mercoledì 31 ottobre 2012

La creatività ha bisogno di un presente privo di tensioni

La verità è che la creatività, per affiorare, ha bisogno di un presente privo di tensioni, fatto di maglie lunghe e invarianti.

Grazia Livi  a proposito di Katherine Mansfield
Da una stanza all'altra
Garzanti 1984

martedì 30 ottobre 2012

L'arte è un deragliamento della creatività

La creatività è uno dei temi che più mi intriga e affascina. Ne hanno scritto neuroscienziati, pittori, fotografi, scultori, critici e scrittori. Tutti siamo creativi, è una delle caratteristiche evidenti della nostra specie, ma la spinta creativa non produce necessariamente arte. Non basta essere creativi per essere artisti. Ma allora da cosa nasce l'arte? Parlandone con il mio amico poeta ne è venuta una piccola definizione che mi piace molto: 
l'arte è un deragliamento della creatività.

E.P. da una conversazione con il poeta Danilo Bramati

lunedì 29 ottobre 2012

Katherine Mansfield raccontata da me


Da un paio di anni collaboro con l'Enciclopedia delle donne e ho scritto sino ad oggi sei voci che ho pensato di riproporre anche sul mio blog.
Questa è Katherine Mansfield, una delle mie scrittrici preferite, che non mi stanco mai di leggere.

*****

Per diventare Katherine Mansfield la piccola Kathleen Mansfield Beauchamp impiegò tutta la sua breve e intensa vita, continuando a usare una miriade di nomi, ognuno dei quali legato a uno stato d’animo, a una relazione, a una percezione dell’essere. Così in Katherine convivevano Kass, Katie, K.M., Mansfield, Katherine, Julian Mark, Katherine Schönfeld, Matilda Berry, Katharina, Katiushka, Kissienka, Elizabeth Stanley e infine Tig, la tigre sposata con John Middleton Murry.
Nata in una famiglia dell’alta borghesia di Wellington - genitori, un fratello, tre sorelle, una zia e una nonna - visse un’infanzia agiata e colma di meraviglia che diventerà forse l’unico centro della sua vita e la fonte stessa dell’ispirazione artistica. L’infanzia sarà trasfigurata, mai declinata al passato, ma sempre raccontata in un eterno presente. Le piccole protagoniste Lottie e Kenzia di Preludio ogni giorno traslocano nella nuova casa, il sole della baia di Crescent sorge in eterno e Bertha Young in Felicità, continua a scintillare all’unisono con il suo piccolo, perfetto mondo, simboleggiato da un pero fiorito che, alla fine, sarà anche il simbolo della finzione e delle maschere dietro cui la vita vera si nasconde.
Ma come fu la vita di Katherine? Di certo una vita dolorosa, solitaria, audace e anti-conformista, segnata dall’esilio e dalla malattia e da un desiderio mai esaudito di un focolare domestico, di una vita da donna come tutte le altre; una vita segnata dalla contraddizione, poliedrica e febbricitante. «Ho sempre avuto una furia isterica di vivere, l’isteria è una grande ispiratrice. Detesto le ore grigie, amo i giorni che passano all’orizzonte come nubi di tempesta». Fu una scrittrice perseguitata dalle furie, come scrive una delle sue biografe Claire Tomalin. E fu anche «Un essere segreto fino in fondo a me stessa» come scriveva all’amica di tutta la vita Ida Baker.
Lasciò la Nuova Zelanda una prima volta nel 1903 per andare a Londra a completare gli studi.
Scrisse nel suo diario durante il viaggio «Indipendenza, risolutezza, uno scopo fermo, il dono della discriminazione, chiarezza mentale. Ecco le doti indispensabili». Ma le furie non le permisero altro che il dono della chiarezza e la costrinsero a non potersi fermare in nessun luogo. Completati gli studi al Queen’s College fece ritorno in Nuova Zelanda solo per scoprire che non poteva più vivere nella terra natale.
Proprio in quella fase della sua vita scoprì la sua vocazione di scrittrice. Il ritorno a Londra nel 1908 fu l’inizio della sua vita bohémienne. Una relazione amorosa appassionata la legò al giovane musicista Garnet Trowell, ma venne osteggiata dalla famiglia di lui. Troncata questa storia d’amore, in maniera precipitosa, e anche misteriosa, si unì in matrimonio con il maestro di canto George Bowden, maggiore di lei di undici anni. Il matrimonio durò soltanto un giorno e subito dopo la madre di Katherine, Annie Beauchamp, la condusse in Baviera anche con la speranza di interrompere la relazione amorosa con Ida Baker. I racconti della raccolta In a German Pension, nascono da quel soggiorno ma anche dall’incontro con i libri di Anton Cechov, l’unico scrittore con il quale forse si confrontò per tutta la vita. La pubblicazione del primo libro la fece entrare in contatto con la rivista letteraria «Rhythm» dove incontrò l’uomo più importante, il futuro marito, biografo e curatore letterario, il critico e scrittore John Middleton Murry. La loro relazione attraversò fasi altalenanti, fu costellata di grandi distacchi durante i quali l’amore ardeva più forte e i progetti per il futuro comune si moltiplicavano. Quando lei iniziò a soggiornare in Costa Azzurra a causa dei problemi polmonari, scriveva a John di Villa Pauline a Bandol dove risiedeva: «Se tu verrai, ho trovato per noi, una minuscola villa che mi pare, a suo modo, quasi perfetta. È isolata, in un piccolo giardino a terrazze, è esposta a mezzogiorno e prende il sole da mattina a sera. Ha una veranda di pietra e una piccola tavola rotonda dove possiamo sederci per mangiare e lavorare. Una graziosa piccola cucina con pentole e padelle e un grande bricco per il caffè».
Quello trascorso a Villa Pauline fu il periodo più felice della sua vita, al punto che anni dopo scrive in una lettera a un amico «Quando scrivo mi sento così vicina al mio io-scrittore, al mio “Pauline” io-scrittore...». È proprio in quel primo soggiorno che Katherine scrisse alcune delle sue pagine più belle, tra cui Preludio, il racconto che verrà poi pubblicato dalla Hogarth Press, la casa editrice di Virginia Woolf. È John a sottolineare che Katherine, nel suo continuo scrivere lettere, era una donna innamorata non solo del marito ma di tutti, una donna in profonda connessione con la bellezza e il dolore del mondo, con la disperazione e la speranza che mai veniva meno. Il dolore fu per la Mansfield la strada per giungere a una più chiara visione e una più piena accettazione della vita.
«Bisogna sottomettersi. Non resistere. Accogliere il dolore. Essere come sommersi. Accettarlo pienamente. Farne parte della propria vita... Nella vita, qualunque cosa venga realmente accettata, subisce poi un mutamento.»
Il dolore e l’esilio furono la sua condizione esistenziale, il marito così ne scrisse nel lungo ritratto che le ha dedicato nel suo libro Katherine Mansfield and other literary portraits «Viveva in esilio dal paese natale e questo è un fatto materiale. Ricreò il paese natale e questo è un fatto spirituale. Il paese che lei ha ricreato non è però la Nuova Zelanda, ma un paese universale, la terra dell’innocenza, quella cui tutti gli spiriti aspirano. Cercava una casa: ma quello che non trovò in Nuova Zelanda non riuscì a trovarlo in nessun altro paese al mondo o forse lo ha trovato in tutti. Per lei casa significava la sicurezza dell’amore di “essere in una qualche via per la pace, colma di felicità”».
Negli anni in cui cercava la propria voce di scrittrice, ebbe il privilegio di conoscere e frequentare alcuni tra i più grandi scrittori e pensatori inglesi dell’epoca. Oltre a Elizabeth Von Arnim, sua cugina, fu legata da profondi rapporti di amicizia con D.H. Lawrence, Bertrand Russel, Lady Ottoline Morrel e Virginia Woolf. Nel 1916, all’inizio della loro frequentazione, la Woolf restò scioccata dalla maniere allo stesso tempo dure e ordinarie della Mansfield e la trovò «sgradevole, ma energica e totalmente prova di scrupoli», come riporta la Tomalin nella biografia di Katherine che invece ne è fatalmente attratta: «L’amo infinitamente... Ho sentito per la prima volta l’estranea, fremente, scintillante qualità del suo spirito – e per la prima volta ho avuto l’impressione di incontrare una di quelle donne di Dostoevski, la cui innocenza è stata ferita» scrive all’amica comune Ottoline. Quando nell’agosto del 1917 Katherine raggiunge Virginia nella residenza di Asheham, le due scrittrici fanno una lunga passeggiata in collina, contemplando i cardi, le farfalle e gli aerei che solcano il cielo... Dopo la visita Katherine scrisse una lunga lettera di ringraziamenti, dove esaltò le qualità della Woolf e sottolineò le ambizioni simili che entrambe nutrivano nei confronti della letteratura e nella loro vita di scrittrici. Nel 1918 durante un soggiorno a Mentone, il ritorno a Villa Pauline è fonte di una tremenda disillusione. Tutto è cambiato, il tempo è tremendo, nessuno la riconosce. La malattia è ormai conclamata e la trascina verso la morte implacabile come “un enorme uccello nero”. Nel maggio dello stesso anno finalmente Katherine e John si sposano e continuano le peregrinazioni da un paese all’altro cercando sia la salute che una maggiore profondità e pienezza della scrittura. Nelle pagine bellissime che le dedica nel suo libro Da una stanza all’altra così scrive Grazia Livi: «La chiave di volta del suo lavoro è l’esperienza. L’esperienza intesa come contatto immediato col reale. Sentita alla stessa maniera dei poeti: non tanto per il contenuto in sé, quanto per la sua indicibile qualità, che è spia folgorante e elusiva della profondità della vita. Anche lei, come Joyce, come la Woolf, aspira ad afferrarla, elaborando un sentimento del momento di essere, o del momento reale. Ma con una differenza. Il momento della Mansfield non ha una tonalità concettuale, né spirituale, ma solo intuitiva, e vuole esprimere solo una sorta di adesione pura, un puro trasferirsi nell’altro e nella situazione, con assoluta sincerità, con assoluta limpidità».
«Senza emozione la scrittura è morta» sentenzia in una recensione nella rivista «Athenaeum» Katherine stessa. Ma cosa significava scrivere per lei?  A più riprese annotava nel diario che scrivere significava riportare in vita il fratello morto in guerra, salvare dall’oblio l’infanzia comune, adempiere «a un dovere verso quel tempo felice... quando eravamo vivi tutti e due... adesso desidero scrivere del mio paese fino al completo esaurimento dei miei mezzi... ho bisogno di tenere una specie di diario minuto da pubblicare un giorno. Non romanzi, non racconti a tesi, nulla che non sia semplice e chiaro... Sento il mio lavoro come una passione: è la mia religione, il mio mondo, la mia vita». Il suo scrivere era luminoso, la sua intenzione di cogliere il momento, riuscita. Di certo i suoi racconti risentono dell'influenza di Cechov che lei tradusse lungamente, al punto che una sua traduzione di un racconto inedito venne pubblicata come se fosse un suo racconto originale. Ma la tensione e la concentrazione, la capacità di raccontare con poche immagini un luogo come fosse una persona,  uno stato d'animo come un temporale sono solo suoi. La Mansfield aveva un dono originale che anche Virginia Woolf le invidiava: i suoi personaggi sono vivi, i dialoghi brillanti, le descrizioni vivaci. E tutto il suo tessuto narrativo è così personale che anche Pietro Citati nel suo famoso libro Vita breve di Katherine Mansfield, attinge a piene mani dalla sua scrittura per creare il personaggio Mansfield.
I successivi soggiorni in Cornovaglia, a Ospedaletti, a Mentone e poi di nuovo Londra fruttano i nuovi racconti FelicitàLa giornata di Reginald PeacockIstantaneeJe ne parle pas françaisVeleno. Nel 1920 esce Felicità, il secondo libro di racconti ma non ne è contenta. A Mentone, Villa Isola Bella, è più rilassata e fiduciosa nei propri mezzi e nella possibilità di una guarigione.
Ancora la Livi sottolinea: «La verità è che la creatività, per affiorare, ha bisogno di un presente privo di tensioni, fatto di maglie lunghe e invarianti».
Nel 1921 è di nuovo in Svizzera con il marito in una realizzazione del suo caldo sogno domestico che Villa Pauline aveva provvisoriamente incarnato. Ma è di nuovo un’illusione, uno stato momentaneo dell’essere. Nel 1922 si recò a Parigi per provare una nuova terapia e lì entrò in contatto con Gurdjeff e fu attratta dalla sua dottrina esoterica. Lo raggiunse a Fontainebleau dove incontrò anche la vedova di Cechov. Lì risiedeva nella stanza piccola e fredda che le era stata destinata e trascorse molte ore nella stalla a respirare l’alito delle mucche che vi erano ricoverate. Non si lamentò, non desiderò null’altro che essere lì a osservare la nuova realtà che la circondava. Tra le ultime parole che scrisse in russo su un taccuino che sempre l’accompagnava leggiamo: carta, cenere, legna. Così come il ciclo della carta che nasce dal legno e finisce in cenere, Katherine Mansfield brillò nelle sue ultime ore e si spense all’improvviso la sera del 9 gennaio 1923. Al suo funerale c’erano solo il marito, le sorelle, Ida e Orage, il suo primo editore.
L’epitaffio sulla sua tomba è una citazione dall’ Enrico IV di Shakespeare: «Ma io vi dico, mio sciocco signore, che da questa ortica, da questo rischio, cogliamo il fiore della sicurezza».


Katherine Mansfield
Wellington (Nuova Zelanda) 1888 - Fontainebleau (Francia) 1923

Fonti
Katherine Mansfield, Tutti i racconti, 5 voll., Adelphi 1979
Katherine Mansfield, Epistolario, Il Saggiatore 1971
Grazia Livi, Da una stanza all’altra, Garzanti 1984
Claire Tomalin, Katherine Mansfield, a secret Life, Viking 1987
Pietro Citati, Vita breve di Katherine Mansfield, Rizzoli 1980
Kathleen Jones, Katherine Mansfield: the Storyteller, Penguin 2010

domenica 28 ottobre 2012

Dipingere è una forma di magia

Dipingere non è un'operazione estetica; è una forma di magia intesa a compiere l'opera di mediazione tra questo mondo, estraneo e ostile, e noi.

Pablo Picasso

sabato 27 ottobre 2012

Il potere del linguaggio e dell'immaginazione

Comprese il senso del potere che il linguaggio e l'immaginazione hanno ai fini dell'organizzazione dell'esperienza.

Chaim Potok leggendo il Ritratto dell'artista da giovane di Joyce

venerdì 26 ottobre 2012

L'essenza rimane in fondo

Mi pare di sapere solo ora chi sono veramente. I miei punti di forza, le mie debolezze, le mie gelosie... È come se tutto ciò fosse bollito in una pentola per questi anni, e mentre bolle evapora, formando del vapore, e poi, quello che rimane sul fondo della pentola è la tua essenza, la materia con cui si è partiti all'inizio.

Kirk Douglas a 85 anni nel 2002

giovedì 25 ottobre 2012

Può succedere che le cose spariscano

 «Per dare un'idea dello spirito di questo film racconto un episodio di quand'ero piccolo. Ero con mia madre per le scale della nostra casa di paese, d' estate si stava più freschi. Mia madre ricamava e io giocavo con una collanina di Lourdes, a un tratto mi è caduta e non l' abbiamo più trovata. E mia madre mi ha detto: può succedere che le cose spariscano. Ecco, questo film nasce dal desiderio di raccontare la realtà da una prospettiva non realistica, che è la dimensione del sud; di rappresentare la mistificazione. Parlo anche del disagio con la propria fisicità in un momento in cui tutti si operano e si trasformano. Ma fuori siamo il riflesso di quello che siamo dentro e non viceversa, come la pubblicità ci dice».

Sergio Rubini intervistato da Paolo d'Agostini sul suo film L'anima gemella
Repubblica 9 febbraio 2002

mercoledì 24 ottobre 2012

Una donna che succederà

E a chi un giorno le chiese se si sentisse scrittrice di successo, lei rispose e ribadì: "No, non sono una donna di successo, non mi piace declinare i miei giorni al passato, sono una donna che succede, che succederà".

Joyce Lussu
La Repubblica - Il venerdì
13/03/1998

martedì 23 ottobre 2012

Scrivere è un istante di oscuramento

Prima di iniziare a scrivere ci deve essere un black-out con la realtà, un istante di oscuramento prima del foglio bianco, un vuoto da cui l'essere può emergere.

Danilo Bramati

lunedì 22 ottobre 2012

Scrivere significa inventare la propria sincerità

Scrivere significa anche inventare la propria sincerità momento per momento, di provare come reale quello che si inventa e non raccontare quel che si è creato.

Danilo Bramati

domenica 21 ottobre 2012

Scrivere nella stessa camera

La stessa camera. Vi scrivo nella stessa camera. Oggi, al di là dei vetri, c'era la foresta ed era arrivato il vento. 
Le rose sono morte in quell'altro paese del Nord, una a una, ghermite dall'inverno.
È buio. Non vedo più le parole tracciate. Non vedo che la mia mano immobile che ha smesso di scrivervi. Ma sotto la finestra il cielo è ancora blu. Il blu degli occhi di Aurélia sarebbe stato più scuro, vedete, soprattutto la sera, avrebbe perso il suo colore, sarebbe diventato oscurità limpida e senza fondo.
Mi chiamo Aurélia Steiner.
Abito a Parigi dove i miei genitori insegnano.
Ho diciotto anni.
Scrivo.

Marguerite Duras
Il dolore
incipit del racconto Aurélia Paris
traduzione di Giovanni Mariotti
Feltrinelli 1985

sabato 20 ottobre 2012

Alla finestra

Oggi, al di là dei vetri c'è la foresta ed è arrivato il vento. 
Le rose erano laggiù, in quell'altro paese del nord. La bambina non le conosce. Non ha mai visto le rose che ora son morte, né i campi né il mare.
La bambina sta alla finestra della torre, ha scostato leggermente le tende nere e guarda la foresta. La pioggia è cessata. È quasi buio ma sotto la finestra il cielo è ancora blu. La torre è quadrata, altissima, nera. La bambina è all'ultimo piano, vede qua e là altre torri, nere anch'esse. Non è mai scesa giù nella foresta. 
La bambina si allontana dalla finestra e si mette a cantare una canzone straniera in una lingua che non conosce. Nella camera c'è ancora luce. La bambina si guarda allo specchio. Vede dei capelli neri e la luminosità degli occhi. Gli occhi sono di un blu molto profondo. La bambina non lo sa. Non sa neppure di aver sempre conosciuto la canzone. Di averla imparata. L'ha dimenticato.

Marguerite Duras 

Il dolore
incipit del racconto Aurélia Paris
traduzione di Giovanni Mariotti
Feltrinelli 1985

Creare per uscire dal proprio inferno

Non c' è nessuno che abbia mai scritto, dipinto, scolpito, modellato, costruito, inventato, se non per uscire dal proprio inferno.

Antonin Artaud citato
da Ernesto Sabato
in Prima della fine
Einaudi 2000
recensito da Stefano Malatesta
su Repubblica del 22/01/2000

giovedì 18 ottobre 2012

Il cosmo della poesia è la precisione

Il cosmo della poesia è la precisione. In esso, le ricerche e le scoperte sono infinite - come la vita.

Varlam Šalamov
I libri della mia vita
Tavola di moltiplicazione per giovani poeti
traduzioni di Anastasia Pasquinelli e Walter Minella
Ibis 2012

mercoledì 17 ottobre 2012

I grandi poeti non aprono alcuna via

I grandi poeti non aprono alcuna via. Al contrario, per le strade, e anche per i sentieri, per cui sono passati grandi poeti - è impossibile andare. Le vie dell'imitazione sono chiuse per il poeta.

Varlam Šalamov
I libri della mia vita
Tavola di moltiplicazione per giovani poeti
traduzioni di Anastasia Pasquinelli e Walter Minella
Ibis 2012


