Aprile è il mese più crudele; cresce
lillà da terre morte, mischia
memoria e desiderio, turba
pigre radici con acque di primavera.
L’inverno ci tenne caldi, avvolse
la terra in obliosa neve
nutriva poca vita con secchi tuberi.
L’estate ci sorprese...
T. S. Eliot frammento di The Waste Land
tradotto da Cristina Campo
La tigre assenza
Adelphi 1991
April is the cruellest month, breeding
Lilacs out of the dead land, mixing
Memory and desire, stirring
Dull roots with spring rain.
Winter kept us warm, covering
Earth in forgetful snow, feeding
A little life with dried tubers.
Summer surprised us...
Elena Petrassi: Una città è un sogno di cemento e pietra sognato da centinaia di anni: io sono il sogno. Milano parla, io racconto Milano e il mondo visto e immaginato da questo sogno. Raccolgo frammenti dal mondo e dai libri e li trascrivo.
sabato 30 aprile 2016
venerdì 29 aprile 2016
la mattina dentro la quale io entro
MATTINA
Come un frutto che mostra
Aperto a metà
La freschezza del centro
Così è la mattina
Dentro la quale io entro
Sophia de Mello Breyner Andresen
12 poesie tratte da Livro Sextotraduzione di Roberto Maggiani
Semicerchio - rivista di poesia comparata
XXXIX 2008
MANHÃ
Como um fruto que mostra
Aberto pelo meio
A frescura do centro
Assim é a manhã
Dentro da qual eu entro
giovedì 28 aprile 2016
il rumore del mare con il passare del vento, quando non sarò più l'abitazione del tempo
La poesia
La poesia mi condurrà nel tempo
Quando non sarò più l’abitazione del tempo
E passerò solitaria
Dentro le mani di chi legge
La poesia qualcuno la dirà
Alle messi
Il suo passaggio si confonderà
Come il rumore del mare con il passare del vento
La poesia abiterà
Lo spazio più concreto e più attento
Nell’aria chiara nelle sere trasparenti
Le sue sillabe rotonde
(O antiche o lunghe
Eterne sere lisce)
Anche se morirò la poesia incontrerà
Una spiaggia dove infrangere le sue onde
E fra quattro pareti dense
Di profonda e divorata solitudine
Qualcuno il suo proprio essere confonderà
Con la poesia nel tempo
Sophia de Mello Breyner Andresen
12 poesie tratte da Livro Sextotraduzione di Roberto Maggiani
Semicerchio - rivista di poesia comparata
XXXIX 2008
O poema
O poema me levará no tempo
Quando eu já não for a habitação do tempo
E passarei sozinha
Entre as mãos de quem lê
O poema alguém o dirá
Às searas
Sua passagem se confundirá
Como o rumor do mar com o passar do vento
O poema habitará
O espaço mais concreto e mais atento
No ar claro nas tardes transparentes
Suas sílabas redondas
(Ó antigas ó longas
Eternas tardes lisas)
Mesmo que eu morra o poema encontrará
Uma praia onde quebrar as suas ondas
E entre quatro paredes densas
De funda e devorada solidão
Alguém seu próprio ser confundirá
Com o poema no tempo
Livro sexto
mercoledì 27 aprile 2016
Il gesto chiaro della mano, l'istante reale di apparizione e di sorpresa
Nella poesia
Trasferire il quadro il muro la brezza
Il fiore il bicchiere la lucentezza del legno
E la fredda e vergine liquidità dell'acqua
Nel mondo della poesia terso e rigoroso
Il fiore il bicchiere la lucentezza del legno
E la fredda e vergine liquidità dell'acqua
Nel mondo della poesia terso e rigoroso
Preservare da decadenza morte e rovina
L'istante reale di apparizione e di sorpresa
Guardare in un mondo chiaro
Il gesto chiaro della mano toccando la tavola
L'istante reale di apparizione e di sorpresa
Guardare in un mondo chiaro
Il gesto chiaro della mano toccando la tavola
Sophia de Mello Breyner Andresen
12 poesie tratte da Livro Sextotraduzione di Roberto Maggiani
Semicerchio - rivista di poesia comparata
XXXIX 2008
No poema
Transferir o quadro o muro a brisa
A flor o copo o brilho da madeira
E a fria e virgem liquidez da água
Para o mundo do poema limpo e rigoroso
A flor o copo o brilho da madeira
E a fria e virgem liquidez da água
Para o mundo do poema limpo e rigoroso
Preservar de decadência morte e ruína
O instante real de aparição e de surpresa
Guardar num mundo claro
O gesto claro da mão tocando a mesa
O instante real de aparição e de surpresa
Guardar num mundo claro
O gesto claro da mão tocando a mesa
Livro sexto
martedì 26 aprile 2016
il tuo bacio dura come urto impossibile di stelle, come lo spazio che a un tratto divampa
Vieni sempre, vieni
Non ti accostare. La tua ardente fronte,
le orme dei tuoi baci,
il fulgore che anche di giorno sento se ti accosti,
lo splendore contagioso che resta nelle mani,
il fiume luminoso dove affondo le braccia,
dove non oso bere perché temo dopo la dura vita della stella.
Viva in me non ti voglio come vive la luce,
astro di solitudine fuso con la sua fiamma,
cui l’amore si nega attraverso lo spazio
duro e azzurro che separa,
dove ogni stella inaccessibile
è un deserto gemente che invia la sua tristezza.
Brilla la solitudine nel mondo senza amore.
L’esistenza è una vivida corteccia,
una rugosa pelle immobile
dove l’uomo non può trovare il suo riposo,
benché inclini il suo sogno contro un pianeta spento.
Non ti accostare. La tua fronte raggiante, carbone acceso che mi strappa a me stesso,
fulgido lutto dove di colpo morire mi tenta
e bruciarmi le labbra al tuo tocco indelebile,
disfare la mia carne contro il tuo ardente diamante.
Non ti accostare, perché il tuo bacio dura come urto impossibile di stelle,
come lo spazio che a un tratto divampa,
etere diffusore dove la distruzione dei mondi
è un solo cuore che totale arde.
Vieni, vieni come l’oscuro carbone spento che racchiude morte;
vieni come la notte cieca che mi accosta il suo volto;
vieni come due labbra segnate dalla rossa,
lunga linea che fonde i metalli.
Vieni, vieni, mio amore; vieni, ermetica fronte, rotondità ruotante,
orbita che brillando mi muori tra le braccia;
vieni come due occhi o fonde solitudini,
imperiose chiamate di un abisso che ignoro.
Amore, vieni, morte; vieni ché ti distrugga;
voglio uccidere o amare, morire o darti tutto;
vieni, leggera pietra che precipiti,
turbata come luna che mi chiede i miei raggi!
Vicente Aleixandre
La distruzione o Amore
traduzione di Francesco Tentori Montaldo
Einaudi 1970
Ven, siempre ven
No te acerques. Tu frente, tu ardiente frente, tu encendida frente,
las huellas de unos besos,
ese resplandor que aun de día se siente si te acercas,
ese resplandor contagioso que me queda en las manos,
ese río luminoso en que hundo mis brazos,
en el que casi no me atrevo a beber, por temor después a ya una dura vida de lucero.
No quiero que vivas en mí como vive la luz,
con ese ya aislamiento de estrella que se une con su luz,
a quien el amor se niega a través del espacio
duro y azul que separa y no une,
donde cada lucero inaccesible
es una soledad que, gemebunda, envía su tristeza.
La soledad destella en el mundo sin amor.
La vida es una vívida corteza,
una rugosa piel inmóvil,
donde el hombre no puede encontrar su descanso,
por más que aplique su sueño contra un astro apagado.
Pero tú no te acerques. Tu frente destellante, carbón encendido que me arrebata a la propia conciencia,
duelo fulgúreo en que de pronto siento la tentación de morir,
de quemarme los labios con tu roce indeleble,
de sentir mi carne deshacerse contra tu diamante abrasador.
No te acerques, porque tu beso se prolonga como el choque imposible de las estrellas,
como el espacio que súbitamente se incendia,
éter propagador donde la destrucción de los mundos
es un único corazón que totalmente se abrasa.
Ven, ven, ven como el carbón extinto oscuro que encierra una muerte;
ven como la noche ciega que me acerca su rostro;
ven como los dos labios marcados por el rojo,
por esa línea larga que funde los metales.
Ven, ven, amor mío; ven, hermética frente, redondez casi rodante
que luces como una órbita que va a morir en mis brazos;
ven como dos ojos o dos profundas soledades,
dos imperiosas llamadas de una hondura que no conozco.
¡Ven, ven, muerte, amor; ven pronto, te destruyo;
ven, que quiero matar o amar o morir o darte todo;
ven, que ruedas como liviana piedra,
confundida como una luna que me pide mis rayos!
Non ti accostare. La tua ardente fronte,
le orme dei tuoi baci,
il fulgore che anche di giorno sento se ti accosti,
lo splendore contagioso che resta nelle mani,
il fiume luminoso dove affondo le braccia,
dove non oso bere perché temo dopo la dura vita della stella.
Viva in me non ti voglio come vive la luce,
astro di solitudine fuso con la sua fiamma,
cui l’amore si nega attraverso lo spazio
duro e azzurro che separa,
dove ogni stella inaccessibile
è un deserto gemente che invia la sua tristezza.
Brilla la solitudine nel mondo senza amore.
L’esistenza è una vivida corteccia,
una rugosa pelle immobile
dove l’uomo non può trovare il suo riposo,
benché inclini il suo sogno contro un pianeta spento.
Non ti accostare. La tua fronte raggiante, carbone acceso che mi strappa a me stesso,
fulgido lutto dove di colpo morire mi tenta
e bruciarmi le labbra al tuo tocco indelebile,
disfare la mia carne contro il tuo ardente diamante.
Non ti accostare, perché il tuo bacio dura come urto impossibile di stelle,
come lo spazio che a un tratto divampa,
etere diffusore dove la distruzione dei mondi
è un solo cuore che totale arde.
Vieni, vieni come l’oscuro carbone spento che racchiude morte;
vieni come la notte cieca che mi accosta il suo volto;
vieni come due labbra segnate dalla rossa,
lunga linea che fonde i metalli.
Vieni, vieni, mio amore; vieni, ermetica fronte, rotondità ruotante,
orbita che brillando mi muori tra le braccia;
vieni come due occhi o fonde solitudini,
imperiose chiamate di un abisso che ignoro.
Amore, vieni, morte; vieni ché ti distrugga;
voglio uccidere o amare, morire o darti tutto;
vieni, leggera pietra che precipiti,
turbata come luna che mi chiede i miei raggi!
Vicente Aleixandre
La distruzione o Amore
traduzione di Francesco Tentori Montaldo
Einaudi 1970
Ven, siempre ven
No te acerques. Tu frente, tu ardiente frente, tu encendida frente,
las huellas de unos besos,
ese resplandor que aun de día se siente si te acercas,
ese resplandor contagioso que me queda en las manos,
ese río luminoso en que hundo mis brazos,
en el que casi no me atrevo a beber, por temor después a ya una dura vida de lucero.
No quiero que vivas en mí como vive la luz,
con ese ya aislamiento de estrella que se une con su luz,
a quien el amor se niega a través del espacio
duro y azul que separa y no une,
donde cada lucero inaccesible
es una soledad que, gemebunda, envía su tristeza.
La soledad destella en el mundo sin amor.
La vida es una vívida corteza,
una rugosa piel inmóvil,
donde el hombre no puede encontrar su descanso,
por más que aplique su sueño contra un astro apagado.
Pero tú no te acerques. Tu frente destellante, carbón encendido que me arrebata a la propia conciencia,
duelo fulgúreo en que de pronto siento la tentación de morir,
de quemarme los labios con tu roce indeleble,
de sentir mi carne deshacerse contra tu diamante abrasador.
No te acerques, porque tu beso se prolonga como el choque imposible de las estrellas,
como el espacio que súbitamente se incendia,
éter propagador donde la destrucción de los mundos
es un único corazón que totalmente se abrasa.
Ven, ven, ven como el carbón extinto oscuro que encierra una muerte;
ven como la noche ciega que me acerca su rostro;
ven como los dos labios marcados por el rojo,
por esa línea larga que funde los metales.
Ven, ven, amor mío; ven, hermética frente, redondez casi rodante
que luces como una órbita que va a morir en mis brazos;
ven como dos ojos o dos profundas soledades,
dos imperiosas llamadas de una hondura que no conozco.
