domenica 24 maggio 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/77: l’esperienza dell’alba e le mutazioni del fuoco


Il pensiero s’innamora spesso delle stesse immagini e se il pensiero è innamorato io pure lo sono.

Mi sono alzata prima ancora dell’alba oggi, perché il mio pensiero desiderava vedere l’alba e io e il mio pensiero eravamo tutt’uno.

È stato bello vedere come è sparita la coperta della notte, via! In un attimo il cielo è virato dal grigio all’azzurro e poi al rosa.

Il mondo era vuoto e silenzioso, neanche le rondini erano ancora uscite, così mi sono seduta sul gradino della ringhiera e sono rimasta a contemplare le mutazioni della luce, non una ma molte, quanti erano i colori che la accompagnavano.

Le cose si trasfondono una nell’altra all’alba, è il dono della notte al giorno nuovo.

Le mutazioni, il continuo cambiare colore e forma sono, e so di averlo già scritto, uno dei miti fondanti di questa civiltà cui appartengo.

La mutazione della materia in altra materia è una delle ossessioni di filosofi, alchimisti e fisici.

Già Eraclito diceva:

“Mutazioni del fuoco: da prima mare, e dal mare una metà terra e una metà fiamma in cielo”.

L’aria non è contemplata in questo frammento di cosmogonia e credo di sapere perché.

All’aria appartengono le parole che vengono pronunciate da tutti gli umani. Parole interrogative e filosofiche da alcuni, parole di tempo per altri, parole di vita quotidiana per altri ancora.

Svelare il mistero delle parole, le logiche combinatorie che sostengono ogni lingua è il compito immane che si è dato il nuovo ospite che è stato lieto di scoprire il nome della nostra casa, qui ai piedi delle Montagne della Nebbia.

Quando li ho sentiti arrivare ho lasciato il mio angolo di contemplazione nella città silenziosa e li ho raggiunti con la forza del mio desiderio.

Il guerriero sapiente e la sacerdotessa camminavano affiancati e ciascuno era affiancato dal volo maestoso di un’aquila.

I lupi, il poeta e il re sono andati a dargli il benvenuto. Il re è così curioso che non si è rammaricato del lungo viaggio della regina che ancora non arriva.

La sacerdotessa aveva già preparato una stanza per lui. Alla Casa delle Parole sono spuntate quattro torri che salutano i punti cardinali. A lui, di cui ancora non sappiamo il nome, anche se a dire il vero nessuno ha mai rivelato il proprio nome agli altri ospiti di questa casa incantata, la sacerdotessa ha destinato la torre che guarda a Oriente. Il luogo da cui lui viene e le cui lingue reca con sé. La sacerdotessa dice che è un uomo fuori dal comune, che da giovane ha salvato un’antica città e la sua biblioteca da una distruzione certa. Non saprei dargli un’età perché ha voce giovane e occhi verdi che scintillano. È gentile, ride volentieri, ma non ha, almeno oggi, molta voglia di intrattenersi con gli altri ospiti. Il poeta gli regala un suo libro, il re lo ascolta come si ascoltano gli aruspici, cercando di cogliere indizi laddove ci sono solo resti inanimati. La sacerdotessa mi ha detto che lui è un veggente, che l’ha chiamata a sé da secoli lontanissimi e che sapeva che lei lo stava cercando e che lo avrebbe aspettato. Il guerriero sacerdote, perché questo è, non guarda nessuno se non la sua sacerdotessa, le è devoto con tutto se stesso e insieme condividono un’antica sapienza che stanno rivelando l’uno all’altra e io spero che poi si volgeranno al mondo e ci daranno frammenti e parole che ci siano di guida e d’ispirazione. Fremo dalla curiosità, ma niente distoglie quegli sguardi amorosi dalla loro muta conversazione. Presto la sacerdotessa e il guerriero si ritirano nella Torre Orientale e la giornata prende un’altra piega.


“Quanti fuochi, quanti soli, quante aurore, quante mai sono le acque? Non ve lo dico per sfida, o voi Padri. Lo chiedo per sapere, o voi poeti”.

Così recita il guerriero come commiato e noi che restiamo nella sala comune della Casa delle Parole accogliamo le domande, perché ciascun fuoco è una domanda, ciascuna aurora lo è, così come ogni acqua che stia sulla terra in forma di oceano, mare o fiume è una domanda, e domande sono l’acqua che dorme nelle nuvole e la pioggia che altro non è che l’amore delle nuvole per la terra da cui non possono più stare lontane.

In queste domande, in molte altre domande, sta il senso del nostro scrivere.

Lo sa il poeta che torna al suo tavolo, lo sa il re che inizia una nuova lettera per la sua regina, lo sanno i lupi, quando la lupa dà un colpetto al muso del suo lupo e lui si china a strofinarsi, lo so anch’io che di questo mondo e dell’altro insieme sono la narratrice.


Dell’alba di questa mattina e di tutte le aurore,

Dell’alba di questa mattina e di tutte le aurore,
del sole che risorge da un lato e si addormenta dall’altro,
delle acque che cambiano forma più veloci del nostro
immaginarle, della terra che sembra dormire mentre
sotto una superficie vasta e profonda, tutti gli alberi
parlano e scambiano idee,
delle bestie di questo creato che congiunge il mito a
un desiderio, di tutte queste voci che il fuoco ha
forgiato, io sono la custode e la donatrice.
Basta che io apra le mani dopo avere scritto,
basta che voi apriate le vostre dopo avere letto.
E le domande troveranno le risposte giuste nel momento
in cui le avrete pensate. E le risposte saranno domande senza punti
ma con un microcosmo che ciascuna contiene e che
le contiene tutte.

Un fremito dell’aria annuncia due visitatori alle mie spalle.
Sono già tornati il sacerdote e la sacerdotessa, sono tornati perché anche loro vogliono leggere queste mie parole.
Lascio i fogli a galleggiare nella luce del tramonto, dall’altra parte del mondo è quasi giorno ed è di certo amore per questa vita che continua e si rinnova.
Nonostante tutto, grazie a tutto, grazie al fuoco che muta gli elementi e poi ritorna alla sua fiamma originaria.


La citazione di Eraclito è tratta da
I Frammenti e le Testimonianze
Frammento 39
a cura di Carlo Diano e Giuseppe Serra
Fondazione Lorenzo Valla /Arnoldo Mondadori Editore 1980


La citazione dai Rgveda 10, 88, 18
è in esergo al libro di

Roberto Calasso

L'ardore
Adelphi 2010

Dell’alba di questa mattina e di tutte le aurore,
è una mia poesia inedita, scritta per questa Cronaca 77.

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