero pienamente che cosa sia essere umano. Perché il racconto, da Tremotino a Guerra e pace è uno degli strumenti fondamentali, inventati dalla mente dell’uomo, per conquistare il giudizio. Ci sono state grandi culture che non usavano la ruota, ma non ci sono state culture che non narrassero storie.

Essere liberi, in fondo, non vuol dire non avere disciplina. Direi che la disciplina dell’immaginazione in realtà può essere il metodo o la tecnica fondamentale sia dell’arte che della scienza. È il nostro puritanesimo, con il suo insistere che disciplina significa repressione o punizione, a rendere confusa la materia. Disciplinare qualcosa, nel significato corretto della parola, non vuol dire reprimerla, ma coltivarla, incoraggiarla a crescere, ad agire, a fruttificare, sia che si tratti di un albero di pesche che della mente di un uomo.

Di solito i maghi sono attempati o senza età, fatto decisamente corretto e fedele agli archetipi. Ma che cosa erano prima di avere barbe bianche? Come hanno imparato quella che è chiaramente un’arte erudita e pericolosa? Esistono istituti per l’istruzione di giovani maghi?
(Chissà se la Rowlings si è ispirata alla Le Guin per iniziare a scrivere la storia di Harry Potter???)

L’artista che si spinge più profondamente dentro di sé, ed è un viaggio doloroso, è l’artista che più ci tocca nell’intimo, che più ci parla in modo chiaro.

Nessun commento: