sabato 15 giugno 2013

Elogio della brevità alla Hemingway

Si dice che gli editori non amino pubblicare i libri di racconti perché secondo loro i racconti non si vendono bene, mentre i romanzi sì. A me pare che questo non corrisponda a verità e che tutto dipenda dal fatto che scrivere un bel libro di racconti è forse meno frequente che scrivere un bel romanzo. Credo anche che i racconti siano, e non abbiano mai cessato di essere, il fulcro della narrativa. E si leggono inoltre in un tempo più breve. Questo della brevità è un tema su cui ci si potrebbe soffermare per un momento perché mi ricorda quello che in modo provocatorio disse Borges in un'intervista. 
Disse: «I romanzi sono organismi troppo grossi, gonfi di cose troppo pesanti e troppo inutili. La forma letteraria perfetta può essere soltanto il racconto, che permette di concentrarsi direttamente sull'essenziale, come fa la poesia...». Anche se dopo, in un' altra intervista, Borges si corresse e riconobbe che la sua era stata una boutade, tuttavia in quella provocazione era implicito un sentimento che oggi molto spesso affiora nell'animo di uno scrittore, il sentimento che ormai tutti i romanzi siano stati scritti e che forse è inutile rifarli perché ogni trama ne vale un' altra e ogni fatto somiglia a un «fatto diverso» che la televisione ogni giorno ci propina. 

Raffaele La Capria
incipit dell'articolo pubblicato 
sul Corriere della Sera del 6 febbraio 2008

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