¡Ven, ven, muerte, amor; ven pronto, te destruyo;
ven, que quiero matar o amar o morir o darte todo;
ven, que ruedas como liviana piedra,
confundida como una luna que me pide mis rayos!
lunedì 25 aprile 2016
Non vi sarà più primavera, nulla verrà più
Enigma (1967)
Per Hans Werner Henze, al tempo degli Ariosi (*)
Nulla verrà più.
Non vi sarà più primavera.
Almanacchi millenari lo predicono a tutti.
Ma nemmeno estate e altre cose
che recano il bell'attributo « estivo » —
nulla verrà più.
Non devi assolutamente piangere,
dice una musica.
Nessun
altro
dice
qualcosa.
(*) l'epoca degli "Ariosi", indicata nella dedica, è il 1963 e la composizione di Henze riguarda poesie di Torquato Tasso, per soprano, violino e orchestra
Enigma (1967)
Für Hans Werner Henze aus des Zeit der Ariosi
Nichts mehr wird kommen.
Frühling wird nicht mehr werden.
Tausendjährige Kalender sagen es jedem voraus.
Aber auch Sommer und weiterhin, was so gute Namen
wie »sommerlich« hat -
es wird nichts mehr kommen.
Du sollst ja nicht weinen,
sagt eine Musik.
Sonst
sagt
niemand
etwas.
Per Hans Werner Henze, al tempo degli Ariosi (*)
Nulla verrà più.
Non vi sarà più primavera.
Almanacchi millenari lo predicono a tutti.
Ma nemmeno estate e altre cose
che recano il bell'attributo « estivo » —
nulla verrà più.
Non devi assolutamente piangere,
dice una musica.
Nessun
altro
dice
qualcosa.
Ingeborg Bachmann
Poesie
traduzione di Maria Teresa Mandalari
Guanda 1988
(*) l'epoca degli "Ariosi", indicata nella dedica, è il 1963 e la composizione di Henze riguarda poesie di Torquato Tasso, per soprano, violino e orchestra
Enigma (1967)
Für Hans Werner Henze aus des Zeit der Ariosi
Nichts mehr wird kommen.
Frühling wird nicht mehr werden.
Tausendjährige Kalender sagen es jedem voraus.
Aber auch Sommer und weiterhin, was so gute Namen
wie »sommerlich« hat -
es wird nichts mehr kommen.
Du sollst ja nicht weinen,
sagt eine Musik.
Sonst
sagt
niemand
etwas.
domenica 24 aprile 2016
E nelle rime respira quell’amore che qui si sopporta a fatica
Mia bella, tutta la struttura,
tutta la sua sostanza mi va a genio,
tutta arde dal desío di farsi musica
e tutta è bramosa di rime.
tutta la sua sostanza mi va a genio,
tutta arde dal desío di farsi musica
e tutta è bramosa di rime.
Ma nelle rime si spegne il destino
e la dissonanza dei mondi fa ingresso
come una verità nel nostro piccolo mondo.
e la dissonanza dei mondi fa ingresso
come una verità nel nostro piccolo mondo.
E la rima non è replica di righe,
ma gettone per la guardaroba,
cedola per un posto accanto alle colonne
nel brontolío d’oltretomba di túberi e grembi.
ma gettone per la guardaroba,
cedola per un posto accanto alle colonne
nel brontolío d’oltretomba di túberi e grembi.
E nelle rime respira quell’amore
che qui si sopporta a fatica,
dinanzi al quale aggrottiamo le ciglia,
corrugando la radice del naso.
che qui si sopporta a fatica,
dinanzi al quale aggrottiamo le ciglia,
corrugando la radice del naso.
E la rima non è replica di righe,
ma permesso d’entrata per dare,
come un mantello in cambio d’una placca,
il pesante fardello dei mali,
la paura del chiasso e del peccato
in cambio della sonora placca del verso.
ma permesso d’entrata per dare,
come un mantello in cambio d’una placca,
il pesante fardello dei mali,
la paura del chiasso e del peccato
in cambio della sonora placca del verso.
