Complice il vento che rende l’aria tersa e sottolinea i contorni delle cose, il mondo è nitido e luminoso. Ma non è solo la vista a godere di questa inusuale condizione climatica a Milano. Sono i profumi e gli odori nell’aria che mi sorprendono quando esco di casa.
Prima riconosco il profumo della pasticceria, uova, zucchero bruciato, farina lievitata.
Subito dopo benzina e olio di motori dal meccanico. Giro il primo angolo e una giovane donna odora di muschio bianco, un profumo persistente che mi accompagna sino alla terza casa della via che sto percorrendo e arrivo alla cancellata ricoperta di gelsomini in fiore. Mi avvicino ai fiori bianchi che conservano ancora l’umidità della notte e strofino il viso. Il profumo è talmente forte che mi sembra di averli mangiati. Felice come un gatto che gioca con l’erba gatta, proseguo il mio cammino. Passo davanti a un bar da cui esce un magnifico aroma di caffè appena fatto ma non faccio in tempo ad assaporarlo che dal forno del prestinaio si diffonde nell’aria il profumo dei profumi: pane appena sfornato. L’ultimo effluvio che mi cattura è quello del forno a legna della rosticceria. L’odore del legno che brucia nei camini è un anticipo di autunno ma oggi è legna che arde nel focolare di mia nonna e la stagione è la piena estate mediterranea. Così complice il vento, traccio una mappa degli odori di questa città senza mare.
Ma che in me evoca poesia. Quella che segue l’ho scritta nel 2003 ed è tratta dal mio primo libro Il calvario della rosa.
Prima riconosco il profumo della pasticceria, uova, zucchero bruciato, farina lievitata.
Subito dopo benzina e olio di motori dal meccanico. Giro il primo angolo e una giovane donna odora di muschio bianco, un profumo persistente che mi accompagna sino alla terza casa della via che sto percorrendo e arrivo alla cancellata ricoperta di gelsomini in fiore. Mi avvicino ai fiori bianchi che conservano ancora l’umidità della notte e strofino il viso. Il profumo è talmente forte che mi sembra di averli mangiati. Felice come un gatto che gioca con l’erba gatta, proseguo il mio cammino. Passo davanti a un bar da cui esce un magnifico aroma di caffè appena fatto ma non faccio in tempo ad assaporarlo che dal forno del prestinaio si diffonde nell’aria il profumo dei profumi: pane appena sfornato. L’ultimo effluvio che mi cattura è quello del forno a legna della rosticceria. L’odore del legno che brucia nei camini è un anticipo di autunno ma oggi è legna che arde nel focolare di mia nonna e la stagione è la piena estate mediterranea. Così complice il vento, traccio una mappa degli odori di questa città senza mare.
Ma che in me evoca poesia. Quella che segue l’ho scritta nel 2003 ed è tratta dal mio primo libro Il calvario della rosa.
Altri luoghi
Quasi al fondo della strada mi afferra
il profumo dei gelsomini e il cielo
si allarga di un azzurro improvviso
Questa è la città di pietra che mi sfila
il grano dei giorni e nel buio offre
riparo e sollievo agli assenti
Quindi è il vento portato dai rami
a strapparmi i giornali intonsi e
mi spinge a guardare la casa assopita
Quello del pesce è profumo
della città mediterranea che
si alza nel tempo e divora
le terre, le distanze, i confini.
Quasi al fondo della strada mi afferra
il profumo dei gelsomini e il cielo
si allarga di un azzurro improvviso
Questa è la città di pietra che mi sfila
il grano dei giorni e nel buio offre
riparo e sollievo agli assenti
Quindi è il vento portato dai rami
a strapparmi i giornali intonsi e
mi spinge a guardare la casa assopita
Quello del pesce è profumo
della città mediterranea che
si alza nel tempo e divora
le terre, le distanze, i confini.
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