Ogni città è sospesa tra realtà e immaginazione, governata da leggi assurde, con l'effetto di ricordare al lettore che una città può essere assorbita solo attraverso brevi sguardi, ciascuno dei quali si fissa a un oggetto, una storia o un ricordo.
Amal Hanano
Aleppo città invisibile
su Internazionale 980 del 21 dicembre 2012
Elena Petrassi: Una città è un sogno di cemento e pietra sognato da centinaia di anni: io sono il sogno. Milano parla, io racconto Milano e il mondo visto e immaginato da questo sogno. Raccolgo frammenti dal mondo e dai libri e li trascrivo.
lunedì 31 dicembre 2012
Ogni scrittore è sempre prima di tutto un lettore
Un'altra intervista, a uno scrittore in questo caso: l'autore di best-seller Ken Follett.
È vero che non poteva guardare la Tv?
sì. E non potevo andare al cinema o a teatro, per cui leggevo moltissimo. Credo che lo avrei fatto comunque, ho imparato a 4 anni, ma se sono diventato un divoratore avidissimo di libri e oggi faccio questo mestiere è anche per questa censura infantile. Ogni scrittore è sempre prima di tutto un lettore.
Può raccontare come scrive?
Ci siamo solo io e me stesso nella stanza, circondato da libri. E davanti a me ho due monitor. A destra il libro che sto scrivendo. A sinistra Google Earth con le strade, i fiumi. Il mio personaggio si muove e io seguo passo per passo ogni suo movimento. Scrivo così.
intervista di Laura Fiengo a Ken Follett
Vanity Fair 28 novembre 2012
È vero che non poteva guardare la Tv?
sì. E non potevo andare al cinema o a teatro, per cui leggevo moltissimo. Credo che lo avrei fatto comunque, ho imparato a 4 anni, ma se sono diventato un divoratore avidissimo di libri e oggi faccio questo mestiere è anche per questa censura infantile. Ogni scrittore è sempre prima di tutto un lettore.
Può raccontare come scrive?
Ci siamo solo io e me stesso nella stanza, circondato da libri. E davanti a me ho due monitor. A destra il libro che sto scrivendo. A sinistra Google Earth con le strade, i fiumi. Il mio personaggio si muove e io seguo passo per passo ogni suo movimento. Scrivo così.
intervista di Laura Fiengo a Ken Follett
Vanity Fair 28 novembre 2012
Poesia scritta con la mano sinistra
Inizio a chiudere il 2012 con due frammenti di un'intervista al poeta e premio Nobel per la letteratura dell'anno passato Tomas Tranströmer.
Riesce a scrivere ancora?
Sì, ho sempre usato la mano sinistra, l'unica che muovo dopo l'ictus. Il computer o altri supporti tecnologici non mi sono mai serviti. Scrivo sulla carta, fino all'elaborazione finale che invece avviene con la macchina da scrivere. Ovviamente ci sono delle difficoltà ma la forma dei miei versi ora è così breve e compatta che mi basta una mano sola.
(...)
In un'intervista ha definito le sue poesie dei luoghi di incontro in cui stabilire un legame inatteso tra parti di realtà.
C'è sempre una verità che esce e una che entra, l'ispirazione è data dall'incontro di entrambe, ma queste due verità non sono mai comode. E ciò che ha l'apparenza di un confronto svela un legame.
intervista di Sebastiano Triulzi a Tomas Tranströmer
la Repubblica lunedì 24 dicembre 2012
Riesce a scrivere ancora?
Sì, ho sempre usato la mano sinistra, l'unica che muovo dopo l'ictus. Il computer o altri supporti tecnologici non mi sono mai serviti. Scrivo sulla carta, fino all'elaborazione finale che invece avviene con la macchina da scrivere. Ovviamente ci sono delle difficoltà ma la forma dei miei versi ora è così breve e compatta che mi basta una mano sola.
(...)
In un'intervista ha definito le sue poesie dei luoghi di incontro in cui stabilire un legame inatteso tra parti di realtà.
C'è sempre una verità che esce e una che entra, l'ispirazione è data dall'incontro di entrambe, ma queste due verità non sono mai comode. E ciò che ha l'apparenza di un confronto svela un legame.
intervista di Sebastiano Triulzi a Tomas Tranströmer
la Repubblica lunedì 24 dicembre 2012
domenica 30 dicembre 2012
In ogni passione avvengono prodigi
La filosofa Simone Weil era una donna di fragile durezza e di passioni estreme.
Una vita votata alla comprensione della condizione umana prima che con lo studio, attraverso la pratica e la condivisione della fatica di vivere di donne e uomini qualunque. Rigore, sobrietà, empatia, solitudine, amicizia, mente luminosa, la scelta estrema di privilegiare l'osservazione e l'esperienza diretta quasi a discapito dell'immaginazione e della speculazione filosofica. La dimensione essenziale di Simone Weil viene proposta con eleganza e partecipazione in un film toccante che ho visto ieri per la prima volta, Le stelle inquiete della regista e sceneggiatrice Emanuela Piovano.
La scelta di un episodio fondamentale nella vita della Weil, cioè il mese trascorso in campagna ospite del filosofo contadino Gustave Thibon e di sua moglie Yvette. A Thibon la Weil affidò i suoi quaderni che diventarono poi, grazie alla sua cura, il libro più noto della filosofa, L'ombra e la grazia.
Il film è ricco di citazioni e immagini che colpiscono per la loro bellezza e semplicità. Il trascorrere del tempo è segnato da un tavolo di ferro in terrazza su cui si alternano mele e noci, ciclamini, ciliegie e pesche. A volte un'immagine che ci viene offerta da altri si sovrappone a qualcosa che è proprio sotto i nostri occhi. Così da due visioni sovrapposte, dall'eco delle citazioni weiliane, dalla contemplazione di un cielo stellato, eterno e in apparenza immutabile, è nata una poesia che si chiude con la citazione che apre il film.
Una vita votata alla comprensione della condizione umana prima che con lo studio, attraverso la pratica e la condivisione della fatica di vivere di donne e uomini qualunque. Rigore, sobrietà, empatia, solitudine, amicizia, mente luminosa, la scelta estrema di privilegiare l'osservazione e l'esperienza diretta quasi a discapito dell'immaginazione e della speculazione filosofica. La dimensione essenziale di Simone Weil viene proposta con eleganza e partecipazione in un film toccante che ho visto ieri per la prima volta, Le stelle inquiete della regista e sceneggiatrice Emanuela Piovano.
La scelta di un episodio fondamentale nella vita della Weil, cioè il mese trascorso in campagna ospite del filosofo contadino Gustave Thibon e di sua moglie Yvette. A Thibon la Weil affidò i suoi quaderni che diventarono poi, grazie alla sua cura, il libro più noto della filosofa, L'ombra e la grazia.
Il film è ricco di citazioni e immagini che colpiscono per la loro bellezza e semplicità. Il trascorrere del tempo è segnato da un tavolo di ferro in terrazza su cui si alternano mele e noci, ciclamini, ciliegie e pesche. A volte un'immagine che ci viene offerta da altri si sovrappone a qualcosa che è proprio sotto i nostri occhi. Così da due visioni sovrapposte, dall'eco delle citazioni weiliane, dalla contemplazione di un cielo stellato, eterno e in apparenza immutabile, è nata una poesia che si chiude con la citazione che apre il film.
E.P.
