venerdì 31 dicembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/663. Il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito

 

Così finisce anche questo 2021, non l’anno della rivoluzione, ma l’anno della prosecuzione, in continuità con il 2020, ingessato dalla pandemia, addolorato per i morti, deluso dai vaccini che non hanno contribuito a costituire la tanto agognata immunità di gregge, ma a rendere meno letali le conseguenze del virus, che non è poco, ma non è abbastanza rispetto al nostro desiderio di tornare a una vita “normale”. Così questo dannato virus ha finito col somigliare al virus del raffreddore, pervasivo, contagioso e inevitabile. Per questo vaghiamo per la città molto silenziosa stanchi, forse un po’ sfiduciati, ma sempre pieni di speranza. Almeno, io lo sono piena di speranza, piena di gioia, nonostante tutto. Perché anche questo 2021 è stato un anno di ricchezza interiore, di progetti, di scrittura, di amicizia. Soprattutto di grandi amicizie, nuove e antiche, imprescindibili. Oggi sono uscita con la mia amica poetessa Annalisa Manstretta, una delle più valenti della nostra generazione. Al contrario di quanto facciamo di solito abbiamo parlato pochissimo di poesia e molto di cosmetici, profumi, vestiti, viaggi e desiderio di una vita più ricca di movimento e di novità. Un desiderio di leggerezza, di cose belle, di calore umano. Così questa Cronaca 663 di venerdì 31 dicembre, l’ultima del secondo anno senza Carnevale, la dedico a lei, all’amicizia e alle scoperte letterarie. Parte di questo brano lo ha scritto Moreno Montanari, nuovo amico, sulla sua pagina FB. Così mi sono procurata il libro Un po’ di compassione di Rosa Luxemburg, un volumetto che contiene una lettera alla sua amica  Sonja Liebknecht:

 

“È il mio terzo Natale in gattabuia, ma non fatene una tragedia. Sono calma e serena come sempre. Ieri sono rimasta a lungo sveglia–adesso non riesco ad addormentarmi prima dell’una, però devo essere a letto già alle dieci–, così, al buio, i miei pensieri vagano come in sogno. Ieri dunque pensavo: quanto è strano che, senza alcun motivo particolare, io viva sempre in un’ebbrezza gioiosa. Me ne sto qui, ad esempio, in questa cella oscura, sopra un materasso duro come la pietra, intorno a me nell’edificio regna come di regola un silenzio di tomba, sembra di essere rinchiusi in un sepolcro: attraverso la finestra si disegna sul soffitto il riflesso della lanterna accesa l’intera notte davanti al carcere. Di tanto in tanto si sente, cupo, lo sferragliare di un treno che passa in lontananza; oppure, più vicina, proprio sotto la finestra, la guardia che si schiarisce la voce e per sgranchirsi le gambe fa lentamente qualche passo con i suoi stivaloni. La sabbia stride in modo così disperato, sotto quei passi, che nella notte scura e umida si sente risuonare tutta la desolazione e lo sconforto dell’esistenza. Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell’oscurità, della noia, della prigionia invernale–e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito. E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità. E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare. E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta orecchio. In quei momenti penso a voi, a quanto mi piacerebbe potervi dare la chiave di questo incanto, perché vediate sempre e in ogni situazione quel che nella vita è bello e gioioso, perché anche voi possiate sentire questa ebbrezza e camminare su un prato dai mille colori. Non intendo in alcun modo saziarvi d’ascetismo, di gioie immaginarie. Vi concedo, anzi, ogni reale piacere dei sensi. Vorrei soltanto donarvi, in aggiunta, la mia inesauribile letizia interiore, così da poter essere serena riguardo a voi, pensando che attraversate l’esistenza avvolta in un mantello trapunto di stelle, in grado di proteggervi da quanto è meschino, dozzinale e angosciante.”

 

Buon Anno Nuovo, Buon 2022. Vi auguro ogni bene, soprattutto di provare questa gioia che viene dalla vita stessa.

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