Mia bella, tutta la sostanza,
tutta la tua struttura, mia bella,
mozza il fiato e sospinge al cammino
e sospinge a cantare e diletta.
tutta la tua struttura, mia bella,
mozza il fiato e sospinge al cammino
e sospinge a cantare e diletta.
A te innalzò le sue preghiere Policleto.
Le tue leggi sono promulgate.
Le tue leggi nelle distanze degli anni.
Tu mi sei nota da tempi lontani.
Le tue leggi sono promulgate.
Le tue leggi nelle distanze degli anni.
Tu mi sei nota da tempi lontani.
Boris Leonidovič Pasternak
Poesie
traduzione di Angelo Maria Ripellino
Einaudi 1957
sabato 23 aprile 2016
La pioggia crea la sua notte
La pioggia crea la sua notte, lunghe mattinate con le lampade
accese.
Erba lunga di spiaggia incollata al pavimento vicino alle tue
scarpe,
polline della scorsa estate si alza da zanzariere bagnate.
Questo è ordine, questi cumuli che riempiono spiazzi fra noi,
indumenti aggrappati alle sedie, le tue scarpe in un guscio
di fango.
La pioggia forte ha un odore come se venisse dalla terra.
La luce umana dentro le nostre finestre, calma aranciata
di stanze viste dall'esterno. Il posto dove ci diamo da soli,
dandoci al sonno. Circondati dalla garanzia verde di una foresta,
dal tulle di ferro di cielo e mare,
mentre la notte, la pioggia, fila giù attraverso gli alberi.
Anne Michaels
Quello che la luce insegna
traduzione e cura di Francesca Romana Paci
Giunti 2000
accese.
Erba lunga di spiaggia incollata al pavimento vicino alle tue
scarpe,
polline della scorsa estate si alza da zanzariere bagnate.
Questo è ordine, questi cumuli che riempiono spiazzi fra noi,
indumenti aggrappati alle sedie, le tue scarpe in un guscio
di fango.
La pioggia forte ha un odore come se venisse dalla terra.
La luce umana dentro le nostre finestre, calma aranciata
di stanze viste dall'esterno. Il posto dove ci diamo da soli,
dandoci al sonno. Circondati dalla garanzia verde di una foresta,
dal tulle di ferro di cielo e mare,
mentre la notte, la pioggia, fila giù attraverso gli alberi.
Anne Michaels
Quello che la luce insegna
traduzione e cura di Francesca Romana Paci
Giunti 2000
Rain Makes Its Own Night
Rain makes its own night, long mornings with the lamp left
on.
Lean bean grass sticks to the floor near your shoes,
last summer’s pollen rises from damp metal screens.
This is order, this clutter that fills clearings between us,
clothes clinging to chairs, your shoes in a muddy grip.
The hard rain smells like it comes from the earth.
the human light in our windows, the orange stillness
of rooms seen from outside. The place we fall to alone,
falling to sleep. Surrounded by a forest’s green assurance,
the iron gauze of sky and sea,
while night, the rain, pulls itself down through the trees.
on.
Lean bean grass sticks to the floor near your shoes,
last summer’s pollen rises from damp metal screens.
This is order, this clutter that fills clearings between us,
clothes clinging to chairs, your shoes in a muddy grip.
The hard rain smells like it comes from the earth.
the human light in our windows, the orange stillness
of rooms seen from outside. The place we fall to alone,
falling to sleep. Surrounded by a forest’s green assurance,
the iron gauze of sky and sea,
while night, the rain, pulls itself down through the trees.
venerdì 22 aprile 2016
a primavera, nel buio delle foglie...
Come il vento del nord rosso di fulmini
A primavera, quando
l'acqua dei fiumi deriva nelle gore
e lungo l'orto sacro delle vergini
ai meli cidonii apre il fiore,
e altro fiore assale i tralci della vite
nel buio delle foglie;
in me Eros,
che mai alcuna età mi rasserena,
come il vento del nord rosso di fulmini,
rapido muove: così, torbido
spietato arso di demenza, custodisce tenace nella mente
tutte le voglie che avevo da ragazzo.