Le noci e il melogranoancora intatti sul tavolo,due parole opposte che siattraggono, le sto cercandoquercia e pietra unichea sfidare il tempotroppo simili nella pervicaciameglio la pioggia e il ventoche passano e non sannoil sollievo della sosta.Così saranno la querciae il vento i primi oppostie la pietra con la pioggiaad accompagnare ogni ricordoche avrai lasciato, ogni parolache avrò perduto.In ogni passione avvengonoprodigi.
sabato 29 dicembre 2012
Diario d'inverno
“Una porta si è chiusa.
Un’altra si è aperta.
Sei entrato nell’inverno
della tua vita”.
La vita narrata è quella
di Paul Auster che si racconta non pronunciando mai la parola “Io”.
Per frammenti, a volte
lunghi qualche pagina, a volte poche righe, lo scrittore ricompone in un
mosaico quello che della sua vita è rimasto nella memoria.
Testimone e attore di
avvenimenti, di casualità che lo hanno portato a essere Paul Auster, racconta
dell’infanzia illuminata dall’amore materno, dei giochi sfrenati con gli altri
bambini, dei cambiamenti di un corpo di cui conosce soprattutto le mani e i
piedi, rassegnato a non sapere mai davvero nulla del suo viso che solo gli
altri vedono in continuazione. Proprio il volto dello scrittore campeggia sulla
copertina della traduzione italiana, come sempre dell’eccellente Massimo
Bocchiola, un volto assorto, preso in chi sa quali pensieri, che si staglia su
uno sfondo nero, da cui emerge come una scultura antica dove la pietra
trasmette la consistenza della carne.
Un libro di frammenti e
più ancora di liste che ricompongono la figura di Auster uomo, perché non molto
viene detto dello scrittore, così come l’ebraismo che pur presente, non è uno
degli elementi fondanti di questo libro. Liste di cicatrici, di luoghi
visitati, di case abitate nel corso di tutta la vita, di viaggi, di donne
amate, di malattie, di piccoli piaceri del corpo, dei cibi e dei dolci, del
piacere del fumo e del buon vino, del camminare, del leggere, del tradurre gli
amati poeti francesi. Tra tutte due sono le donne che emergono, la madre non
bellissima ma carina e fascinosa, divisa da sempre in tre creature, oscillante tra l’estrema
sicurezza del fascino e il panico che la paralizza e le impedisce di vivere una
vita normale. Dopo la sua morte è Paul che conosce cosa siano gli attacchi di
panico, quasi fosse un modo per tenere in vita dentro di sé, colei che lo aveva
dato alla vita. L’altra è Siri Hustvedt, donna bellissima, “alcuni fra i luoghi
più belli del mondo si trovano sul corpo di tua moglie", e talentuosa,
scrittrice come lui, con la quale condivide, ancora con stupore la vita da
quasi trentadue anni, “il grande amore che ti tese un’imboscata quando meno te
lo aspettavi”. Una vita insieme lunga e piena di gioie e di dolori,
caratterizzata soprattutto dal loro incessante conversare. L’amore coniugale è
raccontato con delicatezza e passione, ancora grato al caso, non dimentichiamo
che Auster, in ogni suo libro è il cantore del caso, per averli fatti
incontrare. Lo stesso caso che in un giorno lontanissimo fa sì che un fulmine
colpisca l’amico con cui sta giocando e risparmi lui. Così in una sequenza di
eventi, di casualità, di scelte apparenti Auster uomo diventa Auster scrittore
ed è lo scrittore, sullo sfondo ma sempre presente, che rende grazie all’uomo
che lo ospita. Un uomo che riconosce l’inverno della vita ormai iniziato, un
uomo simile a tanti altri uomini della sua epoca e che in qualche modo li
rappresenta tutti. Un libro di poche reticenze e molto pudore che ci avvicina
allo scrittore più che all’uomo perché anche in questo libro è l’uomo a essere
creato dalle parole, perché senza parole che raccontano l’uomo, Paul Auster
sarebbe solo un’ombra nel teatro della vita.
E.P.
Scrivere è la musica del corpo
Per fare quello che fai
hai bisogno di camminare. È camminare che ti porta le parole, che ti permette
di sentire il ritmo delle parole mentre le scrivi nella tua mente. Un piede
avanti, poi l’altro piede, il doppio battito di tamburo del tuo cuore. Due
occhi, due orecchie, due braccia, due gambe, due piedi. Questo, e poi quello.
Quello, e poi questo. Scrivere incomincia nel corpo, è la musica del corpo, e
anche se le parole hanno significato, possono a volte avere significato, è nella musica delle parole che i significati hanno inizio. Siedi alla tua
scrivania per scrivere le parole, ma nella mente stai ancora camminando, sempre
camminando, e quello che senti è il ritmo del tuo cuore, il battito del tuo
cuore. Mandel’stam: “Mi chiedo quante paia di sandali avrà consumato Dante
mentre lavorava alla Commedia”.
Scrivere come forma minore di danza.
Paul Auster
Diario d'inverno
traduzione di Massimo Bocchiola
Einaudi 2012
Gli scrittori sono anime danneggiate
Nel libro scrive:
"Sei senza dubbio un essere menomato e ferito, un uomo che si è portato
dentro una ferita dalla nascita (altrimenti perché avresti passato la vita a
sanguinare parole su una pagina?)"
«Tutti gli scrittori sono persone ferite. Abbiamo bisogno di ricordare e creare altri mondi, perché quello in cui viviamo arreca dolore e comunque non è sufficiente. Siamo anime danneggiate».
«Tutti gli scrittori sono persone ferite. Abbiamo bisogno di ricordare e creare altri mondi, perché quello in cui viviamo arreca dolore e comunque non è sufficiente. Siamo anime danneggiate».
Gli artisti sono sempre
infelici?
«Non sempre, ma è certo che trovano sollievo nell' arte che creano».
«Non sempre, ma è certo che trovano sollievo nell' arte che creano».
Antonio Monda intervista a
Paul Auster
La Repubblica giovedì 29
novembre 2012
venerdì 28 dicembre 2012
L'onda di Marguerite Duras
La Duras ha sempre guardato ai poeti francesi, forse stava leggendo L'Azur di Mallarmé quando scriveva queste prose e ha usato lo stesso principio di dissolvenza, parlare della rosa per dire la sua assenza. Duras innesta delle tecniche poetiche nella struttura narrativa per dissolvere così quello che cita in continuazione. La sua scrittura è una specie di deriva continua, è un'onda a ritroso. L'apice c'è subito e poi c'è questo arretramento, sino a che l'onda sparisce nel mare. Parte subito dalla cosa, la dice, per poi dissolverla.
Danilo Bramati a proposito del Mare Scritto di Marguerite Duras
Danilo Bramati a proposito del Mare Scritto di Marguerite Duras
giovedì 27 dicembre 2012
Leggere: l'ombra
Nell'estate del 1980 Marguerite Duras e Yann Andréa viaggiano con la fotografa Hélenè Bamberger. Duras guarda, Bamberger fotografa e Andréa guida l'auto.
Dimenticano. Poi nel 1994 Duras scrive alcune brevi e intense prose poetiche.
Eccone una.
Il mare scritto
traduzione di Maria Sebregondi
Archinto 1996
Dimenticano. Poi nel 1994 Duras scrive alcune brevi e intense prose poetiche.
Eccone una.
