domenica 27 settembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/203: una voce stonata nel coro del mondo (che continua a cantare)

Tutto il parlare e leggere di scuola, bambini e didattica a distanza continua a farmi riflettere su come stanno i bambini, su chi sono i bambini.

 Prima di tutto i bambini non sono angioletti innocenti, i bambini sanno essere crudeli tra loro, sono egoisti e testardi, certo. Ma non c’è sguardo di bambino sul mondo che non abbia la freschezza di un’alba neonata.

 Vi ricordate com’era essere bambini? Vi ricordate la gioia del ritrovare i compagni di gioco e di scuola? La gioia di stare in braccio a mamma, papà o qualunque altra persona adulta ci volesse bene?

 Non sto cercando di dipingere un ritratto idilliaco dell’infanzia e dei bambini, tanta gente rimuove il dolore e la crudeltà dell’infanzia. Quelli che ricordano molto, di solito, sono gli artisti. Come se non avere interrotto l’esile legame con l’alba della propria vita, fosse una condizione necessaria per creare nuove opere anche quando il tramonto si avvicina.

 Correre mi piaceva più di tutto. E saltare verso il cielo per vedere se ero abbastanza brava per arrivarci. Anche mia madre saltava allo stesso modo. Andare in bicicletta, giocare a nascondino. Stare con la testa immersa in un libro per tutto il pomeriggio.

Libri e bambini sono sempre un binomio vincente, perché i bambini conoscono le parole come se fossero farfalle posate sui fiori e amano le storie, perché sanno con il corpo e con la mente, per puro istinto, che noi esseri umani siamo fatti di storie ripetute, di boschi immensi e minacciosi, di sorgenti e sentieri. I bambini conoscono ancora la strada per la terra delle fate e di notte arrivano in quella del sogno molto prima di noi.

Per questo leggere storie e favole ai bambini è importante e fa bene sia a loro che a noi adulti. Mi dispiace, e pure mi irrita, quando altri adulti mi dicono “sì, ma mica tutti i bambini sono così fortunati, le guerre e le carestie e le migrazioni…”. So queste cose, le so molto bene e proprio per questo sono sempre più convinta che la scelta quotidiana di fare del bene, la scelta di lottare contro il male che ognuno ha dento di sé, sia ancora più importante. Il bene si comincia a farlo con chi ci sta intorno. È nel qui e adesso che possiamo fare qualcosa per il mondo.

Noi occidentali siamo stati formidabili nel creare e prolungare all’infinito l’infanzia e ancor più l’adolescenza. Che sono fasi della vita provvisorie che conducono alla maturità e poi al declino e alla scomparsa. Tutti i sistemi complessi, e anche quelli semplici per dirla tutta, si comportano allo stesso modo.

Non tutti gli adulti si ricordano dei bambini che sono stati, non tutti riescono a prendersi cura perché hanno dimenticato. Non ricordano com’era cantare in un coro e pensare di essere l’unica voce stonata. Non tutti ricordano la paura di non farcela, la paura di deludere i genitori, di non essere all’altezza delle aspettative delle maestre.

Cerchiamo le tracce dei bambi che siamo stati, gioiosi o tristi lo siamo stati tutti. Cerchiamo quelle tracce nella nostra memoria, cerchiamole nei libri e lasciamo che quei bambini tornino ad affacciarsi e ci donino lo sguardo nuovo sul mondo che le difficoltà della vita hanno offuscato.

Parliamo con i bambini e ridiamo con loro, giochiamo, leggiamo le stesse favole e lasciamo che la gioia ci sorprenda e ci salti al collo come fanno i gatti, così, all’improvviso e senza motivo.

 

Questa Cronaca domenicale nasce il ventisettesimo giorno dell’anno senza Carnevale e mi fa compagnia insieme alle favole che sto rileggendo, mentre la bambina che sono stata mi sorride in una foto del giorno del mio primo compleanno. 

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