Ibico
Lirici greci
tradotti da Salvatore Quasimodo
Mondadori 1944
A primavera, quando
l'acqua dei fiumi deriva nelle gore
e lungo l'orto sacro delle vergini
ai meli cidonii apre il fiore,
e altro fiore assale i tralci della vite
nel buio delle foglie;
in me Eros,
che mai alcuna età mi rasserena,
come il vento del nord rosso di fulmini,
rapido muove: così, torbido
spietato arso di demenza, custodisce tenace nella mente
tutte le voglie che avevo da ragazzo.
Ibico
Lirici greci
tradotti da Salvatore Quasimodo
Mondadori 1944
giovedì 21 aprile 2016
e lo stesso vento agita le nostre foglie
Vento
Vibra il cupo fogliame
del lauro e del verde pallido ulivo.
Anacreonte
Lirici greci
tradotti da Salvatore Quasimodo
Mondadori 1944
Vibra il cupo fogliame
del lauro e del verde pallido ulivo.
Anacreonte
Lirici greci
tradotti da Salvatore Quasimodo
Mondadori 1944
mercoledì 20 aprile 2016
Carica di pere gialle e coperta di rose selvatiche è la metà della vita
A metà della vita
Carica di pere gialle
coperta di rose selvatiche
la terra si specchia nel lago.
Dolci cigni ubriachi di baci
tuffate il capo
nell'acqua sacra, sobria.
Dove potrò mai trovare
i fiori nell'inverno?
Dove la luce del sole
e l'ombra della terra?
Pareti di gelo si ergono
mute e fredde.
Nel lago tintinnano
bandierine di ghiaccio.
Friedrich Hölderlin
Le liriche
Liriche del ritorno
Adelphi 1977
ed ecco un po' di altre traduzioni
Carica di pere gialle
e di rose selvatiche coperta
la terra si specchia nel lago.
Voi dolci cigni,
ubriachi di baci
tuffate il capo
nell'acqua sacra, sobria.
Ahimè, dove potrò trovare
I fiori nellinverno
dove del sol la luce
e della terra l’ombra?
Le pareti si ergono
mute e fredde,
nell'inverno
bandierine di ghiaccio tintinnano.
A mezzo la vita
Ricche di frutti gialli,
fiorite di rose selvagge,
si specchiano le rive
nel lago.
E voi, cigni soavi,
il capo tuffate per entro
la casta santità dell’acqua,
ebbri di baci.
Ma come, ahimè, discendano
Le nebbie d’inverno,
ove sarà ch’io trovi,
coi fiori e la luce del sole,
un’ombra almeno della dolce terra?
I muri stanno
Afoni e freddi:
scosse, sui tetti, gemono
le banderuole
nel vento
(Vincenzo Errante, 1943)
Metà della vita
Con gialle pere pende
E folta di rose selvatiche
La campagna sul lago.
O cigni soavi
Ed ebbri di baci
Tuffate il capo
Nella sacra sobrietà dell’acqua.
Ahimè, dove li prenderò io
Quando è l’inverno, i fiori
E dove il solatio
E il rezzo della terra?
Le mura si levano mute
E fredde, nel vento
Stridono le banderuole
(Giorgio Vigolo, 1958)
Il mezzo della vita
Di gialle pere il suolo
e colmo di rose selvagge
pende nel lago, voi cigni del cuore,
e il capo di baci ubriaco
nell'acqua tuffate
ch'è santa ed aspetta.
Ahimè, dove li prendo
ora ch’è inverno, i fiori, e dove
del sole la luce, della terra
l’ombra? Al freddo muti
se ne stanno i muri, nel vento
stridono le banderuole.
(Gianfranco Contini, 1941)
A mezzo della vita
Con pere gialle pende,
tutta rose selvatiche,
la terra dentro il lago,
leggiadri cigni,
ed ebbri voi di baci
immergete la testa nell'acqua sacrosobria.
Ahi, dov’è che prendo
io,
quando è l’inverno, i fiori e dove
il chiarore del sole
e l’ombra della terra?
Le mura stanno
Senza parole e fredde, al vento
Le banderuole stridono.
(Enrico De Angelis, s.d.)
A metà del vivere
Carica di pere gialle
colma di selvagge rose
la terra pende sul lago
e i cigni miti
ebbri di baci affondano il capo
nella sacra acqua digiuna.
Ahi me, dove
quando verrà l’inverno
coglierò i miei fiori,
dove luce di sole
e ombre della terra?