Marguerite Duras
Leggere: l'ombra.È l'ombra del balcone del nostro appartamento al Roches Noires.Non ci ricorda niente. È lì. È tutto. Lì dovestiamo quando il calore è intenso. È niente:ferro, assenza vuoto.La guerra è diventata lontana come l’età deiragazzi, come la guerra, il tempo passato inguerra. Non si sa più dov’è la guerra. A voltesi arriva perfino a non sapere più se ci sonoancora guerre, oggi o ieri.Non si sa più niente, quasi, a forza di sapereTutto. Tutto come si crede di sapere. Quel chesi dice un avanzato stato di disperazione.
Il mare scritto
traduzione di Maria Sebregondi
Archinto 1996
mercoledì 26 dicembre 2012
Leggere è avere coscienza di quel che sentiamo
Proust studioso di Ruskin... "Non aveva alcun dubbio sull'immenso valore della lettura e dello studio..."
Alain de Botton
Come Proust può cambiarvi la vita
traduzione di Livia Ferrari
Guanda 1998
La gente mediocre crede generalmente che il lasciarsi guidare così dai libri che si ammirano tolga parte della sua indipendenza alla nostra facoltà di giudicare. "Che v'importa di quel che sente Ruskin? Sentite da voi stessi." Tale opinione si fonda su un errore psicologico di cui faranno giustizia tutti coloro che, avendo accettato in questo modo una disciplina spirituale, sentono che il loro potere di comprendere e di sentire ne è infinitamente accresciuto, e il loro senso critico non ne è mai paralizzato... Non esiste via migliore per giungere ad aver coscienza di quel che sentiamo di quella di cercare di ricreare in noi quel che ha sentito un maestro. In questo sforzo profondo, noi portiamo alla luce, insieme con il suo, il nostro pensiero.
Alain de Botton
Come Proust può cambiarvi la vita
traduzione di Livia Ferrari
Guanda 1998
martedì 25 dicembre 2012
Come riporre i libri a Natale
Una delle cose che amo del Natale è che so che riceverò un mucchio di libri in dono.
Questo è un interessante esercizio in attesa di trovargli il posto giusto nella libreria.
lunedì 24 dicembre 2012
Elogio del frammento
Per
speculum et in aenigmate: così il mondo si offre ai nostri occhi, per quanto amore il nostro
sguardo contenga. Specchio del mondo, enigma intessuto su altri enigmi, la
parola poetica sa avvicinarci al centro delle cose: in suo nome, anch’essa
chiede ascolto, accoglienza, meditazione profonda. In cambio, dona la propria
vastità, la ricchezza del proprio senso – un dono tutt’altro che pregevole,
quali che siano le nostre capacità di accoglierlo.
Al primo
incontro con il testo, si attiva in noi un insieme di pensieri: la lettura
corretta, la comprensione esatta, l’esegesi rigorosa. A poco a poco, però,
altri pensieri sorgono dal nostro intimo che ascolta contemplando il testo,
amplificandolo e lasciandolo risuonare in sé, fino a collegarlo con le proprie
più vere riflessioni. A questa esperienza vorrei dare voce: a partire dal testo
e al servizio del testo per illuminarne, almeno parzialmente, la ricchezza di
senso reale e l’ampiezza d’eco possibile. L’obiettivo di questi scritti è
qualche frammento di oltre-testo: un po’ di ciò che possiamo udire quando
accogliamo una lirica come parola oracolare, come accenno ad altro da sé.
“Acceleratore
della coscienza” (J. Brodskij), l’espressione poetica può essere vista come una
fune tesa tra noi e il centro delle cose, sulla quale avventurarsi con passo
cauto e leggero, guardando avanti a sé.
Per
questo si è concentrata l’attenzione sui frammenti che ci vengono incontro
nella lettura e che ci abbagliano con la loro bellezza, illuminando, come un
cono di luce inesauribile, vasti orizzonti di riflessione e di conoscenza. Sono
i piccoli brani che amiamo, ai quali torniamo, che impariamo a memoria e che
ricordano a noi stessi nelle più varie occasioni: è bello seguirli
autonomamente, ascoltarli uno alla volta, mettendoli in evidenza per sé soli. “In
the particular” scrisse
Joyce “is contained the universal”: paradossalmente, frammenti di testo sembrano acquistare,
a volte, una ricchezza maggiore dell’intera opera in cui sono collocati. Tutto
ciò è ben difficile da spiegare, e dipende certamente da noi, dall’atto
particolare della nostra lettura; è su questi, comunque, che si vorrebbe
richiamare l’attenzione, per desiderio di concentrazione e di essenzialità.
Sono
convinto che la verità delle cose appaia di rado, attraverso luccichii
improvvisi e imprevedibile, e che sia giusto seguirla, attenderla sul terreno
che le appartiene.
L’intenzione
è di offrire un momento di sosta, di quiete meditativa al cospetto della parola
poetica, senza violare il pudore: esso è sacro anche e soprattutto nella vita
della mente. Il discorso, comunque, rimane abbozzato, accennato, spero. Più che
lettori, vorrei amici disposti a sostare nella stessa tensione interiore.
Lorenzo Gobbi
introduzione a
Elogio del frammento
Servitium editrice 2010
domenica 23 dicembre 2012
Vicino è solo il Dentro
Vicino è solo il Dentro; tutto il resto lontano.
E questo Dentro è colmo, ogni giorno
fatto pieno d'ogni cosa - assolutamente indicibile.
Rainer Maria Rilke
da Nuove poesie
E questo Dentro è colmo, ogni giorno
fatto pieno d'ogni cosa - assolutamente indicibile.
Rainer Maria Rilke
da Nuove poesie
sabato 22 dicembre 2012
Là non c'è punto che non veda te. Devi cambiare la tua vita
Non conoscemmo il suo capo inascoltato
dove il centro dei suoi occhi maturava. Ma
il suo torso arde ora come un candelabro,
e là il suo sguardo, come in vite vòlto su se stesso,
si trattiene e splende (...)
perché la non c'è punto
che non veda te. Devi cambiare la tua vita.
Rainer Maria Rilke
da Nuove poesie - Torso arcaico di Apollo
venerdì 21 dicembre 2012
Porta fino in fondo ciò che è tuo
È bene desiderare dagli dei
solo ciò che si addice ad anime mortali
consapevoli del nostro passo,
del destino al quale apparteniamo.
Anima mia, non tendere a una vita immortale,
ma porta fino in fondo ciò che è tuo.
Pindaro
Le pitiche
solo ciò che si addice ad anime mortali
consapevoli del nostro passo,
del destino al quale apparteniamo.
Anima mia, non tendere a una vita immortale,
ma porta fino in fondo ciò che è tuo.
Pindaro
Le pitiche
giovedì 20 dicembre 2012
Nel giusto della vita, nell'opera del mondo
(...)
dico, prego: sia grazia essere qui,
grazie anche l'implorare a mani giunte,
stare a labbra serrate, ad occhi bassi
come chi aspetta la sentenza.
Sia grazia essere qui,
nel giusto della vita,
nell'opera del mondo. Sia così.
Mario Luzi
Dal fondo delle campagne
dico, prego: sia grazia essere qui,
grazie anche l'implorare a mani giunte,
stare a labbra serrate, ad occhi bassi
come chi aspetta la sentenza.
Sia grazia essere qui,
nel giusto della vita,
nell'opera del mondo. Sia così.
Mario Luzi
Dal fondo delle campagne
mercoledì 19 dicembre 2012
La parola la possiede il buio
Getta via
i cunei di luce:
la fluttuante parola
la possiede il buio.