martedì 16 ottobre 2012

Nella voce c' è la scrittura

Cominciavo i miei corsi di scrittura dicendo che chiunque sia capace di parlare sa anche scrivere. Dopo aver rassicurato i presenti con questa prospettiva allettante, li mettevo di fronte a un enorme ostacolo: «Secondo voi, quante persone in quest' aula sono capaci di parlare? Parlare sul serio, intendo», cosa che non mancava mai di produrre un effetto deprimente. Dicevo loro di leggere qualunque scritto a voce alta, preferibilmente a un amico fidato. Le regole sono sempre le stesse: evitate le frasi fatte (come la peste, diceva William Safire) e le ripetizioni. Non dite che "da bambino" vostra nonna leggeva per voi, a meno che in quella fase della sua vita lei non fosse davvero un bambino, nel qual caso è probabile che abbiate sprecato un incipit migliore. Se qualcosa merita di essere udito o ascoltato, quasi sicuramente merita anche di essere letto. Quindi, prima di tutto, trovate la vostra voce. Il complimento più gratificante che può farmi un lettore è dirmi che si sente chiamato in causa personalmente. Pensate ai vostri scrittori preferiti e riflettete se non sia proprio questa una delle cose che vi attraggono, anche se spesso all'inizio non ve ne rendete conto.

Christopher Hitchens
Mortalità
traduzione di S. Puggioni - A. Carena
Piemme 2012
anticipato da Repubblica il 15/10/2012

lunedì 15 ottobre 2012

Frammenti di carta


A volte quando sfoglio quotidiani e riviste  anziché leggere subito gli articoli che mi interessano strappo le pagine e le conservo. Ho diverse cartellette di varie dimensioni e forme con questi ritagli. I temi sono sempre gli stessi, vite di scrittori, viaggi in paesi che continuano a essere misteriosi, New York, le stelle, architetti e architettura, Milano, i libri, il mare, i poeti, le nuvole, gli alberi, Parigi, i giardini, ricette di cucina, gente che legge, gente che non guarda nell'obiettivo, gente che passa, case da abitare, volti sconosciuti che vincono l’oblio, fotografie in bianco e nero. Gli articoli che restano nelle scure dimore di cartone alla fine sono pochi, quelli che ho letto subito e che mi hanno lasciato una piccola folgorazione, un senso di scoperta, la comprensione di qualcosa che non sapevo, restano. Quelli che non ho letto subito e che prendo in mano a distanza di tempo sopravvivono di rado alla lettura ritardata. Ma so perché continuo a farlo, perché quando strappo la carta e li conservo, con loro conservo il desiderio di provare quel brivido della scoperta, di una nuova rivelazione.

E.P.

domenica 14 ottobre 2012

La prima parola era "la nube"


La prima parola era "la nube", la seconda ancora "la nube", la terza, la quarta, ecc., erano "la nube", o "il cielo", o "l'aria", non era ben chiaro.

Ma già la settima si gualciva, si cancellava, non si distingueva più dalla gualcitura e dalla cancellatura di altre più sotto, di altre all'infinito, di altre cenere, di altre come una polvere bianca, che vanamente, qualcuno rimescolava nel gran sacco di tela grossolana, ciò che rimaneva del linguaggio.

Yves Bonnefoy
Racconti in sogno
traduzione di Cesare Greppi
Egea 1992

sabato 13 ottobre 2012

Tornare a casa, la sera

Il viale di un giardino botanico, e sopra gli alberi umidi, molto cielo rosso. E le acciaierie, un padre, una madre che vi hanno portato il loro bambino.

Poi, dal lato della sera, i tetti sono una mano che tende a un'altra mano una pietra.

E subito un quartiere di negozietti bassi e bui, e la notte che ci ha seguiti passo passo ha un respiro corto, che a tratti vien meno. E la madre è immensa accanto al bambino che cresce.

Yves Bonnefoy
Racconti in sogno
traduzione di Cesare Greppi
Egea 1992

venerdì 12 ottobre 2012

Osservare e conoscere il mondo

Il principio di tutto è l'osservazione e la conoscenza del mondo: e bisogna aver molto osservato da noi stessi per poter utilizzare le osservazioni degli altri come se fossero nostre, altrimenti le si leggono ed entrano nella memoria senza mescolarsi col nostro sangue.

Georg. C. Lichtenberg
Osservazioni e pensieri
a cura di Nello Saito
Einaudi 1975

giovedì 11 ottobre 2012

La felicità non è un buon materiale per gli scrittori

La felicità non è un buon materiale per gli scrittori. È troppo autosufficiente. Non ha bisogno di commento. Può dormirsene appallottolata come un riccio. Al contrario la sofferenza, la tragedia e la commedia, pullulano di energie esplosive: bisogna sapergli dar fuoco al momento giusto. Allora salgono come razzi fino al cielo e illuminano tutto il paesaggio.

Robert Walser
Vita di poeta
traduzione di Emilio Castellani
Adelphi 1985


mercoledì 10 ottobre 2012

Lo stile è una risposta a tutto


Lo stile è una risposta a tutto.
Un nuovo modo di affrontare un giorno noioso o pericoloso
fare una cosa noiosa con stile è meglio che fare una cosa pericolosa senza stile.
Fare una cosa pericolosa con stile è ciò che io chiamo arte.

Charles Bukovski

martedì 9 ottobre 2012

Quando lo stile è bello

Lo stile, come per il corpo umano, è specialmente bello quando le vene non sporgono troppo e le ossa non possono venir contate.

Tacito
Dialogo sull'oratoria
BUR 1993

lunedì 8 ottobre 2012

Stile e linguaggio

Dietro uno stile si nasconde una personalità. dietro un linguaggio, una cultura. Dietro alla musicalità di una pagina si rivela la sensibilità di una persona che si esprime grazie allo stile e al linguaggio. Se non c'è visione, personalità e cultura (anche trasgressiva) non esiste né stile né linguaggio.

Roberta Mazzoni
Scrivere
BUR 2003


domenica 7 ottobre 2012

Per quanto bisogna revisionare un manoscritto?

Non abbandonare il tuo manoscritto finché non hai la nausea.

Danilo Bramati

(questa è la risposta del poeta alla mia ingenua domanda)

E.P.

Scrivere bene è una necessità etica

Viviamo una crisi generale dell'attenzione e in questo senso scrivere bene non è una opzione estetica. Diventa una necessità etica.

Julio Villanueva Chang direttore di Etiqueta Negra
nell'intervista a Stefania Parmeggiani
Repubblica 7 ottobre 2012

Scrivere di un'emozione significa essersene distaccati

Troppo spesso si confonde il fatto di avere dei sentimenti forti con la capacità di comunicarli agli altri. È nel distacco che si riesce a ricreare un'emozione, non nell'eccessivo coinvolgimento.

Roberta Mazzoni

Scrivere
BUR 2003

sabato 6 ottobre 2012

Osservazioni e letteratura


Le osservazioni non sono ancora letteratura.

Gertrude Stein
Autobiografia di Alice B. Toklas
traduzione di Cesare Pavese
Einaudi 1972 

venerdì 5 ottobre 2012

Raccontare, non spiegare

Ogni scorciatoia didascalica, ogni commento riassuntivo non è che un tentativo di sintetizzare astrattamente ciò che non si riesce a dipingere concretamente.

Roberta Mazzoni
Scrivere
BUR 2003

giovedì 4 ottobre 2012

L'ispirazione si agita nella mente

L'ispirazione porta alla luce - e lo riordina - quello strano coacervo di sentimenti, sensazioni e intuizioni che fino a quel momento si agitava dolorosamente in qualche zona oscura della mente, senza riuscire a trovare uno sbocco.

Roberta Mazzoni
Scrivere
BUR 2003

mercoledì 3 ottobre 2012

Scrivere è desiderio di vedere

Ogni scrittore affermato è stato a sua volta un giovane aspirante scrittore. Per cui è la guida migliore per segnalare tutte le trappole, le insidie e i difetti di chi non sa ancora capire se il proprio impulso a scrivere sia dettato dal desiderio di "vedere" o di "farsi vedere".

Roberta Mazzoni
Scrivere
BUR 2003

martedì 2 ottobre 2012

Scrivere è un eccesso di esuberanza emotiva

Sono spesso i libri i migliori maestri della nostra giovinezza. Ci aiutano a portare alla luce sentimenti ancora confusi, a farci capire se quelle inquietudini e quelle visioni che ci spingono a riempire pagine e pagine di parole siano il germe di un sincero talento artistico o, come accade ben più spesso, eccessi di un'esuberanza emotiva.

Roberta Mazzoni
Scrivere
BUR 2003

lunedì 1 ottobre 2012

Mediocrità, talento, genio

Il genio si tormenta e sorprende, il talento si coltiva e emoziona, la mediocrità si autocelebra e annoia.

Roberta Mazzoni
Scrivere
BUR 2003