Con animo furente hai navigato lontano dalla casa
paterna, varcando le doppie rocce del mare, e abiti una terra straniera.
Medea
Da cinque giorni la pioggia colava senza tregua su Algeri, aveva finito per
inzuppare persino il mare. Dall'alto d’un cielo che sembrava inesauribile
s’abbattevano sul golfo incessanti acquazzoni, tanto spessi da diventare
vischiosi. Nella baia senza contorni, il mare si gonfiava grigio e molle come
una grande spugna. Ma la superficie delle acque sembrava quasi immobile sotto
la pioggia costante. Solo di tanto in tanto un largo moto impercettibile
sollevava sul mare un vapore torbido che veniva ad approdare al porto, sotto la
cinta dei viali inzuppati. Anche la città, con tutti i suoi muri bianchi
gocciolanti d’umidità, esalava un vapore che veniva incontro al primo. Da
qualunque parte ci si voltasse, sembrava che si respirasse acqua: l’aria
insomma si beveva. Io camminavo di fronte al mare affogato; aspettavo, in
quell'Algeri decembrina che per me rimaneva la città delle estati. Ero fuggito
dalla notte d’Europa, dall'inverno dei volti. Ma anche la città delle estati
s’era vuotata delle sue risa e mi offriva solo schiene curve e lucenti. La
sera, nei caffè violentemente illuminati in cui mi rifugiavo, leggevo la mia
età su visi che riconoscevo senza poter dar loro un nome. Sapevo soltanto che
erano stati giovani con me e non lo erano più.
Albert Camus
L'estate e altri saggi solari
Ritorno a Tipasa
in Saggi letterari
traduzione di C. Pastura, S. Perrella, S. Morando, E. Capriolo
Bompiani 1966