mercoledì 5 novembre 2014

Una poetica della lontananza: le lettere Elizabeth Bishop e Robert Lowell

Sul numero di Poesia, storica e imperdibile rivista edita da Crocetti, nel nuovo numero ora in edicola 


è stata pubblicata la recensione che ho dedicato al'epistolario di Elizabeth Bishop e Robert Lowell Scrivere lettere è sempre pericoloso.



Eccone un assaggio:

"...una storia che ha intessuto una vera e propria poetica della lontananza. Come se Orfeo avesse scritto a Euridice per trent'anni e lei – qui sta la sorpresa – gli avesse risposto o addirittura scritto per prima precedendolo nei luoghi della poesia. La poetica della lontananza ha sue peculiarità, si nutre di distanza nel tempo e nello spazio, di desiderio inappagato e soprattutto di nostalgia. Buona parte delle lettere di Cal si chiude con una sola domanda, variamente articolata, che è sempre la stessa: “quando verrai?”. E dopo gli incontri, non frequenti ma intensi, una certezza si instilla nelle anime dei due poeti americani, che questa amicizia è più forte di qualunque distanza, problema o altro amore e che sopravviverà a ogni cosa.
“Le mie poesie sembreranno più blu dell’Oceano Pacifico quando sarai qui”, scrive Cal nell’attesa dell’arrivo di Elizabeth che vive, siamo nell’aprile del 1957, ormai stabilmente in Brasile e dopo quell’incontro lei gli scrive “santo cielo! Che bello parlarti al telefono, sembravi sempre lo stesso!”. Ma entrambi mutavano, nelle speranze e nei progetti e anche le loro voci poetiche andavano consolidandosi. Sempre nel 1957, a dicembre, è Cal a riconoscere il debito che la sua poesia ha nei confronti di quella della Bishop “il passo in avanti mi ha portato dove tu sei sempre stata” e ancora “quando cominceremo a scrivere vere poesie? Io ho la netta sensazione di non averlo mai fatto. Una sensazione che invece non ho con le tue”. Elizabeth è pronta a smontare, come fa spesso, questa vena malinconica di Cal: “ Ma con «il passo in avanti mi ha portato dove tu sei sempre stata» che diavolo intendi dire? Io non sono andata proprio da nessuna parte, sai. Se non a quelle prime panchine dove sedersi e riposare, sotto una pergola di lato, all’inizio del dedalo…”.
“Ti ho scritto molte lettere con l’immaginazione” scrive la Bishop, e di immaginazione si è nutrita questa relazione che li faceva muovere come le due lancette di un orologio da un capo all’altro del mondo, sempre lontani e di rado così vicini da poter sentire l’uno la voce dell’altra. "

Elena Petrassi

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