Paul Celan
Luce coatta e alte poesie postume
i cunei di luce:
la fluttuante parola
la possiede il buio.
Paul Celan
Luce coatta e alte poesie postume
martedì 18 dicembre 2012
La persona risiede nei suoi frammenti esigui
Si direbbe che la persona stessa risieda in qui frammenti, pur così esigui, ed elevata a una potenza che è ben lontana dall'avere nell'idea abituale che ci facciamo di lei nella sua interezza.
Marcel Proust
All'ombra delle fanciulle in fiore
Marcel Proust
All'ombra delle fanciulle in fiore
da oggi
fino a Natale copierò da un piccolo prezioso libro di un caro amico e poeta
straordinario, Lorenzo Gobbi e il suo Elogio del
frammento
lunedì 17 dicembre 2012
L'istinto narrativo
Se mi chiedeste di descrivere i caratteri che trasformano una persona in uno scrittore parlerei, per prima cosa, del potente impulso a creare delle storie; a organizzare entro il contesto di una trama quella realtà che non di rado risulta caotica e incomprensibile; a trovare in tutto ciò che accade i nessi evidenti e quelli occulti, capaci di dare un significato particolare; a evidenziare in ogni evento i tratti "avvincenti", e a farvi spiccare i "protagonisti".
Dal mio punto di vista, l'impulso a raccontare una storia, a inventare o ad attingere alla realtà, è quasi un istinto a sé, l'istinto narrativo: per determinate persone - alcune delle quali finiscono poi per diventare scrittori - questo istinto è potente e primario come ogni altro. La grande fortuna sta nel fatto che esso trova nel mondo l'istinto parallelo: quello di ascoltare storie.
David Grossman
Con gli occhi del nemico
Raccontare la pace in un paese in guerra
traduzione di Elena Loewenthal e Alessandra Shomroni
Mondadori 2007
Dal mio punto di vista, l'impulso a raccontare una storia, a inventare o ad attingere alla realtà, è quasi un istinto a sé, l'istinto narrativo: per determinate persone - alcune delle quali finiscono poi per diventare scrittori - questo istinto è potente e primario come ogni altro. La grande fortuna sta nel fatto che esso trova nel mondo l'istinto parallelo: quello di ascoltare storie.
David Grossman
Con gli occhi del nemico
Raccontare la pace in un paese in guerra
traduzione di Elena Loewenthal e Alessandra Shomroni
Mondadori 2007
domenica 16 dicembre 2012
Le storie iniziano dal silenzio
Forse è dal silenzio che tutte le storie hanno inizio ma, se avessimo parlato, la nostra sarebbe stata un'altra storia.
Paola Calvetti
Olivia
ovvero la lista dei sogni possibili
Mondadori 2012
Canti Orfici - Genova, un frammento
Per i vichi marini
nell'ambigua
Sera cacciava il vento
tra i fanali
Preludii dal groviglio
delle navi:
I palazzi marini avevan
bianchi
Arabeschi nell'ombra
illanguidita
Ed andavamo io e la sera
ambigua:
Ed io gli occhi alzavo
su ai mille
E mille e mille occhi
benevoli
Delle Chimere nei cieli:
......
Quando,
Melodiosamente
D'alto sale, il vento
come bianca finse una visione di Grazia
Come dalla vicenda
infaticabile
De le nuvole e de le
stelle dentro del cielo serale
Dentro il vico marino in
alto sale, ..................................
Dentro il vico chè rosse
in alto sale
Marino l'ali rosse dei
fanali
Rabescavano l'ombra
illanguidita, ..................................
Che nel vico marino, in
alto sale
Che bianca e lieve e
querula salì!
«Come nell'ali rosse
dei fanali
Bianca e rossa
nell'ombra del fanale
Che bianca e lieve e
tremula salì:...» —
Ora di già nel rosso del
fanale
Era già l'ombra
faticosamente
Bianca ......................................................................
Bianca quando nel rosso
del fanale
Bianca lontana
faticosamente
L'eco attonita rise un
irreale
Riso: e che l'eco
faticosamente
E bianca e lieve e
attonita salì........................................
Di già tutto d'intorno
Lucea la sera ambigua:
Battevano i fanali
Il palpito nell'ombra.
Rumori lontano franavano
Dentro silenzii solenni
Chiedendo: se dal mare
Il riso non saliva...
Chiedendo se l'udiva
Infaticabilmente
La sera: a la vicenda
Di nuvole là in alto
Dentro del cielo stellare.
Dino Campana
venerdì 14 dicembre 2012
Scrivere per la stampa
Oggi mi occupo di scrittura giornalistica, riportando pari pari, l'editoriale del direttore di Internazionale, rivista imperdibile con il meglio, ogni settimana, della stampa di tutto il mondo.
Un giovane lettore chiede consigli per diventare giornalista.
Ecco domanda e risposta:
Un giovane lettore chiede consigli per diventare giornalista.
Ecco domanda e risposta:
Sono uno studente di giurisprudenza di
19 anni. Le posso
chiedere tre consigli che si sentirebbe
di dare a un ragazzo
che vuole diventare giornalista? – Elia
Baggio
1. Impari l’inglese. Subito. Senza perdere tempo.
Metta da parte tutto quello che sta facendo, prenda
il primo biglietto low cost per Londra, cerchi un lavoro qualsiasi con cui
pagare una stanza e un corso serale.
Resti all’estero almeno sei mesi, se possibile un
anno.
Impari a parlare, leggere e scrivere l’inglese benissimo.
E se già lo parla bene, lo migliori. Parlare bene l’inglese le sarà utile
sempre, anche se dovesse
scegliere un altro mestiere.
2. Legga. Moltissimo. Di tutto. Romanzi, saggi, racconti,
inchieste, reportage.
Segua i suoi gusti, i suoi autori preferiti, le sue
passioni.
Si formi un’opinione. E se vuole tre libri sul
giornalismo, cominci con L’afare Watergate,
di Carl Bernstein e Bob Woodward (Garzanti). È il racconto dei due reporter del
Washington Post che con la loro inchiesta contribuirono alla caduta di Richard
Nixon. Vale cento manuali di giornalismo. Poi Il giornalista quasi perfetto, di David Randall (Laterza). Come si riconosce
un buon giornalista? Cos’è una notizia? Da dove arrivano i buoni articoli? Per finire
Post industrial
journalism,
un saggio di C.W. Anderson, Emily Bell e Clay Shirky. È appena uscito. Se cerca
con Google lo trova sul sito della Columbia journalism
school, gratis, in inglese (vede perché è
importante parlare bene l’inglese?). In 122 pagine
c’è il futuro del giornalismo.
3. Scriva. Sempre. Tutti i giorni. Un tweet, un
post, una lettera, un articolo. Rispetto alle generazioni che l’hanno
preceduta, ha la fortuna di avere a disposizione uno strumento straordinario:
internet. Lo sfrutti. La rete è la sua più grande alleata, per fare ricerche,
per entrare in contatto con altri giornalisti, per cominciare a raccontare le
sue storie anche se non
lavora in un giornale. Cerchi di scrivere in modo chiaro
e semplice. Non abbia paura di far rileggere i suoi articoli a qualcuno di cui
si ida prima di pubblicarli. Esca. Si guardi intorno. Sia curioso. Faccia domande.
Il mondo è pieno di storie incredibili che aspettano solo di essere raccontate.
E i buoni giornalisti non saranno mai abbastanza.
