sabato 5 settembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/181: affacciata alla mia finestra guardo la spiaggia di Helgoland

 

Leggo, li saluto, da molti prendo commiato, so che non ci sarà una nuova lettura. Con la maggior dei libri, delle storie e dei personaggi è così, non ci saranno ritorni, riaperture, un secondo o terzo incontro.

Leggere è un po’ come stare affacciati alla finestra a guardare i passanti. Non al balcone, perché il balcone implica una comodità da divano, una bibita, un tempo lento. La finestra ci fa stare un po’ appesi, incerti, ogni minimo rumore ci fa voltare e aguzzare le orecchie. Di rado capita che un passante alzi lo sguardo fino a noi. Così possiamo guardare e immaginare in santa pace. Per una volta e per quella soltanto.

Un libro è una finestra, a volte una porta, a volte un salto nel buio. Il mondo che leggiamo diventa il mondo che vediamo, dentro di noi, che ascoltiamo, dentro di noi, dove viviamo, almeno con la mente, mentre il corpo se ne sta raggomitolato su una poltrona, allungato sul divano, ben dritto a una scrivania.

Oggi la giornata è trascorsa a metà tra il divano e la scrivania dove ho continuato a leggere il nuovo libro del fisico Carlo Rovelli. Helgoland, il titolo del volume, è un’isola del Mare del Nord dove, nel giugno del 1925 Werner Heisenberg, che aveva ventitre anni, ha avuto le intuizioni che lo hanno portato a gettare le fondamenta della fisica quantistica. I rudimenti di fisica che ho studiato i primi due anni di superiori non mi forniscono particolari vantaggi per arrivare a comprendere in pieno quello che Rovelli scrive a proposito dei quanti. Ma leggerlo è una sfida intellettuale di quelle che mi appassionano, come accadde a suo tempo con gli altri suoi libri, grazie ai quali sono riuscita a comprendere il tempo e il suo ordine, a contemplare la bellezza della matematica e dell’universo e a occuparmene nel mio mondo di parole e poesia. Quelli di Rovelli sono libri che diventano amici, un solo sguardo fugace non basta. Bisogna leggere e sottolineare, tornare indietro, fermarsi a riflettere e poi riprendere, portati verso una più alta forma di conoscenza, grazie alla sforzo intellettuale di un uomo che riesce a rendere comprensibili cose che non lo sono, almeno di primo acchito.

 

La realtà non è solo quella che ci appare, l’universo non è solo materia, ma energia e onde. Quando noi guardiamo, la realtà muta, la nostra partecipazione osservante è uno dei fattori che condizionano quel che accade.

Mi ha commosso che Rovelli abbia variato la storia di Erwin Schrödinger da gatto vivo-gatto morto a gatto sveglio-gatto addormentato. In una nota a piè di pagina precisa che “nella versione originale la boccetta conteneva un veleno, non un sonnifero, e il gatto non si addormentava, moriva. Ma non mi piace scherzare sulla morte di un gatto”. Arrivata, quindi, a pagina 64 ieri sera, ho capito che questo libro sarebbe andato a fare compagnia agli altri libri di Rovelli su uno degli scaffali dedicati ai libri che voglio rileggere almeno una volta nella vita.

 

Per la prima volta, quest’estate, sono riuscita a disfarmi di libri che sapevo non avrei mai più riaperto. Sono una bibliofila, amo i libri anche per la loro forma, odore, consistenza. Ma ho accettato, infine, di essere una creatura mortale e che i libri possono tornare in circolo ed essere amati anche da altre persone.

La mia finestra-biblioteca si affaccia su un ampio mondo dove posso scorrazzare come una farfalla da fiore a fiore, come una lupa che corre nella prateria insieme al suo compagno, come il vento che spettina nuvole, capelli e pensieri.

I libri sono una grande consolazione, oltre che uno strumento di conoscenza. Mi dispiace sempre, e l’ho già scritto, per chi non ha abitudine nel frequentarli.

La giornata di oggi è trascorsa più quieta, rassegnata. Ho davvero sognato Gattina che dormiva sulla mia spalla questa notte. In un’altra realtà lei sta dormendo e io l’accarezzo.

Le consolazioni dei libri sono anche queste: essere qui e altrove con chi amiamo.

 

Questa Cronaca è stata scritta nel tardo pomeriggio del quinto giorno di settembre, un sabato, dell’anno senza Carnevale. Niente poesie oggi, se ne stanno a sonnecchiare nella punta delle mie dita, forse domani, arriveranno. Il tramonto della fotografia è davvero sull’isola di Helgoland.


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