Muraglie stanno
fredde e mute, stridono
I segnavento.
(Enzo Mandruzzato, 1977)
Metà della vita
Con gialle pere scende
E folta di rose selvatiche
La terra nel lago,
Amatici cigni,
E voi ubriachi di baci
Tuffate il capo
Nell'acqua sobria e sacra.
Ahimè, dove trovare, quando
E’ inverno, i fiori, e dove
Il raggio del sole,
E l’ombra della terra?
I muri stanno
Afoni e freddi, nel vento
Stridono le bandiere.
(Luigi Reitani, 2001)
Hälfte des Lebens
Mit gelben Birnen hänget
Und voll mit wilden Rosen
Das Land in den See,
Ihr holden Schwäne,
Und trunken von Küssen
Tunkt ihr das Haupt
Ins heilignüchterne Wasser.
Weh mir, wo nehm ich, wenn
Es Winter ist, die Blumen, und wo
Den Sonnenschein,
Und Schatten der Erde ?
Die Mauern stehn
Sprachlos und kalt, im Winde
Klirren die Fahnen.
martedì 19 aprile 2016
e amo sempre e amo sempre più
Lettera
Vorrei scriverla proprio
con parole risapute,
le stesse, usuali,
seppure frementi
di un tocco di passione.
Forando gli oscuri
canali di argilla e ombra,
essa andrebbe raccontando
che sto bene, e amo sempre
e amo sempre più
in questa mia maniera
contorta e reticente,
e aspetto una risposta,
ma che non tardi; e chiedo
un oggetto minuscolo
solo per dar piacere
a colui che lo offre;
essa direbbe del tempo
che fa dalle nostre parti;
le piogge sono cessate,
i bambini studiano,
un’ultima invenzione
(non ancora perfetta)
fa leggere nei cuori,
ma tutti noi speriamo
di rivederci presto.
Tanto presto, non proprio.
Si sta facendo il tempo
stranamente lungo
via via che si accorcia.
Ciò che ieri scattava,
cavallo dirompente,
oggi si paralizza
in sfinge di marmo,
e anche il sonno, il sonno
che era grato e era assurdo
è un dormire sveglio
in una cupa pianura.
Rapido è il sogno, appena,
che fugge, di mandare
notizie amorose
quando non c’è amore
da dare o da ricevere;
quando è solo ricordo,
ancora meno, polvere,
meno ancora, niente
niente di niente in tutto,
in me più che in tutto,
e non serve svegliare
chi magari riposa
sulla collina spoglia.
Eppure questa è una lettera
Carlos Drummond de Andrade
Sentimento del mondo
trentasette poesie scelte e tradotte
da Antonio Tabucchi
Einaudi 1987
Sentimento del mondo
trentasette poesie scelte e tradotte
da Antonio Tabucchi
Einaudi 1987
Carta
Bem quisera escrevê-la
com palavras sabidas,
as mesmas, triviais,
embora estremecessem
a um toque de paixão.
Perfurando os obscuros
canais de argila e sombra,
ela iria contando
que vou bem, e amo sempre
e amo cada vez mais
a essa minha maneira
torcida e reticente,
e espero uma resposta,
mas que não tarde; e peço
um objeto minúsculo
só para dar prazer
a quem pode ofertá-lo;
diria ela do tempo
que faz do nosso lado
as chuvas já secaram,
as crianças estudam,
uma última invenção
(inda não é perfeita)
faz ler nos corações,
mas todos esperamos
rever-nos bem depressa.
Muito depressa, não.
Vai-se tornando tempo
estranhamente longo
à medida que encurta.
O que ontem disparava,
desbordado alazão,
hoje se paralisa
em esfinge de mármore,
e até o sono, o sono
que era grato e era absurdo
é um dormir acordado
numa planície grave.
Rápido é o sonho, apenas,
que se vai, de mandar
notícias amorosas
quando não há amor
a dar ou receber;
quando só há lembrança
ainda menos, pó,
menos ainda, nada,
nada de nada em tudo,
em mim mais do que em tudo,
e não vale acordar
quem acaso repousa
na colina sem árvores.
Contudo, esta é uma carta.
Antologia Poética
Editora Record, 1999