Giovanni
De Mauro
giovedì 13 dicembre 2012
Franco Galato e la nuvola Calipso
Oggi ho salutato per l'ultima volta Franco Galato un caro, vecchio amico che amava la poesia e le belle storie.
Franco è stato un grande amico. Siamo diventati amici parlando di poesia e di romanzi, mi ricordo di veri saccheggi alla libreria Feltrinelli di Via Manzoni a Milano, una sera emozionante di letture poetiche alla Biblioteca di Gorgonzola, cene e parole infinite. Ricordo una domenica di giugno, calda e luminosa, trascorsa con gli scrittori Andrea Cotti e Enrico Palandri, prima a un loro reading e poi la sera a parlare e ridere al Tempio d'Oro fino a che non ci hanno buttati fuori ben oltre l'ora di chiusura. Era una bellissima persona Franco e un uomo gentile che ha affrontato tanti drammi con dolore ma uno spirito forte. E' stata la poesia che ci ha fatti conoscere, così voglio salutarlo con una sua poesia, che mi aveva mandato subito dopo averla scritta, in quel giugno luminoso.
Franco era poesia, Grecia, musica, amicizia.
Addio amico mio, che questa notte ti sia lieve.
Questa è la sua poesia:
Calipso
Ho visto una nuvola
nel cielo
coricata come Calipso
su una dormeuse
pigra,assonnata
come appena fatto l'amore
per un po mi ha seguito
dico Calipso, naturalmente
e io, per una volta leggero
come un neutrino
senza paura
l'aspettavo con una coppa di vino.
musica: Morcheeba - pensando a Khayyam
Calipso
Ho visto una nuvola
nel cielo
coricata come Calipso
su una dormeuse
pigra,assonnata
come appena fatto l'amore
per un po mi ha seguito
dico Calipso, naturalmente
e io, per una volta leggero
come un neutrino
senza paura
l'aspettavo con una coppa di vino.
musica: Morcheeba - pensando a Khayyam
mercoledì 12 dicembre 2012
Scrivere è immaginare l'altro dentro di sé
Chi esercita la
letteratura immagina l’altro dentro di sé. Il foglio bianco simboleggia
fisicamente questo altro che dialoga, stimola e tortura chi attende alla
creazione. Sentire l’altro interno e esterno a sé differenzia l’arte dalla
comunicazione interpersonale, in cui l’altro è formalmente presente ed
esclusivamente esterno. I libri sono gli altri originariamente dentro di noi.
Dario Arkel
Compendio
Atì Editore 2012
martedì 11 dicembre 2012
Prima lezione sullo spazio
Le case dove stando seduti si vedono tutti gli
angoli,
gli spazi che sono danaro, costruiti ad arte,
regolari, puliti, dipinti di bianco,
riparano dal freddo
ma tengono al caldo anche la furia degli abitanti.
La forma ad uncino di un movimento,
l’eccesso di forze nelle spalle e nel collo
chiusi nel tepore di casa di giorno e di notte
si cuociono piano, lievitano,
diventano muscoli, braccia che remano contro.
Ah, se fossero qui, adesso, tutte le inclinazioni
delle colline
ad allargare l’aria di questo soggiorno…
Facciamo che vengano, che vengano a grappoli
quelle appena accennate, ancora quasi pianura
e quelle pericolose dove non si pianta nemmeno la
vite
e vengano le superfici concave, con acque di
ristagno,
con salici, con pioppi alti, fruscianti
e vengano, piegati qua dentro, tutti i campi dell’Oltrepò.
Annalisa Manstretta
Il sole visto di lato
Il sole visto di lato
Il Passo di Efesto - Poesia
Atì editore 2012
lunedì 10 dicembre 2012
Scrivere è questo strano, insensato, meraviglioso lavoro di creazione
Quasi ciascuno di noi vive una "condizione" personale, una maledizione privata. Suppongo che ognuno di noi avverta che la propria particolare "condizione" potrebbe rapidamente trasformarsi in una trappola che gli negherebbe la libertà, la sensazione di sentirsi a casa propria nel proprio paese, l'uso di un linguaggio personale, la gestione della propria libertà decisionale.
In una realtà simile noi scrittori e poeti scriviamo. In Israele come in Palestina, in Cecenia come in Sudan, a New York come nel Congo. Talvolta, mentre lavoro, dopo aver scritto per qualche ora, alzo la testa e penso - ecco, in questo preciso momento un altro scrittore, che io nemmeno conosco e che vive a Damasco o a Teheran, in Ruanda o a Dublino, compie, come me, questo strano, insensato, meraviglioso lavoro di creazione in una realtà in cui ci sono così tanta violenza, alienazione, indifferenza, egocentrismo. Ecco, ho un alleato lontano che nemmeno mi conosce, e insieme tessiamo questa astratta rete di fili che, malgrado tutto, possiede una forza immane. La forza di cambiare il mondo e di crearne un altro, di dare voce ai muti e di aggiustare le cose, nel senso profondo, cabalistico del termine.
David Grossman
Con gli occhi del nemico
Raccontare la pace in un paese in guerra
traduzione di Elena Loewenthal e Alessandra Shomroni
Mondadori 2007
In una realtà simile noi scrittori e poeti scriviamo. In Israele come in Palestina, in Cecenia come in Sudan, a New York come nel Congo. Talvolta, mentre lavoro, dopo aver scritto per qualche ora, alzo la testa e penso - ecco, in questo preciso momento un altro scrittore, che io nemmeno conosco e che vive a Damasco o a Teheran, in Ruanda o a Dublino, compie, come me, questo strano, insensato, meraviglioso lavoro di creazione in una realtà in cui ci sono così tanta violenza, alienazione, indifferenza, egocentrismo. Ecco, ho un alleato lontano che nemmeno mi conosce, e insieme tessiamo questa astratta rete di fili che, malgrado tutto, possiede una forza immane. La forza di cambiare il mondo e di crearne un altro, di dare voce ai muti e di aggiustare le cose, nel senso profondo, cabalistico del termine.
David Grossman
Con gli occhi del nemico
Raccontare la pace in un paese in guerra
traduzione di Elena Loewenthal e Alessandra Shomroni
Mondadori 2007
domenica 9 dicembre 2012
David Grossman: Io scrivo
Si fa fatica a parlare di se stessi. Dirò allora quello che posso in questo momento, nella condizione in cui mi trovo.
Io scrivo. La sciagura che mi è capitata, la morte di mio figlio Uri durante la seconda guerra del Libano, permea ogni momento della mia esistenza. La forza della memoria è in effetti smisurata, enorme. A tratti possiede qualità paralizzanti. Eppure l'atto stesso crea per me, ora, una specie di "luogo".
Uno spazio emotivo che non avevo mai conosciuto prima, in cui la morte non è solo la contrapposizione totale, categorica, della vita.
David Grossman
Con gli occhi del nemico
Raccontare la pace in un paese in guerra
traduzione di Elena Loewenthal e Alessandra Shomroni
Mondadori 2007
Io scrivo. La sciagura che mi è capitata, la morte di mio figlio Uri durante la seconda guerra del Libano, permea ogni momento della mia esistenza. La forza della memoria è in effetti smisurata, enorme. A tratti possiede qualità paralizzanti. Eppure l'atto stesso crea per me, ora, una specie di "luogo".
Uno spazio emotivo che non avevo mai conosciuto prima, in cui la morte non è solo la contrapposizione totale, categorica, della vita.
David Grossman
Con gli occhi del nemico
Raccontare la pace in un paese in guerra
traduzione di Elena Loewenthal e Alessandra Shomroni
Mondadori 2007
sabato 8 dicembre 2012
Scrivere è ignorare le circostanze presenti della propria vita
Nel momento in cui uno scrive è miracolosamente spinto a ignorare le circostanze presenti della sua propria vita. Certo è così. Ma l'essere felici o infelici ci porta a scrivere in un modo o in un altro. Quando siamo felici, la nostra fantasia ha più forza; quando siamo infelici, agisce allora più vivacemente la nostra memoria.
Natalia Ginzburg
Natalia Ginzburg
venerdì 7 dicembre 2012
Un nuovo nome per dire romanzo
Sto pensando che inventerò per i miei libri un nuovo nome che sostituisca la parola "romanzo". Ma quale? Elegia?
Virginia Woolf
Consigli a un aspirante scrittore
traduzione di Bianca Tarozzi e Giordano Vintaloro
a cura di Roberto Bertinetti
BUR 2012
Virginia Woolf
Consigli a un aspirante scrittore
traduzione di Bianca Tarozzi e Giordano Vintaloro
a cura di Roberto Bertinetti
BUR 2012
giovedì 6 dicembre 2012
Canzone dell'io vivente
Chiudi gli occhi, contempla
il paesaggio dietro le palpebre.
Cosa vedi?
Gorghi di luce,
il sangue versato in piena,
scintille di nomi sparsi
da tempia a tempia, da fronte a occipite;
e quello che chiami il centro
è un confine concavo e bianco,
deserto di rose spente,
sfiorisce lento nel tempo.
Tu che nomini me, e vorresti
disfarmi in un più vasto sguardo,
di chi parli? Dove mi senti?
Non abito i tuoi sentieri;
lì, dove ti accechi,
io sono, forma vivente.
Guardami, non nascondermi
dentro i veli a brandelli,
guardami, non confondermi
col sonno degli occhi aperti,
guardami oltre gli specchi
che oscurano la tua fronte,
oltre il mio volto assente;
e poi, se lo vuoi, dissolvimi...
Danilo Bramati
Idioti nell'ombra
Atì editore 2010
mercoledì 5 dicembre 2012
Agota Kristof raccontata da me
Anche questa voce l'ho scritta per l'Enciclopedia delle donne.
L’esilio
dalla lingua materna, la convinzione che l’esistenza trasposta sulla carta
possa assumere una valenza assoluta, il senso di perdita continuo, il desiderio
feroce di sopravvivere a qualunque costo, uno sguardo implacabile che non cede
mai al sentimentalismo, al buonismo, alla riconciliazione, ma che sempre
accetta di guardare la vita nel suo male e la sfida nel volerla descrivere cosi
com’è. Sono i temi chiave della vita e dei libri di Agota Kristof, scrittrice
contemporanea tra le più ispide e sgradevoli. I luoghi si presentano come
quinte teatrali, sono miseri, claustrofobici, perduti. I personaggi sono le
marionette chiamate a riempire con le loro azioni questi scenari e non sono
connotati tanto dall’aspetto fisico, sempre descritto con crudele precisione,
né da una dimensione psicologica che ce li renda vivi: sono sempre le azioni
compiute a dire chi essi siano. Se sentimenti mostrano non sono mai sentimenti
buoni ma sempre negativi: l’avarizia, la crudeltà, il tradimento, la
disperazione, la codardia, il sadismo. Scrive nel suo libro autobiografico L’analfabeta:
«All’inizio non c’era che una sola lingua. Gli oggetti, le cose, i sentimenti,
i colori, i sogni, le lettere, i libri, i giornali, erano quella lingua. Non
avrei mai immaginato che potesse esistere un’altra lingua, che un essere umano
potesse pronunciare parole che non sarei riuscita a capire. Perché avrebbe
dovuto farlo? Per quale motivo?». La bambina Agota legge, come una malattia,
qualunque cosa le capiti sotto mano. Il mondo è diviso tra la cucina della
madre, con i suoi odori di cibo e umanità, e la scuola del padre che odora di
gesso e di libri. Questa infanzia contadina, povera ma felice ci viene resa con
la sua semplicità e normalità. La fine di questo mondo coincide con il primo
esilio dalla vita di campagna alla vita di città in un collegio. «La voglia di
scrivere verrà più tardi, quando si sarà rotto il filo d’argento dell’infanzia,
quando verranno giorni cattivi, e arriveranno gli anni che potrei definire “non
amati”. Quando separata dai miei genitori e dai miei fratelli, entrerò in
collegio in una città sconosciuta, dove, per sopportare il dolore della
separazione, non mi resterà che una soluzione: scrivere». La vita nel collegio
è una pena, meglio allora scrivere un diario in una scrittura segreta perché
nessuno possa leggerlo. Alla scrittura si alterna un pianto lungo e senza
consolazione, al punto che la scrittrice dichiarerà che per il resto della sua
vita piangere le risulterà pressoché impossibile, come se in quegli anni avesse
esaurito tutte le lacrime. Piange per la libertà e l’infanzia perdute, per le
cose svanite «le corse a piedi nudi per il bosco sulla terra umida fino alla
“roccia blu”; svaniti gli alberi su cui arrampicarsi, da cui cadere quando un
ramo marcio si rompe; svanito anche Yano che mi aiuta a rialzarmi; svanite le
passeggiate notturne sui tetti; svanito Tila che va a fare la spia da mamma».
Le prime composizioni poetiche di Agota sono frasi nella notte che le girano
attorno bisbigliando e poi prendono un ritmo, cantano. Fuggita in Svizzera con
il marito e una neonata legata sulla schiena nel 1956, a seguito dell’invasione
dell’Ungheria da parte dei sovietici, la Kristof si trova ad affrontare la
sfida con una nuova lingua che questa volta, dopo il tedesco e il russo, è il
francese: «Parlo il francese da più di trent’anni, lo scrivo da vent’anni, ma
ancora non lo conosco. Non riesco a parlarlo senza errori, e non so scriverlo
che con l’aiuto di un dizionario da consultare di frequente. È per questa
ragione che definisco anche la lingua francese una lingua nemica. Ma ce n’è
un’altra di ragione, ed è la più grave: questa lingua sta uccidendo la mia
lingua materna». Attraversando il deserto della lingua senza poter leggere
quasi nulla per 5 anni, lavorando come operaia in una fabbrica di orologi, è
con la scrittura che la giovane Agota trova il suo riscatto. «Come si diventa
scrittori? Prima di tutto, naturalmente, bisogna scrivere. Dopo di che bisogna
continuare a scrivere. Anche quando non interessa a nessuno. Anche quando si ha
l’impressione che non interesserà mai a nessuno. Anche quando i manoscritti si
accumulano nei cassetti e li si dimentica, pur continuando a scriverne altri».
Ricomincia ad andare a scuola a ventisette anni e in due anni soltanto consegue
un primo Certificato di Studi. Ora sa di nuovo leggere e la vita ricomincia a
essere una festa di libri e autori: Hugo, Rousseau, Voltaire, Sartre, Camus,
Michaux, Ponge, Sade e Faulkner, Steinbeck, Hemingway. «Il mondo è pieno di
libri, di libri finalmente comprensibili, anche per me… Non appena padroneggio
un po’ la lettura, mi fisso un altro obiettivo: scrivere in francese… Questa
lingua, il francese, non l’ho scelta io. Mi è stata imposta dal caso, dalle circostanze.
So che non riuscirò mai a scrivere come scrivono gli scrittori francesi di
nascita. Ma scriverò come meglio potrò. È una sfida. La sfida di
un’analfabeta.»
Agota
Kristof
Csikvánd (Ungheria) 1935 - Neuchatel
(Svizzera) 2011
Fonti,
risorse bibliografiche, siti
A.
Kristof, L’analfabeta. Racconto autobiografico, Casagrande 2005
A.
Kristof, Trilogia della città di K. (che raccoglie i tre
romanzi: Il grande quaderno – La prova – La
terza menzogna), Einaudi 1998
A.
Kristof, Ieri, Einaudi 2002 (la versione cinematografica Brucio
nel vento, è di Silvio Soldini)
martedì 4 dicembre 2012
Se non scrivo dimenticherò
È molto semplice. Se non scrivo, a poco a
poco dimenticherò. Questo pensiero è spaventoso. Se non sono fedele a me
stessa, a chi lo sarò?
Marguerite Duras
Quaderni della guerra e altri testi
Traduzione di Laura Frausin Guarino
Feltrinelli 2008
Marguerite Duras
Quaderni della guerra e altri testi
Traduzione di Laura Frausin Guarino
Feltrinelli 2008
lunedì 3 dicembre 2012
Essere a casa nei libri
87. Essere a casa nei libri
Anche voi vi sentite a casa dove ci sono dei libri?
La libreria casalinga dà un senso di protezione.
La biblioteca pubblica sembra una via di fuga permanente dalle angustie quotidiane.
E le librerie diventano luoghi in cui vivere, soprattutto quando ci sono angoli in cui sedersi e sprofondare nelle letture del cuore.
Perché i libri ci danno un sentimento di protezione?
Certo è innanzitutto il fatto che i libri figurano possibilità. Provocano la domanda su ciò che si nasconde dentro di noi. Ben oltre la realtà da cui siamo dominati, i libri lasciano parlare i sentimenti, ci spingono a pensare, risvegliano la fantasia e dischiudono le nostre idee, ci lasciano fantasticherie sulle storie e sui destini nascosti dentro di noi.
Wilhelm Schmid
L'arte dell'equilibrio
100 tessere per l'arte di vivere
traduzione di di Federico Ferraguto
Fazi 2012
Anche voi vi sentite a casa dove ci sono dei libri?
La libreria casalinga dà un senso di protezione.
La biblioteca pubblica sembra una via di fuga permanente dalle angustie quotidiane.
E le librerie diventano luoghi in cui vivere, soprattutto quando ci sono angoli in cui sedersi e sprofondare nelle letture del cuore.
Perché i libri ci danno un sentimento di protezione?
Certo è innanzitutto il fatto che i libri figurano possibilità. Provocano la domanda su ciò che si nasconde dentro di noi. Ben oltre la realtà da cui siamo dominati, i libri lasciano parlare i sentimenti, ci spingono a pensare, risvegliano la fantasia e dischiudono le nostre idee, ci lasciano fantasticherie sulle storie e sui destini nascosti dentro di noi.
Wilhelm Schmid
L'arte dell'equilibrio
100 tessere per l'arte di vivere
traduzione di di Federico Ferraguto
Fazi 2012
domenica 2 dicembre 2012
Leggere in libreria
Sì, quella libreria non è stata soltanto un rifugio, ma una tappa nella mia vita. Spesso restavo lì fino all'ora della chiusura. C'era una sedia vicino allo scaffale, o piuttosto un alto sgabello, mi sedevo e sfogliavo i libri e gli album illustrati. Mi chiedevo se si accorgessero della mia presenza. In capo a qualche giorno, senza smettere di leggere, mi diceva una frase, sempre la stessa: "Allora, la sta trovando la sua felicità?" Molto tempo dopo, qualcuno mi ha assicurato che l'unica cosa impossibile da ricordare è il timbro delle voci. Eppure, ancora oggi, durante le mie notti insonni, sento spesso la voce dall'accento parigino - quello delle strade in salita - dirmi: "Allora, la sta trovando la sua felicità?"
Una frase che conserva ancora oggi tutta la sua gentilezza e il suo mistero.
Patrick Modiano
Nel caffè della gioventù perduta
traduzione di Irene Babboni
Einaudi 2010
Una frase che conserva ancora oggi tutta la sua gentilezza e il suo mistero.
Patrick Modiano
Nel caffè della gioventù perduta
traduzione di Irene Babboni
Einaudi 2010
sabato 1 dicembre 2012
Virginia Woolf raccontata da me
Ed ecco la "mia" Virginia Woolf scritta per l'Enciclopedia delle donne
«Io provo
un senso di fodere estive alle poltrone; di essere rimasta a casa mentre tutti
sono in campagna. Mi sento desolata, polverosa e delusa». La solitudine dell’artista
attraversa tutte le pagine del Diario di una scrittrice, libro straordinario che racconta il
processo creativo e la scrittura di una delle scrittrici più importanti del XX
secolo, Virginia Woolf, nata Adeline Virginia Stephen. Lo testimoniano, oltre
alla sua vasta opera che comprende romanzi, racconti, saggi, diari e lettere,
anche la mole di scritti e di siti web a lei dedicati. Ai quattro figli del
primo matrimonio dei genitori, Sir Leslie Stephen e Julia Jackson (nipote di Julia Margaret Cameron), entrambi vedovi, si aggiunsero Vanessa, Virginia,
Thoby e Adrian. L’infanzia di Virginia fu una tipica infanzia vittoriana, fatta
di lezioni casalinghe, rispetto delle convenzioni, benessere e la sensazione
costante che tutta la vita della casa e della numerosa famiglia ruotasse
intorno alla madre, bella e distante, che la bambina vede come una cattedrale.
La morte precoce di Julia, nel 1895, sprofonda la futura scrittrice nella prima
grave crisi psicotica e sfocia in un tentativo di suicidio. Il fantasma della
madre tornerà in vita nel suo romanzo - insieme a Le Onde, uno dei due, a mio avviso, più
belli - Al faro,
nella superba traduzione di Nadia Fusini. «Vi sarà un ritratto completo di papà;
e della mamma; e poi St. Ives; e l’infanzia e tutte le solite cose che cerco di
metterci dentro». Fu proprio il padre Leslie a farle dono del mondo della
letteratura. Benché Virginia non avesse potuto studiare all’università come i
fratelli, l’accesso alla libreria paterna le spalancò il mondo nel quale voleva
vivere. Un mondo fatto di immaginazione e acuta osservazione della realtà.
Virginia sapeva cogliere “il canto del mondo reale” così come Liliana Rampello
intitola il suo libro, che è un’analisi diversa e nuova di tutta l’opera
woolfiana. La studiosa «strappa via la Woolf dalla fama di donna segnata dalla
tragica fine … e restituisce il sentiero luminoso di una donna geniale che
canta continuamente la vita e il suo affascinante mistero, concretamente
percepibile, per così dire, nei singolari e minuscoli accadimenti che entrano
negli istanti del mondo» (Annarosa Buttarelli). La morte del padre e della
sorellastra Stella diventa la condizione di possibilità e di libertà che porterà
i giovani Stephen a staccarsi dai fratellastri Duckworth e ad andare a vivere a
Bloomsbury, in quello che diventerà il luogo simbolo di una generazione
straordinaria, di giovani artisti e intellettuali inglesi che segneranno la
storia della cultura e della letteratura del Novecento. La condizione di
privilegio e l’acuta capacità di osservazione le permisero di scrivere anche
uno dei saggi più importanti per le donne moderne, Una stanza tutta per sé. Una rendita e una stanza con la
porta chiusa erano ciò di cui una donna creativa aveva bisogno per potersi
esprimere. La “cercatrice irrequieta”, come lei stessa si definiva, aveva
comunque bisogno di una vita che avesse un centro e uno scambio continuo.
Virginia combatté tutta la vita contro l’Angelo del Focolare che, a causa dell’educazione,
vive in ogni donna e la fa sentire sempre in colpa perché non si comporta come
dovrebbe. Dopo la morte del fratello prediletto Thoby nel 1906 e il matrimonio
avvenuto nel 1907 dell’amatissima sorella Vanessa, che così smise di
appartenere soltanto a lei, fu con Leonard Woolf che Virginia trovò un nuovo
centro Alla fine di maggio del 1912 Virginia gli disse senza giri di parole che
lo amava e voleva sposarlo. Il matrimonio permise la continuazione della vita
bloomsburiana e le lunghe conversazioni che lei tanto amava. Parlava di libri
con Litton-Strachey, le conversazioni con Vanessa erano incentrate sulle
relazioni d’amore e d’amicizia; con Roger Fry il tema principale era l’arte e
con Forster riprendeva quelle lunghe meditazioni sulla scrittura che costellano
il suo diario, Con Vita Sackville-West , di certo il suo più grande amore, poteva parlare di
tutto. La felicità della vita domestica, che molti critici mettono in dubbio, e
la ricchezza delle sue relazioni, non bastò a metterla al riparo dalla sua
fragilità psichica, dalle crisi maniaco-depressive che, insieme alle pesanti
molestie subite dai fratellastri quando era ancora una bambina piccola, avevano
nel tempo relegato in un cono d’ombra la vitalità e la passionalità della scrittrice.
Nel 1913 tentò di nuovo il suicidio. Era tipico che alla fine di ogni sforzo
creativo si sentisse svuotata e finita. Solo quando Leonard aveva letto il
libro appena terminato, lei ritrovava un po’ di calma e di speranza nel futuro.
Scriveva instancabilmente Virginia, recensioni per il «Times Literay Supplement»,
pagine di diario dense di osservazioni sulle persone che incontrava e sui libri
che stava leggendo, lettere con decine di diversi corrispondenti che
sottolineano la sua ironia e acutezza. Il suo romanzo d’esordio La crociera, venne pubblicato nel 1915, cui
seguirono Notte e giorno nel 1919, La camera di Jacob nel 1922, Mrs. Dalloway nel 1925, Al faro nel 1927, Le onde nel 1931. Si confrontava di continuo
con i suoi contemporanei e dell’amata-odiata Katherine Mansfield, che frequentò dal 1916 sino alla sua morte nel 1923,
scrisse nel diario che la sua scrittura era l’unica di cui fosse gelosa.
Virginia era una donna piena di fascino: la lista di ammiratori e ammiratrici è
lunghissima, così come quella delle persone famose che incontrò nel corso della
vita. Il 22 febbraio 1937 la traduttrice francese del romanzo Le Onde, Marguerite Yourcenar che non suscitò
molto il suo interesse, andò a trovarla per parlare della traduzione che stava
facendo. La Yourcenar riteneva la Woolf uno dei più geniali prosatori della
lingua inglese e in un suo scritto l’avrebbe paragonata a Vermeer «per il
fascino quasi idilliaco dei colori che rivela lo stesso gusto delle vibrazioni
uniche, dei minuti eterni di cui è fatto il mondo di Virginia Woolf, per la
magia segreta che impregna le loro immagini, seppure rese con strumenti diversi».
Virginia scrive nel diario una cronaca dell’incontro che si limita a descrivere
l’aspetto della visitatrice, e annotare che le sembrava una donna che avesse
qualcosa da nascondere del suo passato, la grande scrittrice francese resta
senza nome. Anni dopo, al contrario, la Yourcenar rievocherà addirittura la
scarsa luce nel salotto dove si incontrarono, le domande che fece a una Woolf
poco interessata all’arte della traduzione che lei non riusciva a concepire
come un dialogo tra scrittore e traduttore, così come lo concepiva la
Yourcenar. Un altro incontro che vale la pena ricordare è quello con Sigmund
Freud, il 28 gennaio 1939. Parlarono delle conseguenze della Grande Guerra sull’Europa,
dell’ascesa di Hitler al potere. Lei lo ascoltava con grande attenzione; prima
di salutarla Freud le regalò un narciso. Condividevano la passione per le
profondità della mente umana ed entrambi la esploravano attraverso la
scrittura. Virginia rese omaggio alla grandezza di Freud nel diario del 2
dicembre 1939 annotando: «Cominciato a leggere Freud ieri sera; per ampliare la
circonferenza: dare al mio cervello un più vasto raggio: renderlo obiettivo:
uscire da me stessa. E sconfiggere così il restringimento della vecchiaia». Non
era solo la vecchiaia a stringere Virginia in un cerchio soffocante. La Seconda
Guerra Mondiale era scoppiata e lei non ne avrebbe vista la fine. Gli ultimi
due anni della sua vita furono oscurati dai bombardamenti su Londra e da molte
paure per il futuro. Alla fine del 1940 la malattia si era ripresentata e l’ultimo
dottore che l’ebbe in cura le prescrisse riposo assoluto, soprattutto che
stesse lontana dalla letteratura. Aveva ricominciato a sentire le voci
Virginia, così come da giovane sentiva gli uccellini cantare in greco, e non
aveva più la forza di combattere. Scrisse tre lettere, una per Vanessa e le
ultime due per Leonard dove lo ringraziava per la felicità che avevano
condiviso. Senza salutare né il marito né la domestica Louie, Virginia si
allontanò da casa il 28 marzo 1941. Arrivata sulle rive del fiume Ouse, in un
luogo dove altri abitanti del luogo si erano suicidati, Virginia mise dei sassi
nelle tasche del cappotto e si incamminò nel fiume. Verrà ritrovata solo il
successivo 18 aprile. La devastazione della guerra inghiottì anche questa morte
e fu solo negli anni Sessanta che il mondo letterario ricominciò a occuparsi di
lei. Le sue ceneri riposano all’ombra di un olmo nel giardino di Monk’s House.
Sulla lapide è incisa la frase “«Le onde si infrangevano sulla spiaggia» che
chiude il suo celebre romanzo.
Ancora oggi i suoi libri non cessano di
riempirci di stupore e di incanto, avvinti da quella luce particolare che la
Yourcenar aveva riconosciuto.
Virginia Woolf
Londra 1882 - Rodmell 1941
Fonti,
risorse bibliografiche, siti
Virginia
Woolf, Diario di una scrittrice, Mondadori 1979
Virginia
Woolf, Romanzi, a
cura di Nadia Fusini Mondadori 1998
Virginia
Woolf, Saggi, prose, racconti, a cura di Nadia Fusini Mondadori 1998
Virginia
Woolf, Una stanza tutta per sé, SE 1993
Nadia
Fusini, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori 2007
Armanda
Guiducci, Virginia e l’angelo, Longanesi 1991
Hermione
Lee, Virginia Woolf,
Chatto & Windus 1996
Liliana
Rampello, Il canto del mondo reale. Virginia Woolf. La vita nella scrittura, Il Saggiatore 2005
Vivian
Forrester, Virginia Woolf, Albin